Grecia in trincea. In asta volano i tassi. Per economisti ecco perché Atene non può fallire
Grecia ancora in trincea. Nonostante i falchi tiratori in agguato, che continuano a sussurrare di un imminente ristrutturazione del debito sovrano, Atene ce l’ha fatta. Questa mattina l’agenzia che gestisce il debito greco ha collocato senza problemi i titoli di Stato a 13 mesi per 1,625 miliardi di euro, un importo superiore a quello inizialmente previsto di 1,25 miliardi, ma l’ha fatto a caro prezzo. L’importo originario dell’asta odierna era previsto in 1,25 miliardi, ma è stato elevato a causa della forte richiesta del mercato, pari a circa tre volte l’offerta. Il tasso è salito al 4,1% dal 3,85% dell’analoga asta del 15 febbraio scorso. Per gli esperti di reddito fisso al di là del risultato di oggi, all’ombra del Partenone la partita resta aperta. “Le voci di una ristrutturazione del debito e la pressione pesante della carta greca non ha avuto un impatto significativo sull’asta, con la domanda che si è confermata forte e il rendimento dell’asta (4,10%) inferiore di molto al livello sul mercato secondario”, osserva Chiara Cremonesi fixed income strategist di UniCredit Research, segnalando che il risultato conferma la normale dicotomia tra rendimenti delle aste e il secondario resiste.
“I T Bill che verranno offerti domani scadranno a luglio, quando la Grecia sarà pienamente finanziata dal pacchetto di fondi salva Stati messi a disposizione dal Fondo monetario internazionale e dell’Unione europea”, prosegue l’esperta del reddito fisso, rilanciando: “Domani sono in calendario aste del Portogallo e della Spagna. La volatilità sperimentata negli ultimi giorni nei Periferici potrebbe mitigarsi”. “Il tasso è salito però se si pensa alle voci degli ultimi giorni non è salito così tanto”, osserva Carmela Pace di Mps Finance, segnalando che sul risultato potrebbe aver giocato a favore la scadenza dei titoli di Stato a brevissimo. Il nervosismo non molla il monetario. Anche oggi per i rendimenti dei titoli di Stato della Grecia è tempo di record. Il tasso dei bond decennali è salito di nove punti base al 14%, un livello mai raggiunto dai tempi dell’introduzione dell’euro, e lo spread con il bund tedesco è schizzato a 1.135 punti base. Il rendimento dei titoli biennali ha segnato un picco al 20,5%. Il mercato continua a ragionare sul rischio di una ristrutturazione del debito di Atene. Le ripetute smentite del governo non hanno messo fine alla voci che circolano ad Atene sulla possibile decisione sulla ristrutturazione del debito greco.
“La ristrutturazione del debito è in programma”, ha titolato oggi il quotidiano Eleftherotypia. Secondo il giornale, un alto funzionario del Fondo monetario internazionale (FMI), non identificato dal giornale, ritiene che la rinegoziazione del debito greco sia inevitabile e sarà effettuata entro la fine del 2012. Secondo i giornali addirittura sarebbero stati già avviati i primi negoziati. Lo radio pubblica NET sempre questa mattina ha riferito la smentita di collaboratori del primo ministro Giorgos Papandreou sulle presunte dichiarazioni di un ministro greco al giornale tedesco Die Welt sul fatto che sin dall’inizio fosse evidente la necessità per Atene di rinegoziazione il proprio debito. Secondo le parole del ministro, il governo greco avrebbe spiegato sin dall’inizio del 2010 all’Unione europea e il Fondo monetario internazionale che sarebbe stato sarebbe meglio collegare subito l’erogazione di aiuti a una ristrutturazione del debito. Ieri sia l’esecutivo che la banca centrale greca avevano negato le voci di una ristrutturazione del debito, mentre l’ex presmier socialista Costas Simitis aveva rilasciato un’intervista in cui invece sosteneva apertamente una simile ipotesi per sollevare le casse pubbliche del paese da un fardello insostenibile per la ripresa economica.
Ad aggiungere pepe ci ha pensato poi in mattinata l’esponente della Bce, Juergen Stark, che in una intervista al quotidiano portoghese Publico, ripresa dall’agenzia Bloomberg, ha fatto implicito riferimento alla Grecia, sostenendo che “una ristrutturazione del debito creerebbe più problemi anzichè risolverli”. “Una rinegoziazione può apparire una facile via di uscita, ma non risolverebbe il problema: è estremamente costosa per i rispettivi Paesi”, ha spiegato Stark. “Se davvero stanno considerando una ristrutturazione del debito, dovranno pagare in futuro un premio di rischio più alto, con un forte impatto sul sistema bancario dei singoli Paesi. Secondo l’esponente della Bce, il dibattito sulla ristrutturazione del debito della Grecia si basa sull’assunto fondamentalmente errato che che il Paese A o il Paese B sia insolvente. Non è questo il caso, sottolinea Stark spiegando che i programmi di aiuti attivati già si basano su una stima molto chiara di sostenibilità del debito. Cosicchè questi stessi programmi non sarebbero implementati se non fosse prevista una sostenibilità del debito al termine del piano di risanamento.
“Ci sono diverse ragioni per cui non pensiamo che nel breve termine possa concretizzarsi una ristrutturazione del debito greco. Si tratta di ragioni stabilità finanziaria: se ci fosse una ristrutturazione del debito sovrano di Atene sarebbe uno smacco per la credibilità dell’Unione europea perché solo un mese ha esteso la maturity dei prestiti alla Grecia da 3,5 a 7,5 anni e inoltre l’Unione europea ha sempre negato che ci sarà una ristrutturazione prima del secondo trimestre del 2012”, argomento Marco Stringa senior economista di Deutsche Bank. “Proprio questa è stata la scusa per non includere nessuna ristrutturazione negli stress test che saranno pubblicati a giugno”. In altre parole – prosegue Stringa – se Fmi e Ue dovessero decidere di attuare una ristrutturazione andranno a diminuire la credibilità verso gli investitori esteri e inoltre andrebbero a ridurre gli incentivi a Irlanda e Portogallo a implementare e continuare ad implementare i piani di rientro dal deficit”.
“In termini di finanziari, prosegue l’economista, le banche europee hanno una esposizione significativa verso il debito greco. Per l’Unione europea in questo momento la Spagna è cruciale. Per la penisola iberica è fondamentale l’aumento di capitale nel sistema bancario che sta avvenendo in questi mesi. Pertanto attuare una ristrutturazione della debito della Grecia proprio ora metterebbe sotto pressione i mercati e riporterebbe in auge il carattere sistemico della crisi europea, che in questi mesi ha invece portato a un decouping della Spagna e del Portogallo”, conclude Stringa. Proprio oggi i negoziatori di Ue e Fmi che ieri hanno avviato le trattative con il Portogallo sul piano di salvataggio finanziario chiesto da Lisbona hanno iniziato questa mattina colloqui con il principale partito di opposizione di centrodestra, il Psd, che secondo i sondaggi potrebbe vincere le elezioni politiche anticipate del 5 giugno e formare il nuovo governo. La missione Ue-Fmi ieri ha incontrato il premier socialista dimissionario Josè Socrates e il ministro delle finanze Fernando Teixeira dos Santos. Oggi sono previsti anche colloqui con la banca centrale del Portogallo e con le parti sociali. Ue e Fmi, che preparano un piano di salvataggio di fra 75 e 90 miliardi di euro, secondo la stampa portoghese, chiedono che le dure condizioni che saranno imposte in cambio dell’assistenza finanziaria siano accettate anche dall’opposizione di centrodestra, in previsione di una sua possibile vittoria elettorale.