Notizie Notizie Italia Non solo Iva. Privatizzazioni: il piano di Tria punta a mettere sul mercato parti di gioielli di Stato

Non solo Iva. Privatizzazioni: il piano di Tria punta a mettere sul mercato parti di gioielli di Stato

18 Aprile 2019 11:16

Il vicepremier Luigi Di Maio ribadisce quanto già detto diverse volte: “Per quanto mi riguarda l’Iva non può aumentare. L’ho garantito a marzo dell’anno scorso e l’Iva non è aumentata”.  Così oggi, a margine dell’assemblea di Unioncamere, il leader del M5S e ministro dello Sviluppo economico conferma ai giornalisti:

L’Iva non aumenterà, noi abbiamo tante proposte su questo. Spero che il ministro Tria sia stato frainteso. Deve essere chiara una cosa: c’è un contratto di governo, ma c’è prima di tutto il rispetto degli italiani. Noi non aumentiamo l’Iva per poi magari dire che abbiamo fatto la flat tax“. Una frecciatina al collega e altro vicepremier Matteo Salvini?

Il caso Iva, certo, è esploso. E a farlo esplodere sono state le parole proferite dal ministro dell’economia Giovanni Tria, nella giornata di ieri. Parole che hanno reso ancora più precaria la sua posizione, visti i malumori che hanno più volte caratterizzato i suoi rapporti soprattutto con il M5S di Di Maio.

Ma Tria si occupa di conti, ed è chiaro che i conti non tornano. E così, nel corso dell’ audizione davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato, il ministro ha dovuto ammettere, ieri, che lo scenario tendenziale del Def incorpora l’aumento dell’Iva e delle accise nel 2020 e nel 2021. Queste, per la precisione, le sue parole: “La legislazione in materia fiscale è confermata in attesa di definire nei prossimi mesi misure alternative” per disinnescare le clausole dell’Iva.

Immediata la ‘smentita’ arrivata dal vicepremier Di Maio e dal collega Matteo Salvini.

In serata, il ministro ha poi precisato a Porta a Porta, il programma di Bruno Vespa, che “l’obiettivo sarà evitare l’aumento dell’Iva, proseguire la riforma fiscale anche dell’Irpef”, nelle compatibilità degli obiettivi di finanza pubblica del Def, precisando che “si possono trovare i soldi ma sono allocati, la decisione di dove toglierli e dove metterli è politica”.

Il punto, il solito, è che sull’Italia pesa un debito-Pil a quota 132,8% secondo le ultime stime. E per il ministro “il debito pubblico è un problema da affrontare in modo serio”, “è una sfida e un vincolo, anche se,  “la finanza pubblica italiana non rappresenta un rischio per nessun paese in Europa e nel mondo” e “non abbiamo chiesto mai un euro”.

Detto questo, l’aggiustamento dei conti pubblici è fondamentale, anche per le ripercussioni che ha sulla fiducia e sullo spread. A tal proposito, “il livello dei tassi di interesse sui titoli di Stato è ancora troppo alto”.

Non solo Iva, capitolo privatizzazioni appare troppo ambizioso

A parte il caso Iva, Tria ha parlato comunque anche di altro, ovvero del programma di privatizzazioni concepito proprio per reperire quelle risorse di cui l’Italia ha bisogno per decurtare un debito pubblico che rimane troppo alto.

Il titolare del Tesoro ha detto che il programma prosegue,  precisando che le privatizzazioni mobiliari non metteranno comunque in discussione il controllo delle aziende pubbliche. Il piano di dismissioni, ha spiegato, si articola in due livelli: uno, immobiliare, che ha conseguenze sul deficit, e che prevede un target di incassi di circa 950 milioni di euro:

“Si sta lavorando in modo intenso – ha detto  –  Si tratta di un piano complesso e stiamo cercando accordi con gli enti locali per il cambio di destinazione d’uso degli immobili in questione coinvolgendo i comuni nell’incasso dei proventi”.

C’è poi un piano di privatizzazioni mobiliari, che ha conseguenze sul debito e che la legge di bilancio fissa per introiti pari all’1% del Pil (ovvero per un valore di 18 miliardi di euro).

“Valutiamo di mettere sul mercato parti di quanto detenuto dallo Stato senza mettere in discussione il controllo delle partecipate del settore pubblico, si stanno vedendo le possibilità”.

Occhio all’intervista rilasciata al Sussidiario.net da Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.

Alla domanda sulle stime dell’Istat, secondo cui l’attivazione delle clausole di salvaguardia avrebbe un effetto depressivo sui consumi pari ‘solo’ allo 0,2%, Fortis si è espresso in questo modo:

“L’Istat è un istituto autorevole e possiamo assumere che i suoi modelli econometrici non sbaglino. Il problema è che in un momento in cui i consumi crescono dello 0,6%, come prevede lo stesso Def, e incidono per due terzi sulla domanda aggregata, se si riducessero sarebbe poi dura arrivare a un aumento del Pil dello 0,8% come quello stimato dal Governo per il 2020. A quel punto cambierebbero anche i parametri di finanza pubblica. Con tutte le conseguenze del caso. E già ora ci troviamo in una situazione non proprio facile per i conti pubblici”.

Proprio Fortis, in un’altra intervista rilasciata a Sussidiario.net lo scorso 12 aprile, aveva mostrato tra l’altro tutto il suo scetticismo sul programma di privatizzazioni dell’esecutivo giallo-verde, pari a un punto di Pil, ovvero quasi 18 miliardi di euro, affermando:

Nessuno riuscirà a ottenere tale risultato quest’anno, è inutile raccontare una cosa del genere. Inoltre, anche se si arrivasse solo alla metà, che sarebbe già un risultato incredibile, il debito/Pil salirebbe sopra il 133%. Con un dato di questo tipo, in vista della Legge di bilancio 2020, Bruxelles sicuramente ci dirà che dovremo scordarci di misure come la flat tax e che magari dovremo far scattare le clausole di salvaguardia. Le lascio immaginare cosa accadrebbe se non riuscissimo a fare nemmeno la metà delle privatizzazioni previste: il debito/Pil andrebbe oltre il 133,5%“.

Fortis è stato chiaro:

“Se non si faranno queste privatizzazioni (non dimentichiamo che siamo già a metà aprile) sarà il tracollo, sia pure dolce, pilotato, concordato: o ci fanno fare un po’ di patrimoniale o ci fanno aumentare una parte di Iva, ma qualcosa di poco piacevole si dovrà fare per racimolare i soldi mancanti a raggiungere quei circa 18 miliardi di euro. Senza dimenticare i 23 (miliardi) delle clausole di salvaguardia. Per entrare poi in un anno, il 2020, che lo stesso Def non prevede essere molto ‘esaltante’, visto che la crescita del Pil è vista allo 0,8%.