La Spagna dribbla il rischio contagio. Madrid colloca 3,4 mld bond con tassi in rialzo
Passano i giorni, ma le attese per una ristrutturazione del debito della Grecia aumentano, nonostante le ripetute smentite ufficiali. La Spagna non se ne cura e dribbla, per il momento, l’effetto contagio. Il Tesoro spagnolo ha collocato questa mattina titoli di Stato a scadenza 2021 e 2024 per un totale di 3,372 miliardi di euro. L’importo è di poco inferiore al massimo ammontare previsto di 3,5 rispetto. Per la tranche a 10 anni, Madrid ha collocato 2,49 miliardi di euro, ma ha dovuto pagare un rendimento più alto: il tasso medio è salito al 5,472% dal 5,162% della analoga asta di marzo. Buona la domanda che ha superato l’offerta di 2,10 volte contro 1,81 volte dell’asta precedente. Per la tranche di titoli con scadenza 2024, sono stati collocati 885,25 milioni con un rendimento medio del 5,667% e una domanda che ha superato di 2,27 volte l’offerta.
Non battono ciglio gli esperti di mercati. “L’esito delle aste spagnole di Bonos è positivo: ha tenuto la domanda”, osserva Carmela Pace di Mps Finance. “La Spagna non ha risentito delle tensioni degli ultimi giorni di una ristrutturazione del debito greco. Dovremo abituarci a questa volatilità per Unione europea e Fondo monetario internazionale non permetteranno una ristrutturazione del debito sovrano della Grecia, prima del 2012”, aggiunge l’esperto. “Nel 2012 la Grecia dovrà tornare a rifinanziarsi e a questi tassi per Atene è impossibile andare sui mercati. La strada della ristrutturazione potrebbe diventare percorribile, ma nessuno può escludere alcuna sorpresa, anche se tutto lascia pensare che il momento cruciale arriverà l’anno prossimo”.
“L’esito delle aste spagnole di Bonos a 10 e 13 anni è relativamente rassicurante e non spinge a pensare che l’attuale distinzione effettuata dal mercato tra Spagna e il resto degli Stati periferici sia sotto immediata minaccia”, segnala anche Richard McGuire, fixed income strategist di Rabobank. Ma da qui a dire che si può stare tranquilli il passo è tutt’altro che breve. “Il rischio di contagio adesso non c’è, ma non è stato del tutto eliminato. Lo provano i costi di finanziamento cresciuti”. Dalla Bce ieri è arrivato un avvertimento sull’ipotesi di rinegoziare tassi e scadenze sul debito greco per dare ad Atene un pò di respiro. “Potrebbe essere percepita come una facile via d’uscita – ha avvertito il membro del comitato esecutivo Juergen Stark – ma non risolverebbe il problema”. Al contrario, l’ipotesi di una ristrutturazione “è estremamente costosa”.
La Grecia potrebbe ricevere altri aiuti dall’Ue e dal Fmi, ma solo se la vendita di altre attività pubbliche e ulteriori tagli di spesa non riusciranno a coprire il buco finanziario del Paese, ha segnalato il consigliere esecutivo della Bce Lorenzo Bini Smaghi in un’intervista di ieri sera col servizio tv Reuters Insider, commentando le speculazioni su una possibile ristrutturazione del debito greco. Per Bini Smaghi l’ipotesi di accordare altri aiuti finanziari “non sarà esclusa dal tavolo”, ma solo dopo che tutte le altre strade sono state percorse: “L’assunto era che la Grecia tornasse sul mercato. Se non sarà in grado allora dovrà adottare ulteriori misure in termini di privatizzazioni e di aggiustamenti fiscali. A quel punto – ha spiegato – se ci sarà ancora un ammanco finanziario, allora dovremo discutere di come coprirlo”.
Alla domanda se la crisi del debito sovrano possa contagiare la Spagna, Bini Smaghi ha detto che “la nostra valutazione è che le banche hanno buoni accantonamenti finanziari e si ricapitalizzeranno, in particolare le casse di risparmio, entro sei mesi. Cosicchè potranno avere capitali necessari per fronteggiare scenari avversi”. La Grecia in realtà è solo la punta dell’iceberg. Ristrutturare il debito di Atene getterebbe ombre sulla credibilità dell’Unione europea. Secondo quanto riporta il New York Times forse anche altri deboli paesi dell’Unione Europea come l’Irlanda e il Portogallo potrebbero essere poi costretti a ristrutturare il debito. Dietro le quinte le autorità stanno guardando, osserva l’economista Theodore Pelagidis, a una ristrutturazione dolce, che emette la sua sentenza: “La verità è che se la Grecia non cerca una soluzione radicale si consumerà da sola”. La verità la dicono i numeri, per ora: mancano all’appello 25-30 miliardi in scadenza l’anno prossimo stando ai calcoli degli esperti di SocGen. Si tratta di una cifra da far impallidire perché è irraggiungibile solo attraverso i T-bill.
Secondo diversi trader le tensioni non rientreranno fino a quando l’Europa non chiarirà che la Grecia riceverà ulteriori aiuti, oltre ai 110 miliardi già previsti. La sfiducia crescente sui mercati nella capacità di Atene di reggere il suo forte indebitamento, nonostante i 100 miliardi di euro di aiuti stanziati la scorsa primavera, è evidente anche dall’andamento dei titoli greci sul mercato secondario. Anche questa mattina i rendimenti che gli investitori pretendono per comprare titoli di Stato greci a due anni sono in rialzo fino al 21% dopo aver toccato 20,67% ieri, massimo almeno dal 1998. Anche il rendimento sul debito decennale è volato al nuovo record del 14,6%, facendo ampliare il premio rispetto agli analoghi titoli tedeschi fino a 1.138 punti. Anche qui si tratta di un massimo almeno dal 1998, e lo stesso discorso vale per il rischio-default misurato dai contratti derivati credit-default swap, al record di 1.275 punti.