Renzi: con Tfr in busta paga altri 100 euro in più al mese, ma c’è nodo liquidità per imprese
Prende sempre più corpo l’ipotesi di mettere il TFR (trattamento di fine rapporto) nelle buste paga dei lavoratori. Non subito, ma dal gennaio 2015. Il premier Matteo Renzi ha rilanciato ieri sera la proposta di inserire il Tfr in busta paga rimpinguando ulteriormente l’ammontare degli stipendi dopo gli 80 del Bonus Irpef.
“Anziché tenere i soldi da parte alla fine del lavoro, te li do tutti i mesi. Significa che, per uno che guadagna 1.300 euro al mese, un altro centinaio di euro al mese che uniti agli 80 euro iniziano a fare una bella dote”, ha rimarcato ieri sera il premier Matteo Renzi in un’intervista concessa a Ballarò. L’intento del governo è fornire ulteriori risorse atte a stimolare i consumi degli italiani.
Tfr in busta paga già da gennaio?
Il trasferimento direttamente in busta paga della liquidazione maturata nell’anno potrebbe rientrare nella prossima Legge di Stabilità per essere realmente effettivo dal prossimo 1 gennaio. Le cifre riferite dal premier fanno intendere che nelle intenzioni del governo ci sia il trasferimento in busta paga dell’intero Tfr maturato rispetto all’ipotesi di una quota 50% del totale circolata nei giorni scorsi.
Per imprese rischio di trovarsi senza liquidità
Tra i possibili freni c’è la necessità di trovare le coperture per le imprese che rischierebbero di trovarsi a corto di liquidità. Inserendo il Tfr in busta paga si crea un potenziale problema di liquidità per le imprese. “Le grandi ce la fanno, le piccole sono in difficoltà – ha ammesso Renzi – Stiamo pensando di dare i soldi che arrivano dalla Bce alle Pmi per i lavoratori”. L’intento sarebbe quello di coinvolgere l’Abi, l’associazione delle banche, per girare i soldi che arrivano dall’Europa alle piccole imprese per garantire liquidità.
Unimpresa: doppio rischio per le pmi
Unimpresa ha calcolato che con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nei salari dei lavoratori sarebbero a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle pmi. Il flusso anno totale generato dalle “liquidazioni” dei lavoratori è pari a circa 23 miliardi e per le imprese con meno di 50 dipendenti – che trattengono il tfr maturato – la fetta corrispondente è di 11 miliardi. La metà di questi 11 miliardi, secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle aziende con meno di 50 dipendenti che, oggi, possono utilizzare tale liquidità per investimenti e per lo sviluppo.
Unimpresa ha calcolato che con il passaggio del 50% del trattamento di fine rapporto nei salari dei lavoratori sarebbero a rischio 5,5 miliardi di euro di liquidità delle pmi. Il flusso anno totale generato dalle “liquidazioni” dei lavoratori è pari a circa 23 miliardi e per le imprese con meno di 50 dipendenti – che trattengono il tfr maturato – la fetta corrispondente è di 11 miliardi. La metà di questi 11 miliardi, secondo la misura allo studio del governo, verrebbe pertanto sottratta alle aziende con meno di 50 dipendenti che, oggi, possono utilizzare tale liquidità per investimenti e per lo sviluppo.
“L’alternativa studiata dal governo per compensare la perdita di denaro fresco nelle aziende, cioè il ricorso al credito bancario, potrebbe rivelarsi costosa o addirittura inaccessibile. Col risultato che o la liquidità verrebbe a mancare o costerebbe più del tasso di interesse applicato dalle aziende alle liquidazioni”, spiega il Centro studi di Unimpresa. “Per compensare la riduzione della liquidità il governo potrebbe facilitare convenzioni tra banche e imprese con l’obiettivo di agevolare forme di credito specifico – sottolinea Unimpresa – Tuttavia, gli di interessi praticati dalle banche per questi finanziamenti speciali potrebbero essere più alti del tasso che le aziende riconoscono ai dipendenti al momento del pagamento delle liquidazioni. Ne consegue che sul bilancio potrebbe gravare un costo superiore. Altro aspetto sono i criteri sulla base del quale verranno concessi questi prestiti: se i requisiti fossero troppo stringenti alle pmi verrebbe comunque a mancare la liquidità assicurata oggi dal trattamento di fine rapporto”.
I flussi annui corrispondenti al tfr maturato ammontano, stando a dati Covip, Inps e Istat, a circa 23 miliardi. Di questa somma, circa 5,8 miliardi sono destinati ai fondi pensione, mentre altri 6,8 miliardi sono accantonati al fondo di tesoreria gestito dall’Inps, dove vengono trasferiti i tfr dei dipendenti che non optano per la previdenza complementare e che lavorano in grandi aziende, con più di 50 dipendenti.