Mps-UniCredit, verso maxi regalo di Stato. Urgenza fusione, report effetto pandemia McKinsey dimostra che Monte stand-alone non ce la farebbe
Si profilano giorni campali sia per Mps che per UniCredit, con il cda di Monte dei Paschi che si riunirà nella giornata di oggi e Piazza Gae Aulenti ancora alla ricerca di un AD disposto a prendere il timone della banca con l’uscita di scena, ad aprile, dell’attuale numero uno Jean-Pierre Mustier.
Il Tesoro continua intanto a corteggiare disperatamente UniCredit, affinché si faccia carico del Monte di Stato: l’urgenza è massima visto che, come scrive un articolo dell’Economia Mps, che ora riporta perdite per oltre un terzo del capitale, “al 31 marzo 2021 sarà a corto di capitale per 300 milioni; al 1° gennaio 2022, per 1,5 miliardi. Una situazione difficile che necessita di interventi immediati”.
Oltre alla dote fiscale, ovvero alla trasformazione delle dta in crediti fiscali a favore di UniCredit, ormai “blindata in legge di bilancio”, nelle ultime sessioni si è parlato anche di un ulteriore regalo di Stato, ovvero la possibilità che la controllata del Tesoro Amco faccia una maxi pulizia del bilancio di UniCredit, acquistando la quasi totalità degli NPE di UCG, circa 20 mld di euro sui 22,7 miliardi al terzo trimestre 2020, di cui circa 10 miliardi di NPL (crediti deteriorati e 12 miliardi di UTP, unlikely to pay), come riportato dal quotidiano Il Messaggero.
Insomma, il ministro dell’economia Roberto Gualtieri – si ricorda che il Mef è il maggiore azionista di Mps, con una quota del 64% – sarebbe più che disposto a indorare la pillola della banca senese, affinché UniCredit la mandi giù senza troppi problemi: anzi, guadagnandoci pure.
Detto questo, in base a quanto emerge dall’articolo del L’economia del Corriere della Sera, il potenziale cavaliere bianco è riluttante, in quanto si starebbe concentrando soprattutto sul successore di Mustier:
“Dopo i passi indietro di Corrado Passera e Matteo Del Fante, i nomi più chiacchierati restano quelli di Marco Morelli (ex Mps), Fabio Gallia (ceo Fincantieri), Alberto Nagel (ceo Mediobanca), Sergio Ermotti (Suisse Re e Ubs) e Bernardo Migrone (cfo Nexi)”.
Mps-UniCredit: no al matrimonio ribadito da Cinque Stelle e Del Vecchio
C’è da dire che a ribadire la posizione Mps-UniCredit, un ‘matrimonio che non s’ha da fare’, sono anche i 5 Stelle. La Stampa ha riportato che i Cinque Stelle continuano a manifestare la loro opposizione all’operazione: “Un colpo di freno è arrivato dai componenti 5 Stelle delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato: ‘Non possiamo avallare regali, peraltro alimentati dal rischio di macrocospici conflitti di interessi – hanno detto – Per questo motivo riteniamo fondamentale che si fermi l’operazione di cessione di Mps a UniCredit, le cui modalità tendono a configurare, giorno dopo giorno, un’incredibile serie di agevolazioni alla banca cosiddetta ‘acquirente’ (ovvero UniCredit)”. Ma a dire no alle nozze è anche Leonardo Del Vecchio, come aveva riportato Il Sole 24 Ore la scorsa settimana, secondo cui “si starebbe cementando un asse tra la Delfin di Leonardo Del Vecchio, la Fondazione CariVerona e la Fondazione Crt – cui complessivamente fa capo circa il 5% della public company bancaria UniCredit- per creare un nucleo stabile di azionisti con cui il board uscente potrà confrontarsi per definire il profilo del nuovo ceo”.
Ma Mps ce la potrebbe fare stand-alone? Non proprio. L’Economia de Il Corriere ha riportato il contenuto di un report di McKinsey, che ha analizzato i bilanci di oltre 1600 banche, e l’impatto su di essi delle conseguenze della pandemia Covid-19, stilando uno scenario per il 2021 che “è preoccupante” – sottolineano gli esperti della società di consulenza – non solo per “le banche che erano già fragili”, ma anche per alcuni istituti sistemici, che potrebbero subire perdite di capitale tali da portare il Cet1 ratio al di sotto dei minimi regolamentari”.
Si teme in più una contrazione dei ricavi che, “a livello globale, nello scenario intermedio potrebbero diminuire di circa il 14% rispetto all’andamento pre-crisi”.
“Tradotto in numeri assoluti – sottolinea L’economia rifacendosi a quanto paventato da McKinsey – significa che l’industria creditizia potrebbe dover sostenere una flessione tra 1.200 e 3.800 miliardi di euro di entrate a livello aggregato tra il 2020 e il 2024″.
Tutto ciò rende ancora più urgente risolvere la questione Mps che non ce la potrebbe proprio fare in versione stand-alone.
“Nel 2017 il titolo capitalizzava 4,3 miliardi, ora 1,3; i ricavi erano 4 miliardi, adesso 2,9”. Di conseguenza l’iter di dare Mps a UniCredit ha più di una ragione d’essere, magari proprio con lo spin off per una mini Mps, che avverrebbe a seguito dell’eventuale operazione di fusione.
Non che una fusione, per UniCredit, significhi però una maggiore propensione verso l’Italia, avverte l’articolo dell’inserto del Corriere. Viene segnalato, infatti, che il progetto della subholding estera non è stato accantonato e che Allianz è uno dei “principali stakeholder della banca”.
Tornando a Mps, l’agenda degli appuntamenti è fitta: oggi il cda si riunirà per esaminare la questione più scottante: quella sul capitale, in particolare le modalità a cui far ricorso per raccogliere un fabbisogno calcolato tra 2 e 2,5 miliardi di euro, in vista del 19 gennaio, per cui è prevista un’altra riunione del cda per sfornare un piano di capitale da mandare alla Bce entro il 31 gennaio. Tutto questo, mentre si cercherà di capire meglio il pacchetto di aiuti da parte del Mef e, anche, come risolvere l’annosa questione dei rischi legali. Mercoledì, come ricorda La Stampa, sarà la volta del cda di UniCredit, che farà il punto sul processo di selezione in corso avente per oggetto il nuovo ceo post era Mustier.