Notizie Notizie Italia Tegola fiscale si abbatte su testa FCA mentre prepara nozze PSA. Agenzia entrate: sottostimò Chrysler di 5,1 miliardi euro

Tegola fiscale si abbatte su testa FCA mentre prepara nozze PSA. Agenzia entrate: sottostimò Chrysler di 5,1 miliardi euro

5 Dicembre 2019 11:02

E ora, sulla testa di FCA, si abbatte una tegola fiscale firmata direttamente Agenzia delle Entrate. E proprio mentre sono in corso le trattative di fusione con la rivale francese PSA. A riportare le indiscrezioni è un articolo di Bloomberg, che ha reso noto che il fisco italiano ritiene che Fiat Chrysler Automobiles abbia sottostimato il valore di Chrysler di ben 5,1 miliardi di euro, l’equivalente di 5,6 miliardi di dollari.

Il caso risale all’operazione con cui, nell’ottobre del 2014, Fiat Spa acquistò la parte rimanente della sua divisione Chrysler: l’acquisizione fu graduale e avvenne in un arco temporale di cinque anni, che culminò nel totale takeover del gruppo americano, proprietario di marchi come Dodge, Ram e Jeep.

Bloomberg ricorda che, al momento, FCA ha la sede legale in Olanda e la sede fiscale nel Regno Unito, e non nella sua natale Torino, che è stata casa di Fiat per più di un secolo.

Il trasloco di FCA, viene fatto notare, ha comportato il pagamento di una tassa di uscita che di norma l’Italia impone sui guadagni in conto capitale che vengono realizzati quando le società spostano i loro asset fuori dal paese. Allora, l’exit tax in Italia era pari al 27,5%, il che significa che la tegola fiscale che Fiat Chrysler rischia di pagare potrebbe ammontare a $1,5 miliardi.

Certo, eventuali trattative tra FCA e l’Agenzia delle Entrate potrebbero ridurre in modo significativo questa tassa. Contattato da Bloomberg, un portavoce della società ha commentato il caso via email, così affermando:

“Siamo fortemente in disaccordo con questo rapporto preliminare, e siamo fiduciosi nel fatto che riusciremo con successo ad arrivare a una riduzione significativa della valutazione. E’ anche importante notare che un qualsiasi eventuale guadagno tassabile verrebbe compensato da perdite pregresse, senza alcun significativo esborso di liquidità o conseguenza sugli utili”.

Ma la borsa reagisce nervosamente, e il titolo FCA si conferma alle 10.38 ora italiana maglia nera dell’indice Ftse Mib, arretrando dello 0,85% a quota 13,26 euro circa. Il titolo ha perso stamattina fino a -1% a 13,24 euro alla borsa di Milano, per una capitalizzazione di mercato di 20,7 miliardi di euro.

L’Agenzia delle Entrate, si legge ancora nell’articolo di Bloomberg, aveva valutato Chrysler 12,5 miliardi di euro mentre Fiat dichiarò all’epoca che il suo valore era inferiore a 7,5 miliardi di euro. Da segnalare che, quando il titolo Fiat Chrysler debuttò sul New York Stock Exchange alla metà dell’ottobre del 2014, la società aveva un valore di mercato di 8,3 miliardi di euro.

Bloomberg riporta che le trattative tra FCA e l’Agenzia delle Entrate andranno avanti per un periodo di tempo di 60 giorni e che una valutazione finale arriverà entro la fine dell’anno. Se non si arriverà ad alcun accordo sul contenzioso, il caso potrà finire in Tribunale.

Nel documento legato ai conti del terzo trimestre, datato 31 ottobre, FCA – riporta Bloomberg -che parla delle trattative in corso con il fisco italiano. “Non possiamo prevedere se si arriverà a un accordo o meno”, si legge – Dunque, non siamo in grado di valutare la probabilità che si verifichi una perdita o di stimare un intervallo di possibili perdite”.

Bloomberg ricorda che FCA raggiunse un accordo per acquistare la quota rimanente in Chrysler, pari al 41,5%, per un valore di 4,35 miliardi di dollari nel gennaio del 2014, implicando una valutazione complessiva della sua divisione americana di 6,95 miliardi di euro circa. Per ora l’Agenzia delle Entrate non ha commentato l’articolo di Bloomberg. PSA nel frattempo – riporta sempre Bloomberg – sarebbe a conoscenza del contenzioso in corso e per il momento ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione. Secondo alcune fonti, tuttavia, il colosso dell’auto francese proprietario dei marchi Peugeot, Citroen e Opel non considererebbe l’accordo di fusione a rischio di essere rinviato o in pericolo.