Sudafrica, S&P taglia rating a junk. Crollano rand e bond, outlook fuga capitali per UBS
Sempre più allarmente la situazione in Sudafrica, che ora deve fare i conti con il downgrade di Standard & Poor’s e con il conseguente tonfo del rand nei confronti del dollaro. Per S&P, ormai il rating sul debito del paese è “junk”, ovvero spazzatura. L’annuncio fa tremare gli investitori e le aziende di tutto il mondo che hanno una esposizione verso il paese e, ovviamente, i detentori dei bond e di rand.
E’ la prima volta in 17 anni, ovvero dal 2000, che S&P rivede al ribasso la valutazione sul Sudafrica a junk. E il motivo è la decisione choc del presidente Jacob Zuma di licenziare in tronco il suo ministro delle Finanze, per circondarsi di funzionari più vicini alla sua persona: decisione che ha innescato la peggiore crisi politica del paese in quasi un decennio, come segnala un articolo di Bloomberg.
Il rimpasto del governo ha irritato anche gli alti funzionari del partito, inclusi lo stesso vice di Zuma Cyril Ramaphosa e l’ex presidente Kgalema Motlanthe: quest’ultimo ha chiesto a Zuma di dimettersi.
Allarme sui mercati: il rand, che fino allo scorso 24 marzo si era confermato la valuta con la migliore performance dall’inizio dell’anno, è precitato al minimo in tre mesi sul dollaro dopo la notizia del downgrade, a conferma della sorpresa degli investitori sul forex. I mercati dei cds, invece, da tempo avevano scontato l’arrivo del taglio del rating.
Dal richiamo da parte del governo del ministro delle finanze Gordham il rand ha ceduto il 10% sul dollaro e ha cancellato tutti i guadagni del 2017, attaccato dal sell off peggiore dallo scorso 27 marzo tra le 140 valute circa monitorate da Bloomberg.
Tensione anche sul mercato dei titoli di stato, con i tassi sui bond a scadenza nel dicembre del 2026 che sono saliti di 18 punti base, al 9,16%, al record in quattro mesi.
Così si legge nella nota di S&P che ha rivisto al ribasso il rating da BBB- a BB+, un livello appunto “spazzatura”.
“A nostro avviso, i cambiamenti all’esecutivo lanciati dal presidente Zuma mettono a rischio sia il fisco che la crescita. Riteniamo che le passività dello stato saliranno”.
Focus inoltre sulla nota di UBS, che già venerdì scorso aveva previsto flussi in uscita fino a $10 miliardi in caso di taglio del rating a junk. Se una tale fuga di capitali si concretizzassde, secondo la banca la conseguenza sarebbe che il deficit delle partite correnti raddoppierebbe. Per UBS il pericolo maggiore a questo punto risiede nel debito espresso in valuta locale, ovvero in rand.
Ma la minaccia si chiama anche Moody’s Investors Service, che ha assegnato al debito sudafricano un rating superiore di due gradini a quello “junk”, con outlook negativo, e che ora ha posto il paese sotto osservazione, in vista di un possibile downgrade.
Così ha commentato le condizioni in cui versa il paese, in una nota ai clienti, l’analista di Nedbank, Reezwana Sumad, stando a quanto rende noto Bloomberg:
“E’ molto più semplice essere colpiti da un nuovo downgrade allo status junk che vedere il rating rialzato al livello di investment grade. E potrebbero volerci, in media, cinque anni, per tornare all’investment grade. Inoltre, Fitch tende a seguire le mosse di S&P.
Il Sudafrica, il paese più industrializzato del continente, ha beneficiato di un rating investment grade da parte di Moody’s a partire dal 1994, quando il partito ANC salì al potere con Nelson Mandela. Le altre due agenzie, Fitch e S&P, alzarono la valutazione al di sopra del giudizio spazzatura più tardi, nel 2000.
Per un’economia che sta crescendo al ritmo più lento dalla recessione del 2009, e che è alle prese con un tasso di disoccupazione del 27%, la decisione di S&P appare come un colpo di grazia. Così l’agenzia di rating:
“Il downgrade riflette la nostra view, secondo cui le divisioni nel governo del partito ANC che hanno provocato diversi cambiamenti tra i leader del governo, inclusa la sostituzione del ministro delle finanze, hanno messo a rischio la continuità politica. E ciò ha aumentato la probabilità che sia la crescita economica che le entrate fiscali possano soffrire”.