Rottura Fitd-Ccb, Carige torna preda risiko banche. Banco Bpm-Bper, M&A più vicina, con fuga Castagna da grana UniCredit-Mps
Carige torna sul mercato, con Cassa Centrale Banca, azionista con una quota dell’8,3%, che decide di non esercitare l’opzione per l’acquisto della quota dell’80% detenuta dal maggiore azionista, l’Fitd (Fondo interbancario di tutela dei depositi). Sono terminate con un flop le trattative tra due principali azionisti della banca genovese, come paventato tra l’altro negli ultimi giorni. D’altronde, all’Fitd deve essere risultata particolarmente indigesta la proposta di Ccb, che – secondo alcune fonti – si sarebbe detta disposta a esercitare l’opzione al prezzo di 1 euro, con tanto di dote da 500 milioni, proponendo insomma di replicare il modello Intesa SanPaolo-banche venete.
La proposta era stata riportata da Il Messaggero, che aveva già qualche giorno fa delineato uno scenario M&A per l’istituto genovese:
A questo punto, aveva scritto il quotidiano, l’Fitd “potrebbe tenersi per altri 6-8 mesi l’istituto, in attesa di aggregarlo a uno dei nuovi poli attesi, come Agricole-CreVal o le fusioni che avranno quali protagonisti UniCredit, Mps, Banco BPM, Bper“.
E di fatto il ritorno di Carige nel risiko bancario viene ripreso oggi anche da Il Sole 24 ore: “Carige potrebbe essere un tassello ‘adattabile’ a più incastri: da Credit Agricole, che però fino a giugno è impegnata con l’Opa su Creval, a Bper, che secondo rumors sarebbe destinata a ‘sposarsi’ con BancoBpm. Tra i potenziali candidati ci sarebbe anche UniCredit, che però avrà altri dossier su cui ragionare prioritariamente, da Mps a BancoBpm a Mediobanca. Nelle trattative, il Fitd farà valere i fattori di forza della propria controllata: gli elevati ratio patrimoniali, la qualità degli attivi e il tesoretto delle Dta. L’obiettivo è vendere entro l’anno, anche per consentire all’acquirente di sfruttare i benefici sulle Dta, con la firma nella seconda parte dell’anno”.
Reuters ricorda che Carige è controllata per l’80% dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, che è finanziato dai contribuiti delle banche italiane, e che ha salvato l’istituto nel 2019, iniettando 600 milioni di euro con l’acquisizione di una partecipazione che ora vale 104 milioni di euro. In quanto fondo finanziato dagli istituti di credito, l’Fitd non può essere un investitore di lungo periodo della banca. Proprio oggi sarà fatta maggiore chiarezza, con la riunione del cda che, molto probabilmente, rinnoverà il proprio supporto alla banca nel breve termine, sondando contestualmente altre opzioni.
I tempi del risiko bancario del made in Italy starebbero intanto accelerando, vedendo protagonisti altri player. Il Messaggero oggi riporta che BPM e Bper sarebbero infatti più vicine, riprendendo anche il dossier Carige: “se da un lato il fondo interbancario sta per rimettere sul mercato Carige, dopo la lettera di Ccb con la quale si è ritirata dall’obbligo di acquistare l’80%, dall’altro due settimane fa (primi giorni di marzo) Giuseppe Castagna (numero uno di Banco BPM) e Carlo Cimbri (ad di Unipol, maggiore azionista di Bper con il 19%), avrebbero di nuovo affrontato il tema della fusione tra Banco Bpm e Bper. Il nuovo colloquio sarebbe servito a tenere desta l’idea di un terzo polo italiano con un quota di mercato del 19,5% ma anche per sfuggire – soprattutto da parte di Piazza Meda – all’attrazione del disegno di Orcel (nuovo AD di UniCredit), che potrebbe puntare a una combinazione a tre: UniCredit- Banco Bpm-Mps“.
In tutto, questo, vale la pena di riprendere le dichiarazioni del governatore della Liguria Giovanni Toti che, sul caso Carige, ha mostrato apertura verso la proposta del numero uno della Fabi, Lando Maria Sileoni: Sileoni è persona competente e conosce molto bene la materia bancaria. Ritengo interessanre la sua proposta: mettere insieme tre poderosi interventi pubblici come quelli di Carige, Mps e Bari (Popolare di Bari) può avere un senso, se l’oboettivo finale è quello di creare una solida banca punblica, molto radicata nei territori di riferimento, senza toccare i marchi e l’occupazione”.