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Mps meno Monte di guai. Ok dividendi da Bce

27 Dicembre 2022 12:20

Mps: la Bce rimuove il divieto alla distribuzione dei dividendi. Per Mps-Monte di Stato finalmente l’inizio di una nuova era, dopo il successo (in realtà messo in dubbio da molti) dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro?

Stamattina la banca guidata dal ceo Luigi Lovaglio ha annunciato la decisione della Banca centrale europea di confermare i requisiti patrimoniali che dovranno essere rispettati a partire dal 1° gennaio 2023.

La Bce ha citato proprio il successo dell’operazione di ricapitalizzazione della banca senese Monte di Stato, togliendo il bando all’erogazione delle cedole.

Con l’ok della Bce alla distribuzione dei dividendi, Mps sembra meno Monte dei guai, pronto a inaugurare una nuova era, che dovrebbe tradursi nella privatizzazione della banca e dunque nell’uscita del Mef-Tesoro dal suo capitale, maggiore azionista con una partecipazione del 64%.

Considerato il buon esito dell’operazione di aumento di capitale per 2,5 miliardi di Euro, la Bce ha, inoltre, rimosso il divieto di distribuzione di dividendi, sostituendolo con l’obbligo per la Banca di ottenere la preventiva autorizzazione da parte dell’Autorità di Vigilanza”, si legge nel comunicato diffuso oggi dal Monte dei Paschi.

Per quanto riguarda i requisiti patrimoniali, sono stati confermati quelli richiesti per il 2022, “già ampiamente rispettati”. Ovvero:

  • Nel 2023 per il Gruppo MPS – a livello consolidato – è previsto un requisito patrimoniale SREP complessivo (Total SREP Capital Requirement – TSCR) del 10,75%, che include
  • Un requisito minimo di fondi propri – Pillar 1 (‘P1R’) dell’8% (di cui 4,50% in termini di CET1)
  • Un requisito aggiuntivo di Pillar 2 (‘P2R’) del 2,75%, che si attesta sullo stesso livello che era stato richiesto per il 2022, da detenere almeno per il 56,25% nella forma di capitale primario di classe 1 – CET1 – e per il 75% nella forma di capitale di classe 1 – Tier 1.
  • Il requisito minimo complessivo in termini di Total Capital ratio, ottenuto aggiungendo al TSCR un Combined Buffer Requirement (CBR) del 2,75% è del 13,50%.
  • Il requisito minimo complessivo in termini di CET 1 ratio è pari al 8,80%, somma tra P1R (4,50%), P2R (1,55%) e CBR (2,75%); il requisito minimo complessivo in termini di Tier 1 è pari al 10,82%, inclusivo di P1R del 6%, P2R del 2,06% e CBR del 2,75%.

Dalla nota del Monte dei Paschi di Siena è emerso anche che “i coefficienti patrimoniali della Banca a livello consolidato al 30 settembre 2022, tenuto conto dell’aumento di capitale conclusosi lo scorso 4 novembre per circa 2,5 mld di euro e dei relativi costi, risultano pari a: 15,7% per il Common Equity Tier 1 ratio, 15,7% per il Tier 1 ratio, 19,5% per il Total Capital ratio, calcolati applicando i criteri transitori in vigore per il 2022; 14,7% per il Common Equity Tier 1 ratio, 14,7% per il Tier 1 ratio, 18,5% per il Total Capital ratio, calcolati applicando i criteri a regime”.

“Per quanto riguarda la Pillar II Capital Guidance (P2G), è confermata pari a 2,50%, da soddisfare con Common Equity Tier 1″.

Dividendi: Bce ritira divieto, ma Mps giù in Borsa

La notizia tuttavia non entusiasma gli investitori, con il titolo Mps che riporta a Piazza Affari una performance in rosso, a metà giornata.

Il caso Mps è tornato sotto i riflettori all’inizio di dicembre, con un articolo pubblicato dal Financial Times, che è tornato ad affrontare l’interrogativo sui presunti aiuti di Stato erogati nel corso dell’aumento di capitale che ha permesso a Mps di raccogliere 2,5 miliardi di euro per continuare a sopravvivere.

Oltre a riassumere la vicenda, il Financial Times è tornato sulla questione delle commissioni ingenti (ben 125 milioni di euro che la banca senese ha pagato alle banche del consorzio di garanzia per l’aumento di capitale. E sulla presunta, per alcuni certa, violazione delle norme Ue sugli aiuti di Stato da parte dell’Italia:

Con gli investitori (il mercato) che hanno mostrato di avere poco interesse a partecipare all’ultimo aumento di capitale, Mps ha convinto un gruppo di banche a sottoscrivere l’intera quota che avrebbe dovuto essere sottoscritta dai privati, in cambio di ricche commissioni. Al fine di ridurre ulteriormente i loro rischi, queste banche hanno siglato poi accordi di sub-underwriting con altri investitori, che si sono detti d’accordo ad assorbire l’inoptato in cambio di una parte delle commissioni percepite dalle banche”, ha scritto il quotidiano britannico.

Una mossa che, ha sottolineato l’FT, sembrerebbe violare le regole Ue sugli aiuti di Stato”, riaccendendo i dubbi sullo strumento del bail in VS bailout.

Con tanto di silenzio da parte dell’Unione europea e della stessa Bce.