Oro: le banche centrali lo comprano a piene mani. Fin dove si spingeranno i prezzi?

Fonte immagine: iStock
L’oro, bene rifugio per eccellenza, in questi ultimi mesi ha raggiunto valutazioni mai viste prima. Nella giornata di oggi le quotazioni mostrano modesti rialzo, ma è ancora “fresco” nella mente degli investitori il massimo storico raggiunto il 13 giugno 2025 quando il Lingotto era arrivato a circa 3.450 dollari.
Dal 2020 i prezzi sono più che raddoppiati, e anche gli acquisti di oro fisico da parte delle banche centrali hanno contribuito in modo significativo all’aumento del prezzo del metallo giallo.
Le banche centrali sempre più interessate
La corsa all’oro da parte delle banche centrali non si ferma. Lo mette in evidenza l’ultimo report firmato dal World Gold Council, secondo il quale numerose banche centrali del mondo (76% rispetto al 69% dello scorso anno) hanno rafforzato e continueranno a rafforzare le proprie riserve d’oro. Tutto questo riducendo al contempo la dipendenza dal dollaro: quasi tre quarti degli intervistati prevedono che le riserve in dollari delle banche centrali diminuiranno nei prossimi cinque anni.
“La performance dell’oro in periodi di crisi, la diversificazione del portafoglio e la copertura dall’inflazione sono alcuni dei temi chiave che guidano i piani di accumulare più oro nel prossimo anno”, ha dichiarato il Wgc in un comunicato.
Nel 2024, le banche centrali hanno acquistato 1.045 tonnellate d’oro, pari a circa un quinto della domanda globale. Questo è il terzo anno consecutivo in cui hanno accumulato oltre mille tonnellate, un netto aumento rispetto alla media di 400-500 tonnellate del decennio precedente. Un’accelerazione avvenuta in un contesto di crescente tensione geopolitica e incertezza economica, afferma il Wgc.
Non solo, ma sempre secondo le rilevazioni del Wgc, il 95% delle banche centrali prevedono un ulteriore aumento delle riserve auree nei prossimi 12 mesi. Al contrario, circa due su tre (il 73%) si aspettano una riduzione “moderata o significativa” delle riserve denominate in dollari entro il 2030.
L’oro crescerà ancora?
Tutti segnali che mostrano come l’oro continui a rappresentare un elemento chiave negli investimenti, non solo per gli investitori ma anche per le banche centrali.
Gli eventi in Medio Oriente e in Ucraina dimostrano come il mondo sia entrato in una fase geopolitica completamente nuova, come dimostra il graduale ritiro degli Stati Uniti dal loro ruolo di gendarme mondiale. Per Peter Kinsella, global head of forex strategy di Ubp, questo significa che “possiamo aspettarci conflitti sempre più frequenti, con conseguenti rischi al rialzo per l’oro”. Le banche aumenteranno negli anni le loro riserve di oro nel prossimo decennio, alla ricerca di asset alternativi per le loro riserve valutarie.
Oltre alle tensioni in Medio Oriente, anche l’inflazione elevata è un traino per i prezzi dell’oro. “Notiamo che il rapporto debito/Pil dei mercati sviluppati è incredibilmente elevato, e questo rende l’oro un asset sempre più interessante dal punto di vista della diversificazione del rischio”, spiega Kinsella.
“Infine, qualsiasi mossa verso un riassetto monetario – come gli Accordi del Plaza del 1985 – comporterà significativi rischi al rialzo per l’oro. Riteniamo che il dollaro continuerà probabilmente il suo recente trend di deprezzamento, il che dovrebbe incrementare i rischi al rialzo per il metallo giallo. In conclusione, il mercato rialzista secolare dell’oro è destinato a continuare nei prossimi anni ed è un buon momento per investire in oro“.
“Abbiamo una posizione molto costruttiva sull’oro, che dovrebbe salire verso i circa 4.000 dollari l’oncia nel 2026“, afferma Kinsella spiegando che le previsioni di un aumento dei prezzi riflettono diversi fattori:
- tendenze inflazionistiche più elevate nel post-pandemia
- robusta domanda da parte delle banche centrali
- elevati rischi geopolitici
- crescenti preoccupazioni riguardo al profilo del debito dei mercati sviluppati
- valutazioni basse dell’oro rispetto alla ricchezza globale totale
- potenziali riassetti monetari e deprezzamento del dollaro.