La Svizzera è lontana, a fine mese si vota referendum per stipendi più equi nelle aziende
La Svizzera si appresta a votare un referendum teso a limitare il divario esistente nella stessa azienda tra lo stipendio più elevato e quello più basso. La consultazione si terrà il 24 novembre e potrebbe portare ad una modifica della Costituzione fondata sul principio dell'”1:12″ in base al quale nessuno deve guadagnare in un mese più di quanto venga corrisposto nel corso dell’annata lavorativa ai dipendenti meno pagati del medesimo ente o azienda.
Proposta dalla Gioventù socialista svizzera nel 2011, e supportata da 113 mila firme valide, in caso di approvazione la riforma avrà comunque bisogno di un voto parlamentare per entrare in vigore anche in caso di vittoria referendaria. Le previsioni della vigilia vedono un equilibrio tra favorevoli e contrari, entrambi attestati al 44% nei sondaggi, mentre il 12% dei votanti elvetici sarebbe ancora incerto.
La spiegazione della proposta lanciata dalla Gioventù socialista è dovuta in particolare alla crescita del divario salariale che ha caratterizzato la Svizzera negli ultimi anni. Le cifre parlano da sole. Nel 1984, infatti, il rapporto tra lo stipendio minimo e quello massimo era ancora fissato a “1:6”, salito nel 1998 a “1:13”. Il dato del 2011 è però clamoroso in quanto il rapporto si è ormai attestato a “1:43”. Dato che però rappresenta solo una media e non tiene conto dei casi come quelli evidenziati dal report annuale di Travail.Suisse: nel 2012 alla Roche, Severin Schwan, l’Ad del colosso farmaceutico, ha portato a casa 261 volte in più del lavoratore meno pagato.
Le leggi di iniziativa popolare da sottoporre al voto referendario stanno prendendo decisamente piede in Svizzera. Molto scalpore ha per esempio provocato la decisione di imporre un limite agli stipendi dei manager approvata a larga maggioranza nonostante l’opposto parere dei principali partiti. Mentre è imminente la consultazione riguardante il reddito di cittadinanza, in base al quale ogni cittadino maggiorenne vedrebbe la concessione di 2.500 franchi svizzeri al mese.
La Svizzera sembra insomma lontanissima dal nostro Paese, nonostante la vicinanza geografica. In Italia Beppe Grillo, nel corso della sua campagna itinerante nelle piazza italiane per le elezioni politiche, ha proposto una riduzione degli stipendi più alti adottando il principio in base al quale un manager, pubblico o privato, non può guadagnare una cifra eccedente il rapporto “uno a dodici” con il quadro salariale meno retribuito in azienda.
Naturalmente della proposta di Grillo non c’è traccia negli atti parlamentari, in ossequio ad una logica che ha visto il Senato opporsi alla sforbiciata preventivata dal Governo agli stipendi dei manager pubblici nell’ordine del 25%. Ad opporsi alla linea dell’esecutivo ha provveduto la Commissione Affari Costituzionali e Bilancio a larga maggioranza. Una bocciatura che ha fatto seguito alla sentenza della Corte Costituzionale sul contributo di solidarietà riguardante le pensioni d’oro e che dimostra come in Italia ogni tentativo in tal senso sia un vero miraggio.