Pmi e ripresa eurozona, cosa suggeriscono gli ultimi dati in ottica tassi Bce
La settimana si chiude sui mercati con la carrellata di indici Pmi delle principali economie della zona euro che riportano a galla alcuni timori legati alla ripresa della zona euro proprio sul finire della prima parte del 2024. Dati che confermano la flessione dei listini europei su cui pesa anche la frenata delle big tech Usa, con Nvidia in affanno.
Tornando ai dati preliminari per il mese di giugno, mostrano a fine secondo trimestre un’economia dell’eurozona che subisce una battuta d’arresto. Per la prima volta in quattro mesi, il volume dei nuovi ordini si è ridotto causando un rallentamento della crescita dell’attività economica e dell’occupazione. Allo stesso tempo, la fiducia è scesa ai minimi da febbraio mentre il tasso d’inflazione dei costi di acquisto e dei prezzi vendita è sceso ai minimi in sei e otto mesi rispettivamente.
La frenata dell’espansione dell’attività di giugno segnala un indebolimento della crescita del settore terziario ed un calo più pronunciato della produzione manifatturiera, con quest’ultima che ha segnato il crollo maggiore in un anno. In prospettiva questo dato suggerisce che la crescita nel secondo trimestre potrebbe essere più lenta di quanto inizialmente previsto. Non promuove, inoltre, un altro taglio dei tassi da parte della BCE a luglio.
Pmi Ue delude le attese
Arrivano le prime indicazioni dai Pmi della zona euro. Se il dato francese e quello tedesco sono scesi e hanno deluso le attese, quello aggregato europeo (composito) è scivolato a 50,8 punti contro i 52,2 punti della passata lettura, mancando le attese del consensus Bloomberg a 52,5 punti.
“In Francia, il peggioramento sia del settore dei servizi che di quello manifatturiero può essere collegato ai recenti risultati elettorali del Parlamento Europeo e all’annuncio del Presidente Emmanuel Macron di elezioni anticipate al 30 giugno – segnala nel suo commento ai dati Cyrus de la Rubia, capo economista Hamburg Commercial Bank-. Tale colpo di scena ha probabilmente alimentato tante incertezze sulla politica economica futura, costringendo molte aziende a frenare nuovi investimenti e ordini. In ogni caso, è ovvio che la debole prestazione economica della Francia ha contribuito significativamente al deterioramento delle condizioni economiche dell’eurozona”.
Osservando le potenziali ripercussioni sul fronte di politica monetaria, Cyrus de la Rubia indica che la Bce, con il taglio degli interessi di giugno, probabilmente si sentirà giustificata dai dati sui prezzi che mostrano una minore pressione sul settore dei servizi dell’eurozona. “In ogni modo, l’HCOB PMI non promuove un altro taglio dei tassi da parte della Bce a luglio. Questo perché, le aziende dei servizi della maggiore economia dell’eurozona, la Germania, hanno aumentato i loro prezzi di vendita ad un tasso maggiore di maggio – avverte l’economista -. In aggiunta, visto che a giugno i costi di acquisto della regione sono aumentati per la prima volta da febbraio 2023, il settore manifatturiero dell’eurozona potrebbe forse registrare una nuova inflazione dei prezzi di vendita, dopo una sequenza di deflazione durata 14 mesi.
Riaffiorano timori su processo di ripresa?
Per gli strategist di Mps Capital Services il “Pmi composito dell’Area euro è emerso solo a marzo in territorio di espansione, segnalando l’allontanamento dalla stagnazione per l’economia. A meno di sorprese estremamente positive dalle altre due grandi economie (Italia e Spagna), questi numeri reintroducono qualche timore per quello che appariva come un processo di ripresa”.
“Gli ultimi mesi hanno mostrato un miglioramento del sentiment delle imprese e la crescita del Pil nel primo trimestre ha già sorpreso al rialzo. Ciò ha portato ad aspettative di una ripresa economica forse più rapida di quanto inizialmente previsto, ma il PMI di giugno mostra come l’economia dell’eurozona nel 2024 non sia più la storia di una Cenerentola. Il calo dell’indice composito da 52,2 a 50,8 indica che la crescita nel secondo trimestre potrebbe essere leggermente inferiore allo 0,3% trimestre su trimestre osservato nel primo”, rimarcano gli economisti di ING.
E aggiungono: “un aspetto positivo è che il valore complessivo di 50,8 corrisponde ancora a una crescita modesta e, cosa più importante, secondo l’indagine le pressioni inflazionistiche si sono nuovamente attenuate. Ciò corrisponde a un contesto che mantiene la porta aperta a ulteriori tagli dei tassi da parte della BCE quest’anno”. Certo, conclude, l’economia dell’Eurozona sta andando meglio rispetto al 2023, ma restano in primo piano venti contrari. Uno degli ultimi è quello politico, con le elezioni francesi di fine mese.