Notizie Notizie Italia Partita Generali, ‘Consob ostaggio di Paolo Savona’? Lui non ci sta: ‘sono io sotto scacco’

Partita Generali, ‘Consob ostaggio di Paolo Savona’? Lui non ci sta: ‘sono io sotto scacco’

21 Gennaio 2022 12:19

Partita Generali e Consob: su Twitter spunta un post di Paolo Savona, numero uno dell’Autorità di Borsa, ex ministro degli Affari europei del governo M5S-Lega, pomo della discordia tra la Lega di Matteo Salvini che lo voleva al Tesoro e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Non avendo tempo per rispondere agli amici che mi manifestano la loro solidarietà desideravo far sapere che non sono io a tenere in scacco la Consob, ma è la vecchia Consob a tenere in scacco Savona. E’ in corso l’eterna lotta tra la conservazione e l’innovazione su cui si va giocando il futuro dell’Italia” Prof. Paolo Savona.

Savona: ‘è la vecchia Consob a tenere in scacco Savona’

Così commenta La Repubblica:

“Il gesto di Savona sembra confermare gli scenari di una Consob divisa e titubante sulla partita più calda della finanza italiana: dentro il plenum a cinque e anche tra gli uffici che da mesi lavorano alla scalata di Caltagirone e Del Vecchio e alla criticata (specie da loro, i primi due soci privati) scelta del cda Generali di presentare una propria lista di successione all’assemblea che voterà il 29 aprile”.

La partita Generali è, di fatto, sempre più una guerra tra il vecchio e il nuovo.

Da un lato c’è lo status quo rappresentato dal ceo attuale Philippe Donnet, blindato dal primo azionista del Leone di Trieste, ovvero da Mediobanca.

Dall’altro c’è la fronda dei ribelli capitanata dal patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone, e ‘riassunta’ nel patto Del Vecchio-Caltagirone-Fondazione Crt che detiene una quota pari al 16,133% del capitale di Generali, rispetto al 17,22% di Mediobanca.

Generali: nuove scosse dopo dimissioni di Caltagirone e Bardin

Nuove scosse sono andate in scena nelle ultime settimane, con le dimissioni dal consiglio prima di Caltagirone – che si è definito persona palesemente osteggiata, poi del consigliere Romolo Bardin, amministratore delegato di Delfin, la holding di Leonardo del Vecchio.

L’addio al cda di Bardin e di Caltagirone implica che sia Delfin che Caltagirone ora potranno agire “al buio”, ovvero acquistare titoli di Generali senza essere sottoposti all’osservanza di obblighi informativi.

Dal canto suo il cda di Assicurazioni Generali, nella riunione che si è tenuta all’inizio della settimana sotto la presidenza di Gabriele Galateri di Genola, ha comunicato di avere preso atto delle dimissioni dei consiglieri Francesco Gaetano Caltagirone e Romolo Bardin, bollando come offensive le loro dichiarazioni.

“Nel corso della riunione il consiglio, a maggioranza, ha respinto categoricamente le motivazioni addotte nelle comunicazioni di dimissioni, rimarcandone l’assoluta infondatezza e censurandone il carattere spesso offensivo”, si legge nella nota del Leone di Trieste.

La battaglia tuttavia è in atto e dalla stampa italiana non sono mancati gli appelli alla Consob e all’Ivass perché monitorino la situazione. In ballo c’è il futuro del colosso assicurativo:

Caltagirone e Del Vecchio insieme alla Fondazione Crt vogliono un management e un piano industriale alternativi a quelli dell’attuale gestione.

Qualche giorno fa Il Sole 24 Ore ha scritto che i pattisti stanno lavorando su un piano industriale alternativo a quello presentato da Donnet, con l’aiuto “di Bain & Company, Vittorio Grilli e Fabrizio Palermo”, aggiungendo che il piano “avrà alcuni pilastri centrali (M&A, risparmio gestito, aree geografiche, IT, governance, area finanza) e verrà declinato in un’ottica di crescita della compagnia”.

Il patto lavora anche su una lista per il rinnovo del cda del Leone, in contrapposizione alla lista su cui il cda di Generali è stato chiamato a riunirsi proprio qualche giorno fa.

Per la presidenza il trio Del Vecchio-Caltagirone-Fondazione Crt starebbe pensando a una donna, come all’attuale presidente di Mps Patrizia Grieco, mentre per la carica di ad di Generali diversi articoli dei quotidiani italiani hanno parlato nei giorni scorsi di Matteo Del Fante, numero uno di Poste italiane, il cui nome è stato fatto per prima da Il Sole.

E le sole indiscrezioni hanno fatto muovere ovviamente i titoli delle società interessate. Essendo la partita finanziaria che si sta giocando sul futuro del Leone di Trieste tra le più importanti degli ultimi anni, Il Foglio ha pubblicato già nell’edizione dell’altroieri, mercoledì 19 gennaio, un articolo dal titolo indicativo:

“Su Generali, il mercato è vivo. Lo è anche la Consob?”.

Cosa fa la Consob, la Commissione di controllo sulle società e la borsa presieduta da Paolo Savona? E l’Ivass, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni presieduto dal direttore generale della Banca d’Italia Luigi Signorini? I due guardiani delle regole assistono silenti a bordo campo mentre è in corso la più importante partita finanziria degli ultimi anni la cui posta in gioco non è altro che le Assicurazioni Generali, ovvero il “portafoglio degli italiani”.

Il Foglio aveva ricordato il commento pubblicato da Il Sole 24 Ore: “Ivass e Consob ancora latitanti”, facendo notare come le questioni importanti fossero due:

la legittimità della procedura adottata dai vertici delle Generali per la nomina del nuovo consiglio di amministrazione e la natura del patto stipulato per l’appunto dai pattisti Del Vecchio-Caltagirone e Fondazione che ora, dopo le dimissioni di Caltagirone e di Bardin dal Consiglio, potrebbero lanciare anche una scalata all’ombra arrivando fino al 19,9%, in questo modo superando la quota detenuta da Mediobanca. Lo stesso Caltagirone, veniva riportato, ha già sollecitato la Consob in merito alla legittimità della procedura adottata dai vertuci delle Generali per la nomina del nuovo cda e sulla scelta anche di Mediobanca di ricorrere al prestito titoli per far salire la propria partecipazione nel Leone a oltre il 17%.

Generali, Il Foglio: Così Savona tiene in ostaggio la Consob

La Consob finora non si è espressa in modo chiaro e i dubbi sulla sua posizione di mera spettatrice sono stati rinfocolati nella giornata di ieri, giovedì 20 gennaio, da un altro articolo, sempre de Il Foglio:

Non solo Generali. Così Paolo Savona tiene in ostaggio la Consob.

“L’umore del numero uno (Savona) è diventato – progressivamente – sempre più mutevole – si legge nell’articolo – E quindi sempre meno decifrabile. Cosa pericolosa se si guida l’autorità che sorveglia il mercato e tutela gli investitori, difende la trasparenza del mercato, punisce gli abusi. Un ruolo che impone mano ferma: barra dritta nelle decisioni, capacità di convincimento, forte appoggio sulle norme del diritto, raggiungimento dell’unanimità nelle decisioni collegiali. Paolo Savona pare non possederla, o perlomeno averla al momento smarrita. Il che rappresenta un problema per la Consob. Soprattutto adesso che l’Autorità che dirige deve scendere in campo per arbitrare la più importante partita della finanza italiana, quel crocevia dove adesso si incrociano le strade del sangue blu di Generali e Mediobanca e di quello di più fresca generazione (ma di solida e personale ricchezza) di Francesco Gaetano Caltagirone e di Leonardo Del Vecchio”.

Di qui, la reazione su Twitter e Facebook da parte del diretto interessato.

Savona e la frase sulla dittatura. Renzi: deve andare a casa stasera

Partita Generali a parte, l’ultima polemica su Paolo Savona era esplosa riguardo al dossier Bper-Popolare di Sondrio – ben prima che Bper presentasse una manifestazione di interesse per la banca ligure Carige, poi accettata. Savona si era espresso rispondendo al Comitato per l’autonomia e l’indipendenza della Popolare di Sondrio, che gli aveva chiesto un parere sulla situazione dell’istituto. Il messaggio di Savona avrebbe dovuto rimanere privato, ma era finito per essere pubblicato sul sito del Comitato, creando subito non pochi malumori all’interno della Consob.

Così Savona aveva risposto:

“Quando la qualità che tu invochi si disgiunge dalla quantità (il voto), la democrazia entra in crisi ed emergono i sintomi latenti della dittatura, come quella nella quale viviamo ai giorni nostri. Non credo di doverti spiegare il concetto”.

Immediata era stata in particolare la reazione del leader di Italia Viva Matteo Renzi che aveva chiesto subito le dimissioni di Savona dalla Consob:

“Il presidente di una autorità della Repubblica italiana – aveva detto l’ex presidente del Consiglio – che non è la repubblica delle banane, non dice quelle cose. Dire quello che lui ha detto sulla dittatura, mi porta a chiedere le dimissioni di Savona dalla Consob. È folle. Deve andare a casa stasera. È una ferita per le istituzioni italiane”.

Un commento era stato rilasciato sul caso anche dal presidente della commissione Finanze della Camera, Luigi Marattin:

“Tutti parlano di dittatura. Savona, il cui compito è difendere il mercato, in particolare lo dice per difendere il gruppo dirigente di una banca quotata che (dopo 6 anni di ricorsi falliti in Italia e in Europa) non si rassegna né al mercato né alla legge”.

Tornando alla partita su Generali, la Repubblica riporta oggi che “il collegio Consob ha intanto esaminato, per il secondo giorno, le proposte inoltrate dagli operatori a dicembre sul tema (circa 15 tra associazioni di categoria, studi legali e società quotate). “La riunione è durata molte ore, in un clima relativamente disteso, pare. I cinque commissari proseguiranno il confronto, con discreta probabilità di ultimarlo e produrre l’attesa comunicazione al mercato”. La questione è che le aspettative non sono molto alte, visto che “diverse fonti prevedono che la raccomandazione Consob, quando uscirà, muterà poco rispetto alla bozza di ‘richiamo’ diffusa il 2 dicembre, contenente una serie di paletti ai fautori delle ‘liste del cda’ Paletti che Generali già rispettava o ha frattanto adeguato”.

Intanto sulla pagina Facebook di Paolo Savona c’è chi, in tempi di elezioni presidenziali, corsa al Colle e incognita Draghi, manifesta il desiderio di vedere il numero uno della Consob presto nelle vesti di presidente della Repubblica.

Su Twitter i toni sono più polemici, come nel caso di Simone Minarelli @Pucce:

“Se il Presidente è in scacco non deve fare altro che dimettersi… non mi dica che alla sua età non trovi il coraggio”.

Giorgio Bramati @GiorgioBramati chiede a Savona: “Innovazione è parlare solo di crypto come nei suoi ultimi interventi?”

E Fernando Ferretti @fernandoferret7 sottolinea “Savona appartiene all’ampia schiera dei sopravvalutati. Si dimetta e lasci il posto a chi è capace”.