Sell in may and go away, cosa c’è di vero nel motto del mondo finanziario

Fonte immagine: Getty Images
Con l’arrivo di maggio, sui mercati torna la consueta domanda: è il caso, anche quest’anno, di seguire il vecchio adagio di Borsa “Sell in May and go away”? Questo detto viene usato in ambito finanziario e consiglia ai trader di liquidare le proprie posizioni a maggio per poi rientrare sul mercato in autunno, solitamente a ottobre Questo perchè è associato a una teoria di investimento sul mercato azionario basata sulla convinzione che la borsa americana registri performance peggiori nei sei mesi che vanno da maggio a ottobre.
Ma il periodo da maggio a ottobre è davvero sfavorevole per il mercato azionario? Un’analisi dei dati storici dello S&P 500 dal 1998 al 2025, supportata da simulazioni di strategia, consente di tracciare un quadro più completo e meno stereotipato.
Sell in May e non solo, tre strategie a confronto
Gabriel Debach, market analyst di eToro, ha comparato le performance medie cumulative di tre diverse strategie di investimento che si differenziano per l’arco temporale di investimento: il metodo “Sell in May”, il cosiddetto Buy & Hold e invece il comprare a maggio e vendere a ottobre.
Il Buy&Hold, che prevede di restare sempre investiti a prescindere dalle stagionalità, ha ottenuto la performance migliore, con un rendimento cumulato del +469% e un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 7%. Una strategia vincente nel lungo periodo, anche a costo di sopportare la volatilità tipica dell’estate. La strategia “Sell in May”, pur contribuendo a ridurre la volatilità del portafoglio, ha generato rendimenti inferiori rispetto al Buy&Hold: +338% di guadagno complessivo e CAGR al 6%.
Decisamente deludente, invece, la performance dell’approccio opposto – investire solo da maggio a ottobre – che ha mostrato una crescita modesta (+30% cumulato, CAGR 1%) a fronte di un livello di rischio non giustificato dai rendimenti.
© eToro
Cosa conviene di più
Alla luce di questi dati, è evidente che il detto “Sell in May” mantiene una certa base statistica, ma non può essere considerato una regola ferrea da seguire alla lettera. I rendimenti storici dimostrano che restare investiti durante tutto l’anno, accettando anche le fasi di maggiore volatilità, si è rivelata nel lungo periodo la strategia più efficace.
“Gli investitori che si sono limitati a seguire meccanicamente questo principio hanno spesso sacrificato opportunità importanti – spiega Debach – . Una strategia stagionale efficace non può prescindere da un approccio più articolato, che integri l’analisi dei dati storici con una valutazione del contesto corrente. La vera lezione che si può trarre non è tanto quella di vendere a maggio, quanto quella di aumentare la vigilanza nei mesi estivi, modulando eventualmente il livello di esposizione al rischio senza necessariamente disinvestire in modo drastico”.
Sell in May per l’S&P 500
Per quanto riguarda l’S&P 500, investire nel semestre novembre-aprile ha prodotto una performance mediana del 6,6%, nettamente superiore al 2,4% registrato nei mesi da maggio a ottobre. Inoltre, nel 77% dei casi il semestre invernale ha sovraperformato quello estivo. Tuttavia, la stagionalità non è una legge matematica. In anni particolari come il 2009 o il 2020, caratterizzati da forti rimbalzi dopo crisi profonde, restare fuori dal mercato nei mesi estivi avrebbe significato perdere occasioni di recupero rilevanti.
L’analisi mensile conferma una tendenza ricorrente: i mesi estivi, soprattutto giugno e agosto, mostrano rendimenti generalmente modesti o addirittura negativi. Settembre, in particolare, si conferma come il peggior mese dell’anno per l’S&P 500. In ben il 63% dei casi ha chiuso in calo, con un rendimento medio attorno al -1,5%. Non a caso, alcune delle correzioni più marcate degli ultimi venticinque anni si sono verificate proprio tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, rendendo questo periodo un vero e proprio punto debole per il mercato americano.
L’andamento col tempo a Piazza Affari
Anche sul mercato domestico, sebbene con le necessarie cautele metodologiche, la stagionalità risulta evidente. Le simulazioni condotte sull’indice Ftse Mib dal 1998 al 2025 evidenziano una debolezza strutturale nel semestre maggio-ottobre, con una performance media negativa di circa -3,7% (mediana +1,4%), a fronte di un solido +6,6% medio (7,9% mediana) nel periodo novembre-aprile.
Questi risultati sono in linea con l’andamento mensile dei rendimenti: maggio e giugno tendono a chiudere in rosso, mentre settembre si conferma, anche in Italia, come il mese più penalizzante per i listini. Va però considerato che la distribuzione dei dividendi, concentrata soprattutto in primavera, attenua parzialmente questo divario. Tuttavia, il cosiddetto “semestre freddo” resta storicamente il più favorevole anche per Piazza Affari.
© eToro
In termini di performance cumulative, il confronto tra strategie sul Ftse Mib restituisce un quadro ben diverso rispetto a quello dell’S&P 500. Dal gennaio 1998 a oggi, la strategia Buy&Hold sull’indice italiano avrebbe generato un rendimento complessivo di circa il 50%, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 2%.
Decisamente migliore il risultato simulato applicando la strategia Sell in May, che avrebbe portato a un guadagno complessivo del +457%, pari a un CAGR del 6%. All’opposto, investire esclusivamente nei mesi estivi avrebbe comportato una perdita netta del 73%, con un CAGR negativo del 5%. Un dato che sottolinea, più che altrove, l’importanza della stagionalità per il mercato italiano.