Panico Bitcoin, BTCChina dice stop al trading: crash -35%, secondo mercato cinese chiude battenti
Crash del Bitcoin in Cina nelle piattaforme locali di BTCChina fino a -35%, dopo l’arrivo di una notizia che tramortisce trader e investitori.
Pochi giorni dopo la bocciatura del Bitcoin da parte di Jamie Dimon, numero uno di JP Morgan – che ha parlato di una bolla peggiore a quella dei tulipani, e anche di “frode” – i prezzi della criptovaluta scambiati in Cina e denominati in yuan vengono abbattuti da forti vendite, scendendo da 25.000 yuan al minimo di 16.000 yuan sulle piattaforme di BTCChina e perdendo fino a 20.000 yuan nella piattaforma OKCoin.
Panico completo, dopo che il secondo mercato più grande in Cina della moneta virtuale, BTCChina per l’appunto, ha confermato che porrà fine a tutte le operazioni di trading a partire dal prossimo 30 settembre.
In poche parole, il mercato chiuderà i battenti entro il mese di ottobre.
In un comunicato stampa, BTCChina ha riferito che interromperà tutte le richieste di nuovi account a partire dalla giornata di domani, 15 settembre. Intanto il co-fondatore Bobby Lee ha tenuto a precisare a Reuters che la decisione non avrà nessun impatto sulle operazioni di trading che avvengono in un’altra piattaforma internazionale che la società gestisce.
La decisione è stata presa, si legge nella nota, dopo aver “attentamente considerato” l’annuncio del 4 settembre scorso, con cui le autorità di regolamentazione cinesi hanno confermato la loro intenzione di agire per contrastare e prevenire i rischi legati alla raccolta di fondi in Bitcoin.
Vendite anche sul mercato americano Bitstamp, dove i prezzi del Bitcoin scivolano di oltre il 6% a $3.632, in deciso ribasso rispetto al record storico, testato appena lo scorso 2 settembre, vicino a quota $5.000.
Le portavoci di OkCoin e Huobi, fino a oggi principali rivali di BTCChina nell’offrire piattaforme di scambio per il Bitcoin, hanno evitato di riferire se per caso anch’esse si stiano apprestando a fare la stessa scelta.
Huobi ha aggiunto di non aver ricevuto alcuna chiara direttiva dalle autorità competenti.