Non solo lo Yen dietro la caduta dei listini azionari
Si annuncia la quinta seduta consecutiva in profondo rosso sui mercati azionari europei dopo la peggiore settimana dall’11 settembre 2001. Sul banco degli imputati vi è l’andamento dello Yen, salito nella notte ai livelli massimi degli ultimi tre mesi sia contro dollaro che contro euro, rispettivamente a 115,4 e 151,77.
L’apprezzamento della divisa nipponica appare però conseguenza più che causa della minore voglia di azionario degli investitori e del loro allontanamento dagli asset considerati più rischiosi. “Lo yen si è rafforzato perché il crollo delle borse asiatiche nel corso della nottata ha favorito il proseguimento delle chiusure di posizioni di carry trade con conseguenti forti afflussi in acquisto della valuta nipponica”, spiegano gli analisti di Mps Finance nella loro nota giornaliera. Un movimento accentuato da un ulteriore fattore, conosciuto dal mercato lo scorso venerdì: “A influenzare il movimento – spiegano infatti gli stessi analisti – potrebbe aver contribuito l’annuncio da parte del Chicago Mercantile Exchange che aumenterà il margine minimo richiesto del 25% sulle operazioni in future sullo Yen a causa dell’alta volatilità”.
E che l’attenzione degli operatori sia concentrata sul rischio più che sull’effetto del super yen lo dimostra anche quanto riferito da un operatore estero sentito da Finanza.com: “Sul mercato dei Cds (Credit Default Swap, mercati che prezzano il rischio di default di Stati e società e che provvedono a far pagare dei premi a chiunque voglia assicurarsi dal rischio di default di alcune emissioni obbligazionarie) i prezzi per Cds collegati ai bond emessi dalle maggiori banche di investimento questa settimana hanno cominciato a tradare a livelli che eguagliano le emissioni fatte dalle società con rating Baa2. Per Goldman, Morgan Stanley e Merril Lynch ciò vuol dire ben 5 livelli più sotto del loro attuale rating Aa3 sulle loro emissioni ‘senior’ e solamente 2 livelli sopra il non-investment grade, appunto il junk”. Una circostanza tale da segnalare un’impennata della percezione del rischio. Coprirsi su emissioni obbligazionarie di società solide costa infatti di meno che non quelle di titoli/società traballanti, perchè per le prime si stimano minori probabilità di fallimento/default. “Non so se chi prezza questi Credit Default Swap sia troppo pessimista o realista, ma mi limito a constatare che i trader di Credit Derivatives (derivati sul credito) sono molto più allarmati degli investitori in bond e in azioni, le quali – se prezzassero coerentemente con le aspettative del Cds market – dovrebbero essere già collassate. Se ci avranno visto bene i trader dei Cds – conclude l’operatore – dovremmo aspettarci ancora discese che faranno sembrare cali minimali quelli dei giorni appena passati, viceversa è molto facile che i prezzi dei CDS torneranno a scendere e che la paura di foschi scenari non venga più prezzata neanche nei derivati di credito”.
La prossima importante area di supporto del cross dollaro yen è identificata a 115, mentre nei confronti dell’euro si trova in prossimità dell’area intorno a 151 (dove passano le medie mobili a 200 giorni). Nel corso della settimana le possibilità di avere informazioni aggiornate sulla situazione dell’economia negli Stati Uniti, altro elemento di timore per i mercati azionari, verranno da un nuovo discorso del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, e da quelli di altri membri della Fed quali Poole, Kroszner, Plosser, Warsh, Bies, Moskow. “Se la Fed volesse segnalare qualche cambiamento nella propria linea di analisi avrebbe molte occasioni – spiegano dall’ufficio studi di Intesa-Sanpaolo, segnalando tuttavia che – è probabile che si mantenga l’attuale atteggiamento di wait and see, basato su uno scenario centrale di crescita debole nella prima parte dell’anno seguita da una riaccelerazione, secondo la linea dei discorsi di questi giorni”.