Pirelli nei guai, socio cinese mette a rischio ascesa negli Usa. Governo Meloni pronto a intervenire

Si preannuncia un cda molto acceso per Pirelli. Il board si riunisce oggi per approvare il bilancio 2024, ma al centro del dibattito ci sarà il ruolo del socio cinese Sinochem, divenuto più ingombrante a causa dell’incombere dei dazi statunitensi e della nuova normativa statunitense che nel comparto automotive banna l’utilizzo di hardware o software di aziende legate alla Cina o alla Russia.
A Piazza Affari il titolo Pirelli l’1,5% stamattina dopo aver lasciato sul terreno il 2,5% ieri.
Allerta sul mercato Usa, ecco perché il socio cinese è un ostacolo
Nelle ultime 24 ore i fari si sono ulteriormente accesi su quello che potrebbe accadere oggi, con una possibile resa dei conti tra l’azionista cinese e quegli italiani. La bandierina cinese di Pirelli rischia infatti di penalizzare non poco i piani del produttore di pneumatici di espandersi con decisione negli Stati Uniti, che già è un mercato chiave per il gruppo in quanto rappresenta oltre il 25% dei ricavi e vale il 40% del segmento premium.
A rendere la situazione decisamente urgente, oltre all’incombere dei dazi, la nuova normativa entrata in vigore il 17 marzo negli Usa che vieta la vendita o l’importazione di veicoli connessi che utilizzano hardware o software di aziende legate alla Cina o alla Russia. Per Pirelli questa normativa comporta il rischio che l’adozione della tecnologia Cybertyre (che fa sì che i pneumatici sensorizzati raccolgano dati vitali e li comunicano in tempo reale all’auto) venga vietata negli Usa, ostacolando la crescita di Pirelli in quel mercato.
Cinesi accetteranno di scendere nel capitale?
Al socio cinese Sinochem, azionista di riferimento con il 37% del capitale, verrà probabilmente chiesto di ridurre la quota sotto il 25% al fine di evitare limitazioni nell’operatività sul mercato statunitense per il fatto di avere un azionista rilevante cinese. Secondo il Financial Times al socio cinese sarà chiesto quanto meno di scendere sotto il 26,4%, ossia posizionandosi dietro a quanto attualmente detenuto da Camfin. Non è chiaro se la Sinochem accetterà la proposta, dato che le parti non sono riuscite a raggiungere un accordo nei colloqui prima della riunione del consiglio.
“Se questo scenario venisse confermato, Sinochem dovrebbe cedere il 12% del capitale”, sottolineano oggi gli analisti dii Equita. Resterebbe comunque da chiarire la tempistica anche se potrebbe essere chiesto di farlo in tempi brevi. Al momento non è emersa nessuna evidenza su potenziali nuovi soci che potrebbero rilevare la quota, con Camfin che avrebbe spazio per comprare un ulteriore 3,5% potendo salire al 29,9%, ossia poco prima della soglia d’Opa.
Il possibile intervento del governo
Qualora non venisse trovato un accordo tra i soci potrebbe esserci un secondo intervento del governo tramite il golden power. Il governo Meloni è già intervenuto nel 2023 per limitare il potere del gruppo cinese e proteggere l’autonomia del management Pirelli.
Tra le opzioni possibili, se non si riuscirà a convincere Sinochem a scendere in Pirelli, ci sarebbe anche togliere i diritti di voto a Sinochem.
Pirelli e il nodo Usa
Pirelli, che nel 2024 ha realizzato ricavi pari a 6,77 miliardi di euro, in crescita dell’1,9% rispetto all’anno precedente e un utile netto di 501,1 milioni (+1%), quest’anno prevede una domanda di pneumatici che potrebbe oscillare tra un calo dell’1% e una crescita dell’1%. I ricavi 2025 sono attesi tra 6,8 e 7 miliardi di euro, con un Ebit margin adjusted attorno al 16%. I target non tengono in considerazione il possibile impatto negativo dei dazi statunitensi allo studio dell’amministrazione Trump.
Il mercato Usa è coperto principalmente dalla produzione fatta negli stabilimenti che il gruppo ha in Messico, Sud America ed Europa. Pirelli ha anche un piccolo stabilimento più piccolo nello Stato della Georgia e il vicepresidente esecutivo Marco Tronchetti Provera lo scorso mese ha fatto capire che sarà valutata la possibilità di espandere la produzione negli Stati Uniti per limitare l’impatto di eventuali dazi.