In Cina monta la protesta contro la politica “Zero-Covid” di Xi Jinping. Borse in rosso, cade il petrolio
Almeno 10 persone sono morte in un incendio in un condominio nella città cinese Urumqi. I cittadini della città occidentale sospettano che il blocco Covid, relativo alle politiche del paese nei confronti della pandemia, ha ostacolato i soccorsi e ha intrappolato le vittime nelle loro case. La speculazione si è trasformata in una tempesta online: l’incidente ha scatenato un esplosione di rabbia pubblica contro il Partito Comunista guidato da Xi Jinping.
Questo fine settimana, in tutte le città cinesi, migliaia di persone si sono radunate con candele e fiori per piangere le vittime dell’incendio. Nei campus, gli studenti hanno organizzato veglie, molti tenendo in mano pezzi di carta bianca in muta protesta. A Shanghai, alcuni residenti hanno persino chiesto al Partito Comunista e al suo leader, Xi Jinping, di dimettersi: una sfida rara e audace.
La politica cinese “Zero Covid” scatena la rabbia dei cittadini
La strategia “zero Covid” di Xi, la fonte di rabbia principale all’interno del paese, cerca di eliminare le infezioni con blocchi, quarantene e test di massa. Tante città cinesi sono rimaste bloccate recentemente a causa del crescente numero di casi Covid. Il 27 novembre sono stati registrati oltre 40.000 casi Covid, di cui 36.525 asintomatici, dati in aumento rispetto ai 39.791 casi (di cui 36.082 asintomatici) del giorno precedente. Lo afferma la Commissione sanitaria cinese. Non si registrano vittime. Dall’inizio della pandemia, la Cina ha ufficialmente registrato poco più di 5.200 morti a causa del virus, molto meno che in altri paesi.
Le misure piuttosto rigide hanno interrotto la vita e i viaggi di centinaia di milioni di persone e ha costretto molte piccole imprese a chiudere.
Ricordiamo che le proteste sono relativamente rare in Cina, dove i dissidenti sono stati imprigionati, i social media sono pesantemente censurati e i gruppi indipendenti coinvolti nei diritti umani sono stati banditi. Ma la pervasività delle restrizioni Covid in Cina ha creato un focolaio di rabbia che trascende la classe e la geografia.
Borse asiatiche in rosso in seguito alle proteste
Borse asiatiche in ribasso, sulla scia dei continui timori legati agli effetti della nuova ondata Covid in Cina sull’economia del paese. Effetti che stanno diventando sempre più visibili nei dati. L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione odierna in calo dello 0,42%. La borsa di Hong Kong arretra dell’1,86%, Shanghai cede più dell’1%, Seoul -1,18%, Sidney -0,42%.
Nel fine settimana è emerso che, nel periodo compreso tra gennaio e ottobre di quest’anno, i profitti industriali della Cina hanno accelerato il trend al ribasso, rispetto al periodo compreso tra gennaio e settembre, scontando le conseguenze della nuova ondata di infezioni Covid-19 e delle restrizioni e misure di lockdown che il governo di Pechino ha varato nell’ambito della sua politica di Zero Covid sia sulla domanda che sull’attività economica.
Apertura in calo a Piazza Affari, con il FTSE Mib in ribasso dello 0,5% a 24.585 punti. Telecom Italia (-2,7%) scivola in coda al listino principale, in scia al possibile rinvio dell’offerta per la rete da parte di Cdp. Secondo fonti di stampa, la proposta non vincolante precedentemente attesa entro il 30 novembre potrebbe essere messa in stand-by, mentre il governo rivede le strategie per la società.
In calo anche i petroliferi Eni (-1,7%) e Tenaris (-2,2%), frenati dal calo del greggio sui minimi da dicembre 2021 con il Wti a 74 dollari.