Elon Musk pronto a impiantarsi a breve un chip nel cervello. Ecco cosa non convince del progetto Neuralink
Elon Musk continua a far parlare di sé, ma questa volta non a causa di Tesla, Twitter o SpaceX, ma riguardo alcune sue recenti dichiarazioni su Neuralink, l’azienda da lui creata nel 2016, che si occupa di tecnologia sanitaria. In particolare, il 30 novembre Musk ha mostrato al pubblico le sue ambizioni per il futuro e secondo i piani dell’istrionico numero uno di Tesla “entro sei mesi Neurlalink sarà in grado di impiantare il suo primo dispositivo nel cervello di un essere umano”, permettendo così alle persone di comunicare con i computer attraverso il pensiero.
Musk, che ha twittato in queste ore anche sull’imminente lancio del camion Semi di Tesla, crede fortemente nella sua tecnologia di impianto cerebrale, tanto che ha più volte ribadito le sue intenzioni di provare questi chip sulla sua pelle.
Secondo Musk i dispositivi di Neuralink tra le altre cose, saranno in grado di ripristinare la vista anche alle persone nate cieche, ma anche di “ridare la completa funzionalità del corpo alle persone con il midollo spinale reciso”. Tuttavia, questi ambiziosi annunci a detta di alcuni critici dovrebbero essere trattati con massima cautela.
Al momento, nessun dispositivo di Neuralink è stato testato sugli esseri umani, ne tantomeno sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione di prodotti alimentari e farmaceutici.
Scetticismo su fattibilità progetto
Tutto questo non fa altro che aumentare lo scetticismo sulla concreta fattibilità del progetto. Da questo punto di vista anche Musk ribadisce che “vogliamo essere estremamente attenti e certi che funzionerà bene prima di inserire un dispositivo in un essere umano, ma credo che la maggior parte dei nostri documenti sia sottoposta alla FDA”.
I test sarebbero già iniziati e in particolare sulle scimmie, ma gli esperimenti non hanno convinto proprio tutti. Già l’anno scorso fu mostrata al pubblico la foto di una scimmia che grazie al chip impiantato nel cervello era in grado di giocare con un videogioco in modo totalmente autonomo, ma che fine hanno fatto queste scimmie?
“Scimmie Cyborg”
Ebbene sì, in seguito emerse che 15 delle 23 scimmie a cui erano stati impiantiti i chip sono morte, con la commissione medica Physicians Committee for Responsible Medicine (PCRM) che giunse alla conclusione che le scimmie utilizzate negli esperimenti di Neuralink erano state maltrattate. Secondo la PCRM quasi ogni scimmia “cyborg” ha avuto problemi di salute piuttosto debilitanti, con lo sviluppo di emorragie interne, paralisi, infezioni croniche, convulsioni e morte.
Tutto questo solleva ancora più dubbi sul rapporto rischi-benefici di simili sperimentazioni e in particolar modo se si ha a che fare con la vita delle persone. Da questo punto di vista numerosi esperti hanno messo in guardia sulla pericolosità di incoraggiare le persone che hanno gravi disabilità a sperare di guarire, soprattutto se rischiano di incorrere in lesioni dato che la tecnologia viene impiantata con un intervento chirurgico mediante una procedura invasiva.
Non solo Neuralink
Ma quello di Neuralink non è l’unico progetto di questo tipo. Blackrock Neurotech è sulla buona strada per portare sul mercato già il prossimo anno un sistema di interfaccia neurale (BCI). Ma non solo, Synchron ha ricevuto l’approvazione della FDA nel 2021 per iniziare una sperimentazione clinica per un dispositivo di interfaccia neurale impiantato in modo permanente, mentre secondo alcune indiscrezioni anche Paradromics si sta preparando per iniziare i test sull’uomo nel 2023.
Nonostante lo scetticismo, nei prossimi mesi Neuralink cercherà di ottenere l’approvazione da parte della FDA per poter avviare la sperimentazione dei chip cerebrali sui primi esseri umani con l’obiettivo di potenziare sempre di più le capacità umane.
Nei piani di Musk, Neuralink “consentirà alle persone paralizzate di utilizzare lo smartphone o muovere arti robotici con le loro menti”. Come? Basterà un foro di 8 mm nel cranio e un chip collegato al cervello con fili più sottili di capelli.