Sondaggio gestori BofA: ecco quando finirà mercato toro. E con questi tassi ci sarà la rotazione
Gestori sull’attenti. La maggior parte degli investitori che hanno partecipato al sondaggio “Global Fund Manager Survey” condotto ad aprile da Bank of America, ritiene che i mercati siano sempre più vicini a toccare il picco, tra il secondo semestre del 2018 e il 2019.
In particolare, il 40% degli interpellati ritiene che il picco sarà testato nella seconda metà di quest’anno, mentre una percentuale quasi uguale, pari al 39%, intravede il record dell’azionario nel 2019.
Un elemento che non può sfuggire è la convinzione, di quasi due/terzi dei gestori, che il mercato toro, iniziato nel marzo del 2009, terminerà poco prima del suo decimo anniversario.
L’outlook è tale che l’esposizione overweight verso l’azionario dei gestori intervistati è scesa su base netta ad appena il 29%, minimo degli ultimi 18 mesi, rispetto all’allocazione netta del 41% di marzo.
Guardando ai settori specifici, gli investitori che hanno partecipato al sondaggio di Bank of America hanno detto di non essere mai stati così overweight, nell’ultimo decennio, sui tecnologici. Tuttavia, il 64% si è detto disposto ad attribuire al comparto un rating “underweight” nel caso in cui le tasse, la regolamentazione sulla privacy e le norme anti-trust dovessero rafforzarsi.
Per il secondo mese consecutivo, il rischio maggiore è stato individuato nella minaccia di una guerra commerciale (38% degli interpellati); seguono come rischi principali, come emerge dalla tabella, un errore della Fed e della Bce nell’adottare una politica monetaria più restrittiva (22% dei gestori); una crisi di liquidità provocata dalla struttura dei mercati (10%); un crash dei titoli tecnologici; un sell off sul credito a causa del balzo del tasso Libor; una svalutazione a sorpresa dello yuan.
Riguardo alle operazioni di trading più attive, il podio va al posizionarsi long sui FAANG e BAT (in diminizione tuttavia ad aprile). Seguono le operazioni short sul dollaro, e le scommesse long sui corporate bond.
Guardando ai fondamentali economici, l’82% prevede un aumento delle aspettative sull’inflazione nell’arco dei prossimi 12 mesi.
Allo stesso tempo, sono stati rivisti al ribasso i target sui tassi sui Treasuries decennali che innescherebbero una grande rotazione, ovvero – in questo caso – la decisione eventuale degli investitori di spostarsi dall’azionario per tornare a posizionarsi sui bond.
Il target è passato dal 3,6% di marzo al 3,5%. Si tratta di un segnale da non sottovalutare, che viene spiegato tra l’altro puntualmente dal responsabile investimenti di Bank of America, Michael Hartnett, che ha così scritto in una nota:
“I tori sono stati messi a tacere, come emerge dall’aumento delle esposizioni verso il cash e dalla aspettative di una crescita minore del Pil globale e dei profitti. Ma non sono stati sconfitti“.
Insomma, “una vera capitolazione del toro è assente, visto che la maggior parte degli investitori ritiene che i mercati non abbiano toccato ancora il picco”.
Proprio l’outlook sull’economia è il tasto dolente, in base a quanto emerge dal sondaggio: soltanto il 5% dei gestori intervistati, su base netta, crede in un rafforzamento dell’economia nel corso dei prossimi 12 mesi, la percentuale più bassa dalla Brexit del giugno del 2016. E solo il 20% ritiene che le aspettative sugli utili miglioreranno nello stesso arco temporale, al minimo degli ultimi 18 mesi.
Altri segnali che invitano alla cautela sono il fatto che la percentuale netta dei gestori che desiderano che le aziende migliorino i loro bilanci sia tuttora al record in otto anni; e il valore massimo, pari al 33% degli interpellati, di chi crede che i bilanci stessi siano eccessivamente esposti ai debiti.