Borse asiatiche ancora in caduta libera
Avvisi di burrasca giungono nuovamente dalle piazze finanziarie dell’area asiatica che non sono riuscite a fermare la caduta nella prima seduta dell’ottava. L’indice Nikkei a Tokyo ha chiuso con il maggiore ribasso di seduta dal giugno dello scorso anno, -3,34%, scendendo al di sotto della soglia psicologica dei 17.000 punti e attestandosi a quota 16.642, un segnale negativo particolarmente rilevante dal punto di vista dell’analisi tecnica. Ribasso di circa tre punti percentuali anche per la Borsa di Seoul mentre a Bombay il ribasso si è attestato oltre il 4% ai minimi da cinque mesi. Panorama più sereno a Shanghai dove l’indice Composite ha chiuso in calo dell’1,6% in recupero dai minimi toccati durante la seduta con perdite vicine al 4%.
Ancora lo yen in rafforzamento sulle principali valute mondiali è stata causa primaria delle vendite. La valuta asiatica si è portata su nuovi massimi a tre mesi. L’euro/yen è sotto quota 152 mentre il dollaro/yen si aggira intorno a 115 dopo aver toccato un minimo a 114. E’ proseguito quindi lo sgonfiamento del fenomeno dei carry trade e l’allontanamento dalle aree più speculative dell’investimento finanziario, anche in virtù dei rinnovati timori su un possibile marcato rallentamento dell’economia statunitense.
Le parole di Bernanke non sono state in grado di controbilanciare completamente l’allarme lanciato da Greenspan a una platea di investitori di Hong Kong sulla possibile recessione negli Stati Uniti entro un anno e nemmeno la distinzione, precisata dallo stesso ex presidente della Fed, tra i termini “probabile” e “possibile” ha fatto cambiare idea ai mercati, provenienti da otto mesi di salita ininterrotta. E se la Fed ha ribadito che lo scenario di crescita moderata disegnato nell’ultimo Monetary policy report rimane pienamente valido mentre i mercati finanziari stanno “funzionando bene”, i dati macroeconomici della scorsa settimana hanno segnato motori a velocità ridotta per la principale economia mondiale. Il possibile calo della domanda che ne deriverebbe a livello mondiale ha frenato anche le velleità rialziste del petrolio ritornato abbondantemente sotto la quota dei 62 dollari al barile.
L’attenzione è quindi concentrata non solo sull’andamento del rapporto di cambio dello yen contro l’euro e il dollaro ma anche sui dati macroeconomici che verranno resi noti questa settimana negli Stati Uniti, a cominciare dall’Ism non manifatturiero in uscita oggi e stimato in calo a 57,3 punti contro i 59 di gennaio. Produttività non agricola e ordini all’industria (domani), Beige book (mercoledì) e nuovi salariati non agricoli venerdì nonché diversi interventi di membri della Federal Reserve cercheranno di dare maggiore chiarezza a un quadro che si sta tramutando con troppa impulsività in panico.