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Sterlina ai massimi dal 2008, aussie penalizzato dalle minute

Pubblicato 20 Maggio 2014 Aggiornato 5 Luglio 2019 15:01

Crescita dell’inflazione maggiore delle stime spinge il pound. L’istituto centrale di statistica britannico ha annunciato che ad aprile l’indice dei prezzi al consumo ha evidenziato un +1,8% in versione completa e un +2% su base “core” (quella calcolata al netto delle componenti più volatili), contro il +1,7 e il +1,8% delle stime.

In questo contesto il cambio tra la sterlina e il biglietto verde è salito fino a 1,6864 usd e punta in direzione 1,6995, il massimo dall’agosto del 2009 toccato lo scorso 6 maggio. La moneta d’Oltremanica mostra ovviamente i muscoli anche nei confronti dell’euro che sta iniziando a scontare le nuove misure espansive che a giugno potrebbero essere approvate dalla Bce.

Il cambio eur/gbp, che attualmente passa di mano a 81,29 centesimi, nel corso della seduta è sceso ai minimi dal gennaio del 2013 a 81,18 cents. Nel complesso, la forza dell’economia britannica oggi ha permesso all’indice della sterlina di salire a livelli che non si vedevano dall’ottobre del 2008.

Giornata con il segno meno invece per il dollaro australiano che vede l’incrocio con il biglietto verde scendere di oltre un punto percentuale a 92,58 centesimi di dollaro. L’aussie paga pegno all’indiscrezione, riportata da alcuni media locali, che l’agenzia Standard & Poor’s potrebbe tagliare la tripla A e alla pubblicazione dei verbali dell’ultimo meeting della Reserve Bank of Australia (Rba).

Dalle minute emerge una crescita dell’economia “al di sotto del trend” causa “il rallentamento delle esportazioni, il calo degli investimenti minerari e il processo di consolidamento fiscale”. In un contesto simile, l’istituto centrale ha detto di voler confermare la politica accomodante “ancora per un po’ di tempo”.

“Il recente deterioramento dei prezzi delle esportazioni, in particolare di quelle di minerale di ferro (sceso del 25% nel 2014), riduce il sostegno alla valuta”, si legge in una nota di Bnp Paribas. “In questo momento, nel blocco ‘commodity’ preferiamo il dollaro canadese a quello australiano”, rilevano gli analisti del colosso francese.