News Notizie Italia Oro: l’effervescenza del metallo giallo

Oro: l’effervescenza del metallo giallo

Pubblicato 18 Ottobre 2005 Aggiornato 19 Luglio 2022 12:54
L'oro, la reliquia barbara di John Maynard Keynes, ha riconquistato posizioni sulle prime pagine dei giornali. Non è la prima volta che le quotazioni raggiungono i livelli toccati nel gennaio del 1988. E probabilmente non sarà neanche l'ultima. A dispetto della sua forza e dell'enfasi data dai media al trend rialzista seguito dalle quotazioni del metallo giallo, sarà bene ricordare che il rialzo degli ultimi anni non può essere paragonato alla speculazione che si abbatté sui mercati negli anni Settanta. Dopo la crisi petrolifera del 1973, i future sull'oro lambirono gli 873 dollari l'oncia, quasi il doppio dei 480 dollari della chiusura di venerdì 14 ottobre.

Tuttavia, l'attuale trend seguito dal prezzo del metallo giallo non sembra trovare una spiegazione meramente congiunturale. L'oro ha vissuto una fase rialzista durante la maggior parte degli ultimi 17 anni. In momenti di incertezza economica, l'oro continua ad essere lo strumento finanziario preferito da numerosi investitori istituzionali. La maggior parte degli esperti concorda sulle chance rialziste del metallo giallo in presenza di un contesto caratterizzato da una ripresa dell'inflazione, dei tassi di interesse e dei prezzi dell'energia. Inoltre, quando le divise si debilitano, gli speculatori e le banche centrali acquistano rapidamente oro per coprire le riserve (denominate per lo più in dollari Usa).

Vi è però un gruppo di analisti che diffida delle prospettive delineate nelle righe precedenti. Secondo questo gruppo di esperti, non c'è pericolo che si scateni una vendita massiccia di bond. La scorsa settimana, Alan Greenspan ha sostenuto che l'economia Usa è sufficientemente flessibile per assorbire le fluttuazioni dei prezzi dell'energia. Gli addetti ai lavori hanno interpretato così il suo messaggio: l'economia Usa è in grado di digerire ulteriori rialzi dei tassi di interesse. E neanche la correlazione negativa del prezzo dell'oro rispetto all'incremento del costo del denaro riesce a spiegare i recenti rialzi del metallo giallo. Dal 1998, i prezzi del metallo giallo sono cresciuti seguendo un percorso indipendente rispetto a quello tracciato dai tassi di interesse a breve termine. Mentre i tassi euro/ dollaro sono caduti dal 5,75% all'1,25% tra il gennaio del 2001 e giugno 2003, i future sull'oro hanno sperimentato un'impennata dai 260 dollari ai 340 dollari. E da quando i tassi di interesse Usa a breve termine sono cresciuti dall'1,25% al 4,40%, i prezzi del metallo giallo hanno continuato a seguire il trend rialzista.

La tesi del 'valore rifugio' è un altro argomento utilizzato per spiegare l'andamento dell'oro. Secondo il World Gold Council, l'oro tende a muoversi in modo indipendente sia da altre forme di investimento sia dalle oscillazioni seguite dagli indicatori economici chiave. In altre parole, l'oro non ingloba lo stesso tipo di rischio insito nei bond e nelle azioni. Dal 1988, l'oro ha registrato in media una correlazione nulla o leggermente negativa rispetto all'andamento dei principali indici azionari ( per esempio, una correlazione di -0,18% rispetto al Cac 40 di Parigi e di -0,15% nei confronti dello Standard and Poor's 500).

Le ragioni che hanno pilotato al rialzo i prezzi del petrolio non hanno niente a che vedere con l'inflazione e i mercati azionari. D'altronde, è bene ricordare che gli altri metalli preziosi (platino e rame in testa) stanno attraversando seri problemi di offerta. La scorsa settimana, il platino ha toccato i massimi degli ultimi 25 anni (con l'oncia che ha raggiunto i 944,50 dollari). Nel caso del platino, gli analisti non hanno chiamato in causa l'inflazione per spiegare il balzo delle quotazioni. Il platino accusa problemi di approvvigionamento ( e l'oro lo segue a ruota). Per esempio, la Anglo Platinum, il maggiore produttore al mondo di platino, ha rivisto al ribasso le sue previsioni per il 2005 ( fatto che potrebbe causare un deficit dell'offerta per il settimo anno consecutivo). Anche il rame si sta confrontando con problemi di offerta causati da un declino degli inventari e dalla chiusura di alcuni stabilimenti (Asarco LLC in Arizona, Glencore International e First Quantum Minerals Muful nello Zambia). Mentre gli inventari del London Metal Exchange hanno fatto registrare un calo del 15%, la Cina, il maggiore consumatore di rame al mondo, ha accresciuto i propri consumi del 15% negli ultimi sette mesi. La quotazione del future sul rame ha così raggiunto i 1.838 dollari (il 37% in più rispetto agli inizi dell'anno).

I fondi comuni di investimento specializzati negli investimenti in metalli preziosi hanno offerto un rendimento medio del 20,2% dall'inizio dell'anno in corso. A cura di www.fondionline.it