Petrolio giù tra proteste Cina e stallo Ue. WTI crolla ai minimi da fine 2021
Il petrolio crolla al livello più basso da dicembre, mentre esplodono disordini in Cina contro la politica “zero Covid” praticata dal governo di Pechino: focus sulle quotazioni del contratto WTI scambiato sul Nymex di New York che cede più del 3%, scivolando a $74.20 al barile, dopo essere precipitato al minimo intraday di $73,82, al minimo dal 27 dicembre del 2021.
Il Brent è scivolato fino a $81,16 al barile, al valore più basso dall’11 gennaio scorso. Il petrolio lancia l’SOS domanda: i lockdown imposti dalle autorità cinesi non solo stanno continuando a stremare l’economia del paese, ma stanno mettendo a rischio anche la domanda di oil del più grande importatore di greggio al mondo: per l’appunto, la Cina.
Non per niente, i prezzi sono reduci da tre settimane consecutive di perdite. A zavorrare le quotazioni anche la decisione degli investitori di rifugiarsi nel dollaro Usa, tra le valute rifugio più importanti al mondo, in un contesto geopolitico che, con le proteste che si infiammano in Cina, diventa ancora più incerto. In alcuni video circolati sui social – la cui autenticità non è stata ancora verificata – si vedono manifestanti chiedere anche le dimissioni del presidente cinese Xi Jinping.
Dall’inizio della pandemia, l’approccio della Cina alla gestione della Covid-19 si è basato su test di massa e su chiusure generalizzate per sopprimere i focolai, oltre che sulle vaccinazioni.
Questo ha danneggiato la domanda di energia e ha stimolato l’accumulo di risentimento per le restrizioni, mentre altre nazioni hanno optato per il reopening.
La beffa è che, nonostante le restrizioni, in questo mese di novembre i casi di Covid sono tornati a salire a ritmi record.
Il petrolio continua a essere stretto nella morsa della volatilità, scatenata da diversi fattori, come la guerra in Ucraina, la carrellata di rialzi dei tassi aggressivi da parte delle banche centrali al fine di sfiammare l’inflazione e gli incessanti tentativi della Cina di eliminare il Covid-19 con la sua politica di tolleranza zero nei confronti del virus.
Petrolio: Ue continua intanto a discutere su tetto prezzi Russia
Per quanto riguarda l’Europa, i diplomatici dell’Unione Europea rimangono impegnati in colloqui per la fissazione di un tetto ai prezzi del greggio russo, e le trattative dovrebbero riprendere oggi. I paesi membri dell’UE non riescono tuttavia ancora a trovare un accordo su quanto debba essere rigidamente fissato il tetto al prezzo del petrolio russo stabilito dal Gruppo dei Sette.
Mentre la Polonia e le nazioni baltiche si sono opposte alla proposta di un limite di 65 dollari al barile, sostenendo che sarebbe troppo generoso nei confronti di Mosca, le nazioni che si occupano di trasporti come la Grecia sono favorevoli a un livello più alto. La Russia ha dichiarato che vieterà le vendite di petrolio a chiunque partecipi alla fissazione del tetto massimo.
In questo contesto, “il sentiment sul mercato del petrolio rimane negativo e gli sviluppi del fine settimana in Cina non saranno certo d’aiuto”, ha commentato Warren Patterson, responsabile della strategia sulle materie prime presso ING Groep NV a Singapore.
Oltre alla Cina e all’Europa, gli operatori guardano anche alla decisione degli Stati Uniti di concedere alla super major Chevron Corp. una licenza per riprendere la produzione di petrolio in Venezuela, dopo che le sanzioni avevano bloccato tutte le attività di perforazione quasi tre anni fa. L’alleggerimento delle sanzioni arriva dopo che i mediatori norvegesi hanno annunciato il riavvio dei colloqui politici tra il presidente Nicolas Maduro e l’opposizione nel fine settimana.