Petrolio: si teme la violazione della soglia dei 40 dollari al barile. Morgan Stanley vede prezzi bassi anche nel 2016
Il rallentamento dell’economia cinese, la crisi ucraina, e soprattutto il progressivo allentamento delle sanzioni contro l’Iran sono i tre fattori che stanno mettendo sotto pressione le quotazioni del petrolio che, nella giornata di ieri, ha segnato il livello più basso degli ultimi sei anni, sulla spinta anche di un inatteso aumento delle riserve negli Stati Uniti. I future sul Wti, consegna settembre, sono risultate in calo di 35 centesimi a quota 40,45 dollari il barile a New York (dopo aver ceduto il 4,3% il giorno precedente), esattamente la metà della quotazione dello scorso ottobre. L’eventualità che il petrolio possa violare la soglia critica dei 40 dollari, come avvenuto nel 2008 in seguito alla crisi dei mutui subprime che dall’America è dilagata nel resto del mondo, ha messo in allerta investitori e analisti. Tra questi, Morgan Stanley che ha dato alle stampe un report nel quale conferma le preoccupazioni circa i fondamentali del greggio e stima quotazioni a livelli di guardia nei prossimi mesi e anche nel 2016.
Oil sotto pressione anche nel 2016
“La produzione OPEC è cresciuta in modo significativo da inizio anno – afferma Adam Longson, responsabile del team di analisti di Morgan Stanley Research – Se guardiamo al 2016, poi, l’eliminazione delle sanzioni nei confronti dell’Iran potrebbero aggiungere 500-700 mila barili al giorno con il risultato di sfiorare un livello limite nella seconda parte dell’anno e ancora di più nel 2016″. “Detto questo – aggiunge Longson – i prezzi resteranno probabilmente vicino alla parte bassa del range, ma un aumento della domanda di trasporto e un basso livello delle scorte dovrebbero fornire una sufficiente rete di sicurezza”. Ma a una condizione. Secondo Morgan Stanley il presupposto per scongiurare uno scivolone del petrolio è che gli Stati Uniti rallentino la produzione “non convenzionale” per compensare la nuova produzione iraniana. “Dal fronte dei Paesi non-OPEC prevediamo un aumento della fornitura di greggio pari a 0,9 milioni di barili al giorno nel 2015, esattamente la metà delle previsioni – spiega Longson – Quanto all’area OPEC ci aspettiamo che la produzione cresca di 0,8 milioni di barili rispetto allo scorso anno, grazie ai nuovi giacimenti di Iraq e Angola, e dalla maggiore produzione dell’Arabia Saudita”.
Domanda sempre robusta
Quanto alla domanda di greggio, le attese sono di un incremento complessivo di 1,4 milioni di barili al giorno nel 2015. “Prezzi più bassi e forti margini di raffinazione hanno contribuito a stimolare la domanda”, spiega Longson. In particolare per l’area OCSE si stima una crescita di 0,8 milioni di barili nel 2015, concentrata soprattutto in Europa e nelle Americhe. Nell’area non-OCSE l’incremento sarà di 0,6 milioni di barili al giorno e la maggiore domanda proverrà soprattutto dall’Asia e dal Medio Oriente. “La capacità di raffinazione addizionale e gli sforzi per produrre più benzina dovrebbero stimolare la domanda greggio nei Mercati emergenti”, conclude Langson.
Gloria Valdonio