Notizie Notizie Italia Ops Bpm al via tra mille dubbi, Unicredit medita la rinuncia. Ecco i possibili scenari

Ops Bpm al via tra mille dubbi, Unicredit medita la rinuncia. Ecco i possibili scenari

28 Aprile 2025 09:28

Prende ufficialmente il via oggi l’offerta pubblica di scambio (Ops) lanciata da UniCredit su Banco Bpm. Un’operazione annunciata lo scorso novembre e che in questi mesi ha visto diversi colpi di scena e che ad oggi risulta a rischio con la banca guidata da Andrea Orcel che potrebbe anche decidere di ritirare l’offerta a Ops in corso. A complicare i piani di Unicredit è stato prima il no della Bce all’applicazione del Danish Compromise all’Opa di Bpm su Anima e poi l’intervento del governo Meloni, che ha esercitato i poteri speciali previsti dal golden power, imponendo paletti stringenti che potrebbero costare caro a Unicredit in termini strategici e anche di minori sinergie.

Offerta al via, Orcel punta ai due terzi di Piazza Meda

L’offerta riguarda massime 1.515.182.126 azioni ordinarie di Banco Bpm e sarà valida per quasi due mesi, fino al 23 giugno. Il giorno 23 giugno rappresenterà, pertanto, salvo proroghe del periodo di adesione in conformità alla normativa applicabile, la data di chiusura dell’Ops.

Per ciascuna azione di Bpm portata in adesione all’Offerta, UniCredit mette sul piatto un corrispettivo unitario rappresentato da 0,175 azioni ordinarie di UniCredit di nuova emissione.

Tra le condizioni di efficacia dell’offerta c’è l’arrivo a una partecipazione pari ad almeno il 66,67% del capitale di Banco Bpm. UniCredit, tuttavia, si riserva di rinunciare parzialmente a tale condizione di efficacia, purché la partecipazione sia comunque almeno pari al 50% del capitale sociale più 1 azione dell’emittente (soglia, quest’ultima, non rinunciabile).

Nozze con Bpm porterebbero Unicredit a insidiare trono di Intesa in Italia

Con l’operazione Bpm l’istituto di piazza Gae Aulenti intende rafforzare la propria posizione di numero due in Italia avvicinandosi a Intesa Sanpaolo. Ad oggi Intesa Sanpaolo controlla il 21%. del mercato, Unicredit è seconda ma molto staccata al 9%. L’unione Unicredit più Bpm permetterebbe al gruppo guidato da Andrea Orcel di salire al 16% di quota in Italia con un’esposizione di rilievo nelle regioni più ricche del paese.

Sinergie messe in dubbio da paletti governo

Unicredit, al momento dell’annuncio dell’offerta lo scorso novembre, ha quantificato in circa 2 miliardi le spese di integrazione nel corso del primo anno e la maggior parte delle sinergie per 1,2 miliardi annui realizzate entro 24 mesi. UniCredit nel dettaglio prevede un accrescimento dell’utile per azione per una percentuale high single digit entro due anni dalla conclusione dell’offerta di scambio, incorporando le sinergie di ricavi e di costi a regime. La redditività del gruppo combinato beneficerà di sinergie di costo stimate in circa 900 milioni all’anno a regime (pari a circa il 14% della base di costo italiana del gruppo combinato al 2023), da realizzare attraverso misure volte a migliorare la redditività del gruppo combinato, efficienza operativa, anche attraverso programmi di formazione e riqualificazione. Ciò si aggiunge alle sinergie di ricavo stimate in circa 300 milioni all’anno, da ottenere rafforzando l’offerta di prodotti e servizi, integrando pienamente le fabbriche prodotto di Banco Bpm e migliorando la tecnologia.

Sinergie che potrebbero essere depotenziate dai paletti imposti dal governo, ossia l’obbligo per UniCredit di cessare le attività in Russia entro nove mesi, quello di mantenere un rapporto prestiti/depositi elevato per cinque anni e infine preservare gli investimenti in Anima. JP Morgan stimato possibili minori sinergie sui ricavi per 100 milioni di euro derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi, 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 900 milioni e 47 punti base di impatto Cet1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale.

Il rischio di un passo indietro

UniCredit ha espresso preoccupazione per le prescrizioni arrivate dal governo e ha formalmente risposto al decreto governativo. Come già più volte paventato anche relativamente alla questione ‘sconto danese’, Unicredit ha la facoltà di fare un passo indietro con la rinuncia all’Ops che può essere decisa anche dopo la chiusura dell’offerta (fino al 30 giugno, giorno prima della data di pagamento fissata per il primo luglio).

Passo indietro che aprirebbe altri possibili scenari di risiko, a partire dal terzo polo Mps-Bpm sponsorizzato dal governo a cui si potrebbe aggiungere Mediobanca (su cui Mps ha lanciato un’Ops).

Invece per un possibile rilancio, ad oggi poco probabile, l’ultimo giorno disponibile è il 21 giugno).

Il timore che l’operazione tramonti è concreto in quanto le prescrizioni rendono complessivamente meno attraente l’operazione “rallentando la realizzazione delle sinergie attese (stimate in circa 1,2 mld in 3 anni) e incidendo sulla posizione patrimoniale della combined entity, già penalizzata dall’impossibilità di applicare il Danish Compromise su Anima”, rimarcano gli esperti di Equita. Inoltre, le limitazioni su project financing e loan/deposit ratio ridurrebbero ulteriormente le leve di ottimizzazione del capitale, con un CET1 stimato per la combined entity attorno al 13% (da circa 13,5%).

Da verificare è anche quello che farà Credit Agricole. I francesi sono primo azionista di Bpm con il 19,8% (quota raddoppiata nei mesi scorsi). Agricole ha ribadito che non intende lanciare una controfferta sull’istituto milanese, ma in questi mesi i colloqui con Unicredit sono stati difficoltosi con i transalpini che hanno un doppio interesse in quanto con la controllata Amundi sono partner di Unicredit con un accordo di distribuzione in scadenza nel 2027.