Più giovani e non laureati: cambia l’identikit degli italiani che investono e fanno trading
Generazioni sempre più giovani in Italia si stanno avvicinando al mondo degli investimenti: in circa cinque anni, l’età media degli investitori nel nostro Paese si è abbassata del 32% da 49 anni a circa 34. Di pari passo con questo trend, molte persone con scarsa esperienza professionale o educativa, in particolar modo per quanto riguarda i contratti per differenza (CFD), sono entrate nel settore degli investimenti in Italia. Solo il 23% dei trader italiani ha conseguito una laurea, mentre in Italia solamente il 20,1% della popolazione (25-64 anni) ne possiede una, contro il 32,8% della media dell’Unione Europea. Questi alcuni dei dati che emergono dall’analisi di XTB, piattaforma leader di investimento online, nonché uno dei maggiori broker FX e CFD quotati in borsa al mondo, secondo cui l’incremento della popolarità degli strumenti finanziari online e il maggiore tempo a disposizione durante i lockdown hanno spinto gli investitori individuali a interessarsi in maggior misura ai mercati azionari.
“Come XTB, stiamo iniziando a rivolgerci a nuovi investitori, che non avendo esperienza o conoscenza del settore potrebbero preferire ed essere più adatti a prodotti reali, fra cui azioni ed ETF, piuttosto che a prodotti in leva come i CFD. Uno degli obiettivi principali di XTB è infatti quello di offrire materiali formativi completi ed esaurienti, per consentire ai nuovi trader di acquisire le conoscenze necessarie per avvicinarsi al mondo degli investimenti in modo consapevole”, ha commentato Walid Koudmani, chief market analyst di XTB. “Quasi il 70% degli investitori individuali attivi in Italia sulla nostra piattaforma, infatti, non ha avuto esperienze precedenti nel trading CFD, contro il 65% della media”.
Che lavoro fanno gli investitori italiani?
Nel settore del trading, si legge nella nota di XTB, neppure le professioni più comuni di chi investe in Italia rassicurano su una solida base di conoscenze: nel 25% dei casi, gli investitori si occupano di un lavoro manuale (vs 14% in media), mentre nel 12% sono imprenditori (vs 13% della media). Solo nell’1% dei casi (vs 3% in media) si tratta di esperti che lavorano in ambito bancario o finanziario oppure, sempre nell’1% si tratta di manager (vs l’8% della media). Infine, il 13% degli investitori non ha un’occupazione (vs 6% in media).
A livello di istruzione, solamente il 23% (vs 59% della media) di chi fa trading nel nostro Paese ha conseguito una laurea, mentre il 61% (vs 36% in media) ha un diploma di scuola superiore e il 15% (vs 4% della media) ha un’istruzione di base. In questo contesto, l’Italia rimane uno dei 12 Paesi OCSE in cui il livello di istruzione terziaria è ancora meno diffuso rispetto a quello secondario superiore o post-secondario.
Eduzione finanziaria, una lacuna storica dell’Italia
Sul fronte dell’educazione finanziaria, c’è ancora molta strada da fare nel nostro Paese: secondo l’ultima analisi condotta dall’Ocse nel 2020, fra 26 Paesi coinvolti dallo studio sull’alfabetizzazione finanziaria, l’Italia risulta all’ultimo posto. La media di punteggio è pari a 12,7 su un massimo di 21, e rappresenta il livello ottimale di una conoscenza finanziaria di base per prendere decisioni in maniera consapevole.
“L’Italia purtroppo è ancora fra i fanalini di coda nell’alfabetizzazione finanziaria: è quindi fondamentale lavorare come ecosistema per superare gli ostacoli che bloccano lo sviluppo delle competenze finanziarie nel nostro Paese, con un occhio particolare per le generazioni più giovani e con meno esperienza”, ha aggiunto Walid Koudmani. “A maggior ragione nel mondo dei mercati azionari, è cruciale educarsi prima di investire, trattando il trading come se fosse un lavoro qualunque e che necessita dunque di un corposo processo di apprendimento. Chi mai opererebbe una persona senza aver prima studiato medicina?”.