Telecom Italia: Bernabè verso l’addio nel Cda di giovedì. JP Morgan promuove il titolo
Si fa febbrile l’attesa per il consiglio di amministrazione di Telecom Italia in programma per giovedì 3 ottobre. Soprattutto perché questa volta la riunione, oltre all’approvazione del piano industriale, potrebbe vedere le dimissioni del presidente Franco Bernabè. La decisione, a detta delle numerose indiscrezioni circolate nel weekend, sarebbe stata maturata dal top manager dopo i cambiamenti avvenuti nella compagine azionaria di Telco e sarebbe volta ad evitare una spaccatura all’interno del board. Il passo indietro sarebbe ormai cosa certa tanto che già si guarda al dopo-Bernabè: le voci hanno già fatto il nome di Massimo Sarmi, attuale amministratore delegato di Poste italiane. Sul possibile addio di Bernabè si è espresso Gian Maria Gros-Pietro, presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo: se Bernabè presenterà le sue dimissioni dalla presidenza di Telecom al cda del 3 ottobre, “lo farà anteponendo l’interesse dell’azienda al proprio”, ha affermato, non commentando però l’eventuale candidatura di Sarmi.
Nel frattempo Asati spinge sulle dimissioni di Bernabè. Per l’associazione quest’ultimo “farebbe bene giovedì mattina a dimettersi e lasciare ad altri dell’attuale Cda il compito di avviare la dissoluzione dell’attuale perimetro”. Non solo. “Sarebbe cosa onesta e responsabile che altri del Consiglio, almeno i consiglieri indipendenti seguissero il suo esempio e sarebbero riconosciuti nella storia di Telecom come persone oneste in difesa degli interessi di tutti gli azionisti”, ha affermato l’associazione, sottolineando a suo dire che “Telefonica non ha alcun interesse riguardo l’Italia, né per lo scorporo della rete e i relativi investimenti per la Ngn, né al mantenimento degli 82.000 posti di lavoro. L’accordo non porta alcun beneficio alla società se non il suo immediato e progressivo declino”. Per Asati “i veri obiettivi di Telefonica sono quelli di non acquisire il 22% di Telco, ma rimanere allo stato attuale con il 66% di Telco, ovvero tradotto in azioni Telecom Italia, solo il 5% in più rispetto all’attuale, senza diritto di voto, con una governance italiana e la possibilità di salire al 70% dopo aver risolto, entro 9 mesi, i problemi in Brasile per la vendita-acquisizione di Tim Brasil”.
Sull’accordo tra i soci di Telco è tornato ieri sera il premier Enrico Letta in occasione dalla trasmissione televisiva ‘Che tempo che fa’. “Non tifo per nessuno ma ci vuole un forte investitore che metta soldi in una Telecom indebitata“. Così Letta che ha ricordato come gli ultimi anni non siano stati di successo “e se gli stranieri sono più bravi e fanno funzionare bene l’azienda io non mi scandalizzo“. Del resto – ha voluto puntualizzare il primo ministro – Enel ha comprato l’omologa spagnola, che funziona bene, Enel è più grande e gli spagnoli non fanno le barricate”.
Telecom Italia a Piazza Affari registra la miglior performance del Ftse Mib mettendo a segno un progresso del 2,84% a 0,596 euro. Il titolo beneficia dell’upgrade di JP Morgan che ha alzato il giudizio da underweight a neutral con target price salito da 0,46 a 0,60 euro sulle azioni ordinarie. In vista del Cda del 3 ottobre, la banca d’affari statunitense ritiene che un aumento di capitale rimane possibile e sarebbe un’opzione in grado di rafforzare la situazione senza intaccare il potenziale upside dalla cessione degli asset dell’America Latina.