Notizie Valute e materie prime Petrolio sale dopo attacchi Usa contro Houthi e sequestro nave in Oman

Petrolio sale dopo attacchi Usa contro Houthi e sequestro nave in Oman

12 Gennaio 2024 10:44

Quotazioni del petrolio in rialzo, dopo gli attacchi degli Usa e del Regno Unito contro i ribelli Houthi nello Yemen. Crescono i timori di un’escalation di tensioni nella regione, con potenziali ripercussioni sulle forniture di greggio. Da monitorare i flussi nello stretto di Hormuz, dopo il sequestro di una nave al largo del vicino Oman.

Petrolio in rialzo del 2%, Brent a 79 dollari al barile

I benchmark del petrolio Brent e Wti registrano guadagni intorno ai 2 punti percentuali, riportandosi rispettivamente in area 79 dollari e $74 al barile, dopo l’intervento degli Usa e degli alleati.

Le ritorsioni sono giunte in risposta ai continui attacchi dei ribelli yemeniti nel Mar Rosso, che hanno costretto diverse navi a deviare le loro rotte nelle ultime settimane, circumnavigando l’Africa per non attraversare le zone critiche.

Questo ha fatto dilatare i tempi di consegna per i flussi di carburanti e merci, condizionando un percorso vitale per il trasporto marittimo internazionale e determinando un aumento dei costi, rispetto al rischioso passaggio attraverso la via navigabile che collega al Canale di Suez.

Crescono le tensioni nel Medio Oriente, la risposta degli Usa

All’inizio di questa settimana gli Houthi avevano lanciato il maggiore assalto registrato ad oggi contro le navi nel Mar Rosso, nonostante la presenza di una forza navale guidata dagli Stati Uniti. Questo ha dapprima provocato avvertimenti da parte di Washington. Ieri, l’Iran ha anche sequestrato una petroliera al largo delle coste dell’Oman, aggravando ulteriormente la situazione nell’area.

Joe Biden ha affermato che gli attacchi sono stati condotti contro una serie di obiettivi utilizzati dal gruppo sostenuto dall’Iran. Alcuni funzionari statunitensi hanno specificato che ad essere colpiti sono stati siti radar e lanciamissili.

Il presidente americano ha lasciato aperta la possibilità di ulteriori mosse contro i ribelli Houthi. “Non esiterò a prendere ulteriori misure per proteggere il nostro popolo e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario”, ha affermato.

Nel frattempo, l’Iran ha condannato gli attacchi occidentali e gli Houthi hanno fatto sapere che non si faranno scoraggiare. La priorità dichiarata degli Usa resta quella di impedire un’estensione del conflitto, mentre l’Arabia Saudita spinge per una moderazione delle ostilità.

Timori di escalation del conflitto in Medio Oriente

Ora gli operatori temono che questi attacchi possano portare ad un ampliamento del conflitto nella regione, responsabile di circa un terzo della produzione mondiale di greggio.

“Un inasprimento delle tensioni suggerisce un maggiore potenziale di interruzioni e la necessità che le navi dirottino”, favorendo i prezzi, ha affermato Warren Patterson, strategist per le materie prime presso ING Groep. “Tuttavia, il rischio maggiore è che questa situazione si diffonda e iniziamo a vedere minacce per i flussi provenienti dal Golfo Persico. Anche se riteniamo che il rischio sia basso, l’impatto sarebbe significativo”.

I disordini nella regione sono aumentati dopo l’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre. Negli ultimi due mesi gli Houthi hanno lanciato missili contro le navi nel Mar Rosso quasi ogni giorno e hanno promesso di non fermarsi finché Israele non porrà fine al suo attacco a Gaza.

Petrolio in rialzo con focus su ripercussioni offerta

L’escalation di tensioni implica la reintroduzione sul mercato di un premio per il rischio per la guerra, che aveva allentato l’offerta non OPEC+ e rallentato la crescita della domanda.

Prima degli attacchi, Citigroup ha stimato che i rischi geopolitici in Medio Oriente abbiano aggiunto 2-3 dollari al barile al Brent e ha affermato che il premio potrebbe aumentare sostanzialmente se le interruzioni dell’offerta dovessero espandersi.

Il parametro chiave del prompt spread del Brent, ovvero la differenza tra i suoi due contratti con scadenza più ravvicinata, ha segnalato condizioni più restrittive a breve termine. Il divario è salito a 37 centesimi al barile in backwardation, rispetto ai 3 cent di inizio anno.

Una prospettiva parzialmente controbilanciata dai fondamentali, che vedono una domanda in calo (in un contesto di rallentamento dell’economia globale) e una produzione ancora sostenuta, sia da parte dell’Opec+ (nonostante i tagli volontari del primo trimestre), sia non Opec.

ING: “Attenzione a Stretto Hormuz, passaggio chiave per il petrolio”

Più che sugli attacchi contro gli Houthi, gli esperti di ING si focalizzano sul sequestro della nave nel Golfo di Oman, che si trova “molto vicino allo Stretto di Hormuz, un punto critico per i flussi di petrolio. Più di 20 milioni di barili al giorno di petrolio transitano attraverso lo Stretto di Hormuz, il che equivale a circa il 20% del consumo globale. Quindi, interruzioni più significative dei flussi in questa regione sarebbero molto più allarmanti per i mercati.”

A differenza del Mar Rosso, aggiunge ING, dove le navi possono deviare e prendere una rotta più lunga intorno all’Africa meridionale, “ci sono poche altre alternative per le navi che attraversano lo Stretto di Hormuz. I Sauditi e gli Emirati Arabi Uniti dispongono di oleodotti con una capacità combinata di circa 6,5 milioni di barili al giorno, che evitano lo Stretto di Hormuz, ma il resto dei flussi sarebbe a rischio.”

Al momento, precisa la banca, “riteniamo che il rischio di un’interruzione significativa dei flussi di petrolio dal Golfo Persico sia basso, ma vale sicuramente la pena tenerlo d’occhio, dato il potenziale impatto che potrebbe avere sull’offerta e sui prezzi del petrolio.”

In precedenza, Goldman Sachs ha stimato che la chiusura dello stretto di Hormuz, seppur poco probabile, possa determinare “un aumento dei prezzi pari al 20% nel primo mese e persino più ampio in seguito.