Notizie Notizie Italia Scommessa Pil non convince, balzo febbre da spread potrebbe innescare crisi governo entro fine 2018

Scommessa Pil non convince, balzo febbre da spread potrebbe innescare crisi governo entro fine 2018

5 Ottobre 2018 17:27

Il governo ha messo nero su bianco i numeri su cui poggerà la prossima legge di bilancio. La reazione del mercato è stata abbastanza tiepida oggi dopo le turbolenze degli ultimi 10 giorni con spread tornato a flirtare con quota 300 (e soprattutto tasso Btp 10 anni ai massimi dal 2014 a ridosso del 3,5%) in seguito all’emergere di obiettivi di deficit ben oltre quanto preventivato. Se da un lato la decisione del governo di riprendere la restrizione del deficit fiscale dal 2020 è un passo nella giusta direzione, dall’altro il mercato si interroga sulla credibilità degli obiettivi di crescita indicati nel DEF, che risultano decisamente superiori a quelli indicati da principali istituzioni internazionali e agenzie di rating. Una crescita del PIL dell’1,5% appare al momento poco probabile considerando anche il rallentamento che sta caratterizzando la congiuntura a livello globale (Stati Uniti esclusi).

“Ci aspettiamo che le tensioni tra l’Italia e la Commissione europea si innalzino nelle prossime settimane”, argomenta Fabio Fois, economista di Barclays, che a causa del forte deterioramento dell’obiettivo di deficit strutturale previsto per il prossimo anno e considerando che la Commissione Europea prevederà una crescita meno vivace, non è da escludersi che Bruxelles respinga parzialmente o integralmente il progetto di bilancio e chiede al governo di apportare le modifiche necessarie per conformarsi al patto di stabilità e crescita. “Tuttavia, non ci aspettiamo che la Commissione Europea raccomandi di aprire subito una procedura d’infrazione“, puntualizza Fois.

 

I numeri del DEF

La nota di aggiornamento del DEF diffusa ieri sera prevede un aumento del PIL dell’1,2% nel 2018, dell’1,5% nel 2019, dell’1,6% nel 2020 e dell’1,4% nel 2021. Si prevede che il deficit aumenterà al 2,4% nel 2019 da un 1,8% atteso nel 2018, prima di tornare a diminuire nel 2020 e dal 2021 rispettivamente al 2,1% e all’1,8%. Il disavanzo strutturale (che è corretto per il ciclo e esclude misure una tantum e altre misure temporanee) dovrebbe aumentare di 0,8 punti percentuali nel 2019 all’1,7% e rimanere a tale livello per i due anni successivi. Il debito pubblico dovrebbe scendere dal 130,9% nel 2018 al 130% nel 2019 e raggiungere il 126,7% entro il 2021.

Barclays elenca 4 motivi per dubitare sugli obiettivi di deficit

In tal senso Barclays rimarca come le indicazioni contenute nel DEF siano troppo ambiziosi per i seguenti quattro motivi:

1) Le ipotesi di crescita sembrano troppo ottimistiche. Mentre prevediamo che il governo appoggi l’allentamento fiscale per sostenere la crescita di circa 0,2 pb nel 2019 (al netto dell’impatto negativo che l’aumento dei tassi di interesse e la crescente instabilità politica avranno probabilmente sulla domanda interna), riteniamo che la crescita a 0,7 pb sotto la spinta dei progetti governativi sia troppo ampia, mentre riteniamo che la disattivazione delle clausole di sicurezza fiscale sia già stata ampiamente anticipata dagli agenti economici ed è quindi improbabile

 

che dia un impulso di 0,2 punti percentuali alle previsioni del governo. Coerentemente con questo, prevediamo che il PIL aumenterà l’1,1% nel 2019 (rivisto al rialzo dallo 0,9% precedente), ovvero 0,4 punti al di sotto dell’obiettivo rivisto al rialzo del governo.

2) Sullo sfondo di una crescita probabilmente più debole del previsto, i tagli alla spesa (0,2% del PIL) preventivati dal governo sembrano insufficienti per raggiungere un obiettivo di disavanzo fiscale del 2,4% del PIL per il 2019. A partire da un deficit tendenziale dell’1,2% per il 2019 che include circa 0,4 punti percentuali di spesa più elevata a causa della crescita tendenziale più bassa e tassi di interesse più elevati (stime governative), il governo prevede di aggiungere lo 0,9% del PIL per il reddito di cittadinanza e la riforma pensionistica, disattivare le clausole di salvaguardia in sospeso per 12,4 miliardi di euro, destinando lo 0,2% del PIL per finanziare gli investimenti pubblici, introdurre una tassa fissa per le piccole imprese e fornire le spese obbligatorie per circa lo 0,3% del PIL. “Inoltre – argomenta Fabio Fois, economista di Barclays – teniamo anche conto del fatto che il raggiungimento degli obiettivi dichiarati di riduzione della spesa, benché non di dimensioni proibitive, potrebbe rappresentare una sfida per il governo in vista delle elezioni europee (maggio 2019) e probabilmente anche elezioni anticipate”.

3) E’ improbabile poi che le clausole di salvaguardia sul lato della spesa vengano effettivamente dispiegate dal governo nel caso in cui non siano raggiunti gli obiettivi di deficit. Rispetto a quelli appena disattivati completamente per il 2019 e parzialmente per il 2020 e il 2021 sul lato delle entrate, Barclays ritiene che tagli automatici delle spese sarebbero politicamente molto costosi per un governo con una strategia di crescita incentrata sull’espansione fiscale.

4) Infine, Barclays ipotizza uno scenario leggermente peggiore per la spesa per interessi rispetto a quello formulato dal governo.

Pertanto Barclays stima che il deficit aumenti al 3% del PIL nel 2019 dal 2% nel 2018 con debito pubblico sostanzialmente invariato al 131% del PIL.

Rischio rating e mercati nervosi, non escluso un ritorno alle urne a inizio 2019

Moody's su banche italiane
 

Sullo sfondo rimane il rischio agenzie di rating. Alla fine di ottobre Moody’s (data non definita) e S&P (26 ottobre) dovrebbero aggiornare i loro rating sull’Italia. Allo stato attuale, l’Italia è valutata Baa2 (credit watch negativo) da Moody’s, BBB (outlook stabile) da S&P, BBB (outlook negativo) da Fitch e BBB high (outlook stabile) da DBRS.

Barclays ritiene che rischi di un downgrade (di un livello, in particolare di Moody’s) siano aumentati notevolmente in seguito alla pubblicazione del DEF. Supponendo che le pressioni del mercato finanziario non si intensificheranno in futuro e le tensioni con la Commissione europea rimarranno gestibili, Barclays vede il budget 2019 approvato dal Parlamento italiano entro la fine dell’anno e governo in vigore almeno fino a dopo le elezioni europee del prossimo anno. “Tuttavia, se le tensioni sul mercato aumentano in modo significativo, non escludiamo che il governo non sia in grado di approvare il Bilancio poiché si basa su una maggioranza esigua al Senato che potrebbe non essere sufficiente a sopravvivere a crescenti pressioni esterne ed interne”, avverte Barclays che in tal caso, in assenza di alternative a livello di coalizioni di governo, non esclude elezioni anticipate già nel primo trimestre/inizio del secondo trimestre 2019.