Russia: Putin sequestra asset russi Danone e Carlsberg

Russia: Vladimir Putin ha firmato un decreto presidenziali per l’affidamento all’agenzia governativa Rosimushchestvo della “gestione temporanea” degli asset russi di Danone e Carlsberg
La Russia di Vladimir Putin ha sequestrato gli asset della controllata russa del colosso francese Danone e la quota detenuta dal gigante danese delle birre Carlsberg in un produttore locale. E’ quanto emerge dal decreto firmato nella giornata di ieri dallo stesso presidente Putin.
Con il decreto è stato stabilito che le partecipazioni straniere detenute nei capitali di Danone Russia e di Blatika Breweries sono state poste “sotto la gestione temporanea” dell’agenzia governativa Rosimushchestvo.
Non si tratta certo del primo sequestro lanciato da Mosca su quote di capitali di proprietà occidentale.
La reazione di Danone e di Carlsberg alla mossa di Putin
Nel mese di aprile, il Cremlino aveva sequestrato infatti le società russe controllate dalla tedesca Uniper e dalla finlandese Fortum, avvertendo che avrebbe assunto il controllo di ulteriori partecipazioni, come ritorsione alle sanzioni che l’Occidente ha imposto a tutti gli asset russi, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, da parte di Mosca, avvenuta il 24 febbraio 2022.
Il colosso della birra Carlsberg ha annunciato con un comunicato, diramato nella serata di ieri, domenica 16 luglio 2023, di “non aver ricevuto alcuna informazione ufficiale da parte delle autorità russe, riguardo al decreto presidenziale o alle conseguenze su Baltika Breweries” aggiungendo che, a questo punto, la prospettiva di uno smobilizzo totale delle sue attività presenti in Russia si è fatta altamente incerta.
Proprio nel mese di giugno, Carlsberg aveva reso noto di aver firmato un accordo per vendere le sue attività russe, aggiungendo che la vendita effettiva avrebbe dovuto essere approvata dalle autorità di regolamentazione.
Dal canto suo, Danone ha informato con una nota che sta cercando di far luce sulla vicenda, e ha aggiunto che la decisione del Cremlino non dovrebbe avere un impatto sulla sua guidance finanziaria per il 2023.
Nell’ottobre del 2022, il colosso francese aveva affermato di star cercando un acquirente per le sue attività casearie in Russia, e che la cessione avrebbe potuto tradursi in una svalutazione fino a 1 miliardo di euro.
Danone ha precisato nel comunicato che “si sta preparando a prendere tutte le misure necessarie per proteggere i suoi da azionista di Danone Russia, e per garantire la continuità delle operazioni del business”.
Il gruppo Danone è presente in Russia con quattro divisioni: prodotti caseari freschi, prodotti di alimentazione per bambini, nutrizione medica, acqua. Entro il 2015, il gigante francese ha investito 2 miliardi di dollari in Russia.
La società vende attraverso Danone Russia i prodotti con i marchi Prostokvashino, Activia, Rastishka, Danissimo, Danone, BioBalance, Actual, Smeshariki, Tema, e altri brand.
In Russia, il gruppo Danone è proprietario di 20 impianti, che assumono più di 10.000 dipendenti.
Gli asset, si legge nel documento dell’Association of European Business, fanno parte del Gruppo Danone, che opera in cinque continenti.
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L’ultima mossa di Putin fa ovviamente sorgere il dubbio su quello che sarà il destino di altre banche e multinazionali occidentali presenti in Russia.
In Italia, fin dall’inizio della guerra in Ucraina, gli interrogativi hanno riguardato soprattutto la presenza in Russia di UniCredit, la banca italiana guidata dal ceo Andrea Orcel che, più volte, ha ribadito l’importanza di non svendere gli asset .
Nel dicembre del 2022, Orcel commentava così la presenza della banca nel paese:
“Sulla presenza locale (in Russia) abbiamo una banca che aveva più di 4.000 persone. Oggi ne sono 3.500 circa. Abbiamo anche lì rifocalizzato la banca, che è principalmente corporate e ha 1.500 clienti di cui 1.250 sono europei”.
“Nell’arco degli ultimi 9 mesi – spiegava il banchiere – abbiamo ridotto la nostra esposizione sulla Russia del 50% sul cross border e lo abbiamo fatto in maniera razionale e calma senza regalare valore a nessuno. Questo proseguirà, continueremo ad andare avanti in questa direzione”.
Il mese scorso, un appello alla Russia arrivava da Andrea Enria, numero uno della Vigilanza bancaria della Bce, che spronava sia l’italiana UniCredit che la banca austriaca Raiffesen, ancora presenti nel paese, di fare le valigie da Mosca il prima possibile.
“Credo che sia importante che le banche rimangano molto concentrate sulla necessità di ridurre ulteriormente le loro esposizioni e, magari, uscire dal mercato il prima possibile”, diceva Enria, riconoscendo comunque che le due banche non erogavano ormai più prestiti in Russia e, anche, che vendere i loro asset risultava alquanto complicato, vista la necessità di ottenere l’approvazione dello stesso presidente Vladimir Putin.
Stessa motivazione ha addotto Intesa SanPaolo che, comunque, così come UniCredit, ha ridotto in modo notevole l’esposizione verso la Russia, che ha dimezzato la sua esposizione lorda nel corso del 2022.