Panico a Wall Street, tonfo storico per Apple. Chi non paga dazio è Warren Buffett (vi spieghiamo perché)

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Mai così male dallo scoppio della pandemia Covid-19 cinque anni fa. L’effetto dei dazi reciproci annunciati il 2 aprile da Donald Trump ha mandato in tilt i mercati con l’emergere di forti timori che gli Stati Uniti si trovino a fronteggiare già quest’anno una recessione abbinata a un’impennata dell’inflazione.
Per Wall Street peggior giornata dal marzo 2020
Quella di ieri è stata una giornata da panic selling per tutte le Borse mondiali con Wall Street che è stata la più martoriata dalle vendite. Il Nasdaq Composite è stato l’indice della Borsa di New York più penalizzato con un calo in chiusura di quasi il 6%. L’S&P 500 è sceso del 4,84% mandando in fumo 2.500 miliardi di dollari di valore di mercato, mentre il Dow Jones Industrial Average è crollato del 4% circa con un calo in termini assoluti di 1.700 punti, il quinto peggiore della sua storia.
Stando a quanto riporta il Wall Street Journal, si stima che complessivamente ieri l’azionario statunitense abbia dilapidato 3.100 miliardi di market cap, la seconda peggiore perdita in termini assoluti di sempre dietro solo a quella del 16 marzo 2020 (considerando i dati disponibili dal 2001 in avanti).
E’ panico da recessione, l’alert di JpMorgan
Dazi fanno rima con recessione. E’ il leitmotiv del giorno dopo l’annuncio shock di Trump. I dazi “aumentano significativamente i rischi di una recessione negli Stati Uniti”, afferma l’agenzia di rating Fitch che vede le politiche commerciali introdotte da Trump tradursi in più alti prezzi al consumo e utili societari più bassi. JpMorgan a sua volta afferma in una nota diffusa ieri che i dazi cosiddetti reciproci rischiano di portare l’economia Usa pericolosamente vicina allo scivolamento in recessione. I dazi trumpiani equivalgono a un aumento delle tasse per gli americani di 660 miliardi di dollari all’anno, ossia il più grande aumento delle tasse dal 1968. L’economista della banca americana, Michael Feroli, avverte che l’effetto sull’inflazione potrebbe essere di un 1,5% in più per l’indice Pce core, l’indicatore di inflazione preferito dalla Federal Reserve.
Ieri intanto il presidente Trump ha minimizzato la reazione del mercato alle sue mosse sui dazi, affermando che l’implementazione sta “andando molto bene” e lasciando intendere di essere aperto a offerte “fenomenali” da parte dei paesi colpiti per ridurre le tariffe che entreranno in vigore la prossima settimana. “I dazi ci danno un grande potere di negoziazione”, ha detto Trump, aggiungendo che “ogni paese ci ha chiamato”. Alla domanda se ciò significasse che stava considerando di cedere, Trump ha risposto: “dipende”.
Apple brucia da sola 300 miliardi, ecco perché
Tra i singoli titoli spicca il calo di oltre il 9% di Apple che ha guidato il tracollo del cosiddetto gruppo dei “Magnifici Sette”, con un calo di oltre il 9%, il suo peggior calo dal 2020 con oltre 300 miliardi di dollari di valore di mercato andati in fumo. Il produttore degli iPhone è tra i più sensibili ai dazi annunciati da Trump in quanto realizza i suoi dispositivi in Cina e in altri paesi asiatici su cui Trump ha annunciato tariffe decisamente alte.
Cupertino realizza i suoi prodotti di punta in stabilimenti cinesi con Foxconn che produce iPhone, iPad, Mac, AirPods e altri dispositivi hardware che Apple ha venduto ai consumatori in tutto il mondo, molti dei quali negli Stati Uniti. Apple ha diversificato la sua catena di fornitura in varie parti del mondo, tra cui Vietnam, India e Stati Uniti, ma “i cuori e i polmoni della catena di fornitura Apple sono cementati in Asia”, argomenta Dan Ives di Wedbush che stima che la stragrande maggioranza della produzione di iPhone provenga dalla Cina, oltre il 50% dei prodotti Mac e il 75%-80% degli iPad.
Apple ha annunciato a febbraio un investimento di 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti, ma l’analista di Wedbush stima che che ci vorrebbero 3 anni e 30 miliardi di dollari per spostare anche solo il 10% della sua catena di fornitura dall’Asia agli Stati Uniti con una grande interruzione nel processo.
Magnifiche Sette zavorrano la Borsa di NY
Anche Meta Platforms e Amazon hanno lasciato sul terreno quasi il 9%, mentre Nvidia – che costruisce i suoi nuovi chip a Taiwan e si affida al Messico per l’assemblaggio dei suoi sistemi di intelligenza artificiale – è scesa di quasi l′8%. Chi ha invece contenuto le perdite è Microsoft a circa -2%.
ieri il mercato ha punito maggiormente i listini azionari Usa proprio in virtù del fatto che “le Magnifiche 7, il cui peso nell’indice S&P 500 è circa il 30%, sono le aziende il cui fatturato è più esposto al rischio di politiche commerciali avverse e alla crescita globale”, sottolineano gli esperti di Ersel Banca Privata.
Chi non piange è Warren Buffett
Tra i colossi di Wall Street si conferma la natura difensiva di Berkshire Hathaway (-1,4% le azioni classe B e -1,5% quelle classe A) “In giornate come oggi (ieri per chi legge, ndr), un terzo della capitalizzazione di mercato in Treasury è una bella sensazione”, afferma Christopher Davis di Hudson Value Partners. Il riferimento è al fatto che il conglomerato di Warren Buffett ha una liquidità record (334,2 miliardi di dollari a fine 2024) investita in titoli di Stato Usa e che risulta pari a circa un terzo del valore di mercato del titolo (1,14 trilioni di dollari). Già nei precedenti scossi ribassisti registratisi nelle ultime settimane il titolo Berkshire si era mostrato molto resiliente. Addirittura Berkshire vanta un saldo da inizio anno di quasi +17% rispetto al -8% Ytd dell’S&P 500.
Ieri il risk off sui mercati ha innescato gli acquisti sui Treasury Usa con il rendimento del titolo a due anni sceso sotto il 4% per la prima volta dall’ottobre scorso. I timori recessivi hanno alimentato le attese di una Federal Reserve più attiva nel tagliare i tassi nei prossimi mesi anche se dovrà affrontare il dilemma di un possibile scenario di debole crescita abbinata a inflazione crescente a causa degli effetti dei dazi.
Tornando Berkshire Hathaway, la società dell’oracolo di Omaha beneficia anche della stabilità dovuta alla sua esposizione al settore assicurativo che risulta poco impattato dalla guerra commerciale. L’indice assicurativo KBW è sceso del 2,7% ieri. Non va però dimenticato che tra la maggiore partecipazione detenuta da Buffett è nel titolo Apple (anche se negli ultimi anni ha progressivamente alleggerito la sua esposizione).