Tassi Bce: il taglio a giugno c’è. Riviste al ribasso stime inflazione 2025 e 2026

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Arriva un nuovo taglio dei tassi da parte della Banca centrale europea (Bce), a distanza di un anno esatto dall’avvio ufficiale del ciclo di allentamento nella zona euro. Da allora l’istituto di Francoforte ha già tagliato 8 volte il costo del denaro (4 nel 2025, compreso il taglio di oggi). Una decisione attesa dai mercati, accompagnata dalle nuove proiezioni macroeconomiche che vedono una revisione al ribasso delle stime sull’inflazione.
“Il Consiglio direttivo ha deciso oggi di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della Bce. Pertanto, i tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale saranno ridotti rispettivamente al 2%, al 2,15% e al 2,40%, con effetto dall’11 giugno 2025″, si legge nel comunicato ufficiale della Bce.
Adesso si attende l’inizio della conferenza stampa della presidente Christine Lagarde, chiamata a illustrare le decisioni odierne. Non mancheranno le domande sulle prossime della Bce nel corso di questo 2025. Al momento il mercato sembra scontare una pausa a luglio e un nuovo taglio a settembre, ma il condizionare resta d’obbligo.
Le decisioni della Bce: i dettagli del comunicato
“Il Consiglio direttivo ha deciso oggi di ridurre di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della Bce. In particolare, la decisione di ridurre il tasso sui depositi presso la banca centrale, mediante il quale il Consiglio direttivo orienta la politica monetaria, scaturisce dalla valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria”. Inizia così il comunicato ufficiale della Bce appena pubblicato.
“Il Consiglio direttivo è determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine”, segnalano dalla Bce. Con il solito refrain: soprattutto nelle attuali condizioni caratterizzate da eccezionale incertezza, “l’orientamento di politica monetaria adeguato sarà definito seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione”. Le decisioni del Consiglio direttivo sui tassi di interesse saranno basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi.
Pil e inflazione: ecco le nuove stime
Attesa per le nuove proiezioni macroeconomiche. Nell’illustrarle, parte dalla considerazione che “l’inflazione si attesta attualmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo”. Nello scenario di base delle nuove proiezioni degli esperti dell’Eurosistema, l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2% nel 2025, all’1,6% nel 2026 e al 2,0% nel 2027. Le revisioni al ribasso rispetto alle proiezioni di marzo, di 0,3 punti percentuali per il 2025 e il 2026, riflettono principalmente le ipotesi di prezzi dell’energia inferiori e di un rafforzamento dell’euro. Gli esperti si attendono che l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porti in media al 2,4% nel 2025 e all’1,9% nel 2026 e nel 2027, sostanzialmente invariata da marzo.
Capitolo crescita del PIL in termini reali. Secondo gli esperti si collocherebbe in media allo 0,9% nel 2025, all’1,1% nel 2026 e all’1,3% nel 2027. La proiezione di crescita invariata per il 2025, spiega la Bce, riflette un andamento nel primo trimestre più vigoroso rispetto alle attese associato a prospettive più deboli per il resto dell’anno. Benché ci si attenda che l’incertezza relativa alle politiche commerciali gravi sugli investimenti delle imprese e sulle esportazioni, soprattutto nel breve termine, l’incremento degli investimenti pubblici in difesa e infrastrutture sosterrà sempre più la crescita nel medio periodo. L’aumento dei redditi reali e un mercato del lavoro robusto consentiranno alle famiglie di spendere di più. Insieme a condizioni di finanziamento più favorevoli, ciò dovrebbe aumentare la capacità di tenuta dell’economia agli shock mondiali.
In un contesto di elevata incertezza, gli esperti Bce hanno anche valutato alcuni meccanismi attraverso i quali politiche commerciali differenti potrebbero influire su crescita e inflazione in alcuni scenari alternativi formulati a scopo illustrativo. Con una precisazione: “in questa analisi di scenario, un ulteriore acuirsi delle tensioni commerciali nei prossimi mesi determinerebbe livelli di crescita e di inflazione inferiori a quelli dello scenario di base delle proiezioni. Al contrario, se le tensioni commerciali dovessero risolversi con esito favorevole, la crescita e, in misura minore, l’inflazione sarebbero superiori rispetto allo scenario di base”.
Le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo. La dinamica salariale, seppur ancora elevata, continua a mostrare un’evidente moderazione e i profitti ne stanno parzialmente assorbendo l’impatto sull’inflazione. Si sono attenuati i timori che la maggiore incertezza e la risposta volatile dei mercati alle tensioni commerciali ad aprile avrebbero avuto un effetto restrittivo sulle condizioni di finanziamento.
I primi commenti, aspettando Lagarde
“Ci sono validi motivi per ritenere che l’attuale ciclo dei tassi della Bce abbia probabilmente raggiunto il punto più basso, intorno al 2%, a condizione che l’economia europea riesca ad assorbire lo shock derivante dai dazi statunitensi senza subire gravi perturbazioni. Guardando al futuro, tuttavia, l’evoluzione dell’inflazione potrebbe richiedere alla Bce di considerare nuovi aumenti dei tassi, potenzialmente già dalla fine del 2026. Questa previsione è sostenuta da fattori come il prossimo stimolo fiscale in Germania e i persistenti colli di bottiglia nel mercato del lavoro, che rappresentano rischi al rialzo per l’inflazione. Vale la pena notare che le aspettative di inflazione dei consumatori hanno già iniziato a risalire, sottolineando la necessità di mantenere alta l’attenzione in materia di politica monetaria”, Sylvain Broyer, capo economista EMEA di S&P Global Ratings, che si sofferma sull’euro.
“L’euro è più forte di 10 centesimi rispetto al dollaro rispetto a quanto suggerirebbero i fondamentali – spiega -. Ma non è qualcosa su cui la BCE possa, e debba, fare qualcosa, considerando che le attuali pressioni inflazionistiche (su alimentari e servizi) sono di origine interna”.
Nomura non si attende una pausa a luglio
Gli interrogativi maggiori, come detto, ruotano attorno all’esito dei prossimi meeting del 2025. “Un déjà-vu a marzo? Alla domanda sull’andamento dei tassi dopo giugno, crediamo che Lagarde suggerirà – come ha fatto a marzo – che la prossima mossa sarà un ribasso o una pausa – segnalano gli economisti di Nomura -. A marzo, questo è stato interpretato come un atteggiamento hawkish, pur essendo in linea con l’approccio della Bce basato sui dati e sulle riunioni”. In realtà, aggiungono gli esperti della banca giapponese “la Bce non sa cosa farà a luglio, data l’elevata incertezza – Lagarde ha usato la parola “incertezza” 18 volte a marzo, e non saremmo sorpresi se il suo conteggio fosse più alto questa volta. Tuttavia, riteniamo che un’inflazione debole e i dazi statunitensi costringeranno la Bce a tagliare nuovamente a luglio e settembre”. Una previsione che sembra andare controcorrente rispetto alle attese del mercato che si attende una pausa nel meeting di luglio.