L’Irlanda appende fuori il cartello vendesi sulle banche del paese. La soluzione migliore per molti istituti irlandesi in difficoltà è trovare un acquirente estero e le banche “per quanto mi riguarda sono in vendita”. Non è un boutade dell’ultima ora, ma l’annuncio scandito a chiare lettere da Patrick Honohan, governatore della Banca centrale d’Irlanda nonché membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea, che ha spiegato che i costi di un rafforzamento del capitale bancario ben oltre i limiti minimi richiesti rischia di essere troppo costoso.
Oggi i principali istituti irlandesi coinvolti dalla crisi fanno registrare perdite fino al 22 per cento. Secondo gli analisti Allied Irish Banks e Bank of Ireland avranno bisogno di una iniezione di liquidità di almeno 2,5 miliardi di euro per riportare al 10 per cento il loro rapporto Tier 1. In attesa di conoscere le contromisure che assumerà il governo irlandese, i timori si trasformano in paura in Borsa. Dublino perde il 2,12%, con il settore del credito ormai nel panico: Bank of Ireland perde il 17,74%, Allied Irish bank il 14,22% e il contagia sul settore europeo va in onda. Deboli i titoli inglesi del comparto: Barclays è in calo del 2,83%, Lloyds del 2,17%. Male anche la spagnola Bbva (-2,30%), con Intesa SanPaolo a Milano in calo dell’1,23%, mentre Unicredit segna una limatura limitata allo 0,12%.
Si allungano di nuovo le ombre sulla tenuta dell’economia dell’ex tigre celtica, mentre non è ancora noto l’ammontare dell’assegno che Ue e Fmi si preparano a staccare ma solo come saranno ripartiti i fondi del pacchetto di salvataggio. Quel che invece è noto è che parte dei fondi saranno destinati al sistema bancario e parte saranno versati anche nelle casse dello Stato irlandese appesantite da un deficit del 32%, che sarebbe del 12% se non ci fosse stata l’emoraggia di fondi diretta a scongiurare la bancarotta degli istituti di credito.
La sola Anglo-Irish Bank avrà bisogno di un prestito compreso tra i 29 e i 34 miliardi di euro, a seconda della gravità della situazione. Allied Irish necessiterà di ulteriori tre miliardi di euro entro fine anno, che si andranno ad aggiungere ai 7,4 miliardi già stimati come necessari per la ricapitalizzazione dell’istituto di credito. Irish Nationwide Building Society avrà bisogno di altri 2,7 miliardi di euro per continuare ad operare.
Bank of Ireland, in cui il governo controlla il 36%, è l’unica banca che non ha bisogno di una ulteriore iniezione di liquidità e il mese scorso è riuscita a piazzare sul mercato titoli per 750 milioni di euro. Dublino continua ad accumulare debiti nel tentativo di tamponare il boom di mutui in sofferenza. Questa emoraggia di prestiti che ha travolto le banche irlandesi ha aperto una voragine nei conti dello Stato. Con una deriva molto pericolosa: quello di una nuova crisi sistemica sulle banche del Vecchio Continente.
In un report recente Nick Matthews di Rbs ha calcolato che tra il 24 settembre e il 29 ottobre il finanziamento delle banche irlandesi al bancomat della Bce è schizzato da 119 miliardi a 130. E alla fine di ottobre, quasi il 25% dei fondi prestati dall’Eurotower alle istituzioni europee era assorbito da Dublino. Ma la Banca centrale europea non è l’unico finanziatore dell’Irlanda. I Paesi con la più alta esposizione sul settore bancario irlandese sono la Germania con 46 miliardi di dollari, la Gran Bretagna con 42,3 miliardi, gli Stati Uniti con 24,6, la Francia con 21,1 miliardi, l’Italia con 3,6 miliardi e la Spagna con 2,5 miliardi, secondo i dati della Bri alla fine del primo trimestre 2010. I sistemi finanziari di questi paesi europei insieme agli Stati Uniti sono esposti per oltre 400 miliardi di dollari su quello dell’Irlanda. Quanto basta per capire che siamo tutti seduti su una bomba ad orologeria.