Notizie Notizie Mondo Scandalo Facebook: cosa fare ora con il titolo? Risponde il leggendario Bill Miller, ex Legg Mason

Scandalo Facebook: cosa fare ora con il titolo? Risponde il leggendario Bill Miller, ex Legg Mason

22 Marzo 2018 12:00

Dopo giorni di vendite scatenate, il titolo Facebook ha terminato la sessione di mercoledì in lieve rialzo, ma diversi sono i trader incerti su come muoversi a seguito dello scandalo Datagate esploso all’inizio della settimana. Non ha dubbi a tal proposito il noto investitore di Wall Street Bill Miller, che continua ad avere fiducia nelle quotazioni del social network, e che in una email alla Cnbc scrive: “Passerà anche questo – (riferendosi allo scandalo Datagate). In ogni caso, aggiunge, “le quotazioni sono troppo convenienti”.

La dichiarazione arriva dopo il tonfo pari a -9% avvenuto nelle sedute di lunedì e martedì, che hanno affossato il valore di mercato di Facebook di oltre $60 miliardi, come riportato da Bloomberg. E’ come se fosse andata in fumo, praticamente, l’intera capitalizzazione di mercato di Tesla. Anzi, di più, visto che Tesla ha un valore di mercato che si aggira attorno ai $52 miliardi.

Miller ha fondato l’hedge fund Miller Value Partners nel 2016, dopo una carriera durata 35 anni in Legg Mason, dove ha gestito un fondo che ha battuto lo S&P 500 per 15 anni consecutivi, fino al 2005.

In base agli ultimi dati, Miller Value Partners gestiva $2,3 miliardi di asset a fine 2017, tra cui conti di ricchi individui e fondi di investimento.

La posizione di Miller su Facebook è condivisa da diversi altri esperti del settore.

Mark Mahaney, analista senior per il settore hi-tech di RCA Capital, ha detto di non essere preoccupato per le quotazioni di Facebook.

A suo avviso, i timori sul rischio di una regolamentazione più rigida sul settore dei social sarebbero stati infatti già scontati dall’azione, in un contesto in cui le aziende sembrano tra l’altro determinate ad aumentare le inserzioni pubblicitarie su Facebook.

“Non credo che i fondamentali siano cambiati ma, per dirlo con certezza, bisogna capire da dove vengono i soldi – ha aggiunto Mahaney – Nel nostro ultimo sondaggio abbiamo visto che il 66% degli inserzionisti pubblicitari ha intenzione di aumentare le spese su Facebook nei prossimi 12 mesi. E non credo che questo problema influenzerà il sentiment”.

Lo scandalo Facebook è scoppiato con le rivelazioni su Cambridge Analytica, società che ha lavorato per la campagna elettorale di Donald Trump in vista dell’Election Day del 2016, e che ha avuto accesso ai dati di più di 50 milioni di utenti Facebook.

All’epoca supervisionata dall’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon – come emerso nelle ultime ore – Cambridge Analytica ha creato un enorme database su milioni di elettori americani, per condizionarne il voto.

“Sono davvero dispiaciuto per quanto accaduto”, ha detto il numero uno di Facebook Mark Zuckerberg nell’intervista esclusiva rilasciata a Laurie Segall della CNN, aprendo alla possibilità di testimoniare di fronte al Congresso Usa.

“Quello che stiamo cercando di fare è cercare di mandare (al Congresso) chi, all’interno di Facebook, disponga della maggior parte delle informazioni. Se quello sono io, sarò contento di andare“.

Il ceo ha cercato anche di chiarire il post che ha pubblicato sulla sua pagina di Facebook, precedente alla sua apparizione in TV. Il post ha di fatto scatenato un’ondata di polemiche, con diversi utenti che hanno accusato il fondatore di Facebook di non essersi scusato del tutto per lo scandalo esploso.

Il post di Mark Zuckerberg su Facebook

“Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati e, se non ne siamo capaci, non meritiamo di servirvi. Sto lavorando per capire esattamente cosa è accaduto, e per assicurarmi che una situazione del genere non accada più. La buona notizia è che le misure più importanti lanciate per prevenire che ciò che è accaduto si verifichi ancora sono state già prese anni fa“.

Detto questo, “abbiamo commesso errori, è necessario fare di più, e dobbiamo farci avanti e agire”.

Nel post Zuckerberg ripercorre quanto accaduto, in relazione allo scandalo Datagate.

Dopo aver ricordato il lancio di Facebook Platform,nel 2007, nella convinzione che più APP dovessero essere social, l’AD ha scritto che, nel 2013, un ricercatore di Cambridge University, tale “Aleksandr Kogan, ha creato una APP di quiz sulla personalità. Questa APP è stata installata da circa 300.000 persone, che hanno condiviso i loro dati così come alcuni dei dati dei loro amici. Considerato il modo in cui la nostra piattaforma funzionava, ciò significa che Kogan ha avuto la possibilità di accedere a decine di milioni di dati”.

Di conseguenza, “nel 2014 abbiamo annunciato un cambiamento notevole all’intera piattaforma, per prevenire le APP abusive e per limitare in modo significativo i dati a cui le APP avrebbero potuto avere accesso. Fattore ancora più importante, le APP come quelle di Kogan non avrebbero potuto più fare richiesta dei dati degli amici di un utente, in assenza dell’autorizzazione degli stessi amici. Abbiamo anche chiesto agli sviluppatori di ottenere la nostra approvazione prima di poter fare richiesta di qualsiasi dato sensibile degli utenti. Queste misure sono state prese per impedire che qualsiasi App simile a quella di Kogan fosse in grado di accedere a così tante informazioni”.

Arriva a questo punto la parte del post in cui Zuckerberg racconta come sono andate le cose con Cambridge Analytica:

“Nel 2015, abbiamo appreso dai giornalisti del The Guardian che Kogan aveva condiviso i dati della sua APP con Cambridge Analytica. E’ contro la nostra politica permettere agli sviluppatori di condividere dati senza il consenso degli utenti, così abbiamo immediatamente estromesso l’APP di Kogan dalla nostra piattaforma, chiedendo a lui e a Cambridge Analytica di certificare in modo formale la cancellazione, da parte loro, di tutti i dati impropriamente acquisiti. E loro ci hanno fornito queste certificazioni”.

“La scorsa settimana, abbiamo appreso dal Guardian, dal New York Times e da Channel 4 che è probabile che Cambridge Analytica non abbia cancellato i dati, contrariamente a quanto emerso dalle certificazioni. Abbiamo immediatamente impedito loro di usare qualsiasi tipo dei nostri servizi (…) Quello che è accaduto è stata una violazione di fiducia tra Kogan, Cambridge Analytica e Facebook. Ma è stata anche una violazione della fiducia tra Facebook e gli utenti che condividono i loro dati e che si aspettano che noi li proteggiamo. Dobbiamo risolvere la questione”.