Notizie Notizie Italia Mps-Mediobanca-Generali: così Caltagirone e Delfin vanno all-in (con la sponda del Mef)

Mps-Mediobanca-Generali: così Caltagirone e Delfin vanno all-in (con la sponda del Mef)

24 Gennaio 2025 12:15

Si infiamma ulteriormente il risiko bancario tricolore. L’Ops di Mps su Mediobanca apre nuovi scenari e si intreccia inevitabilmente con le altre operazioni annunciate negli ultimi mesi, a partire dall’Ops di Unicredit su Bpm e potenzialmente potrebbe avere ricadute anche sull’esito del deal Generali-Natixis.

Gli intrecci che portano Mps a bussare al salotto buono della finanza tricolore

L’operazione annunciata oggi da Mps, che non manca di sollevare qualche perplessità tra gli analisti, trova le sue radici in quanto successo tre mesi fa. Il Tesoro il 13 novembre ha collocato il 15% del capitale di Mps per circa 1,1 miliardi di euro scendendo dal 26,7% all’11,7% circa. La regia di Giorgetti aveva portato a una ben studiata spartizione della torta Mps: a Bpm, terza banca italiana per asset, il 5% del capitale e potenziale aggregatore futuro in ottica terzo polo. L’altro 10% ceduto dal governo è stato ripartito tra Anima (sotto Opa della stessa Bpm) la Delfin della famiglia Del Vecchio e Caltagirone. A rompere le uova nel paniere al progetto terzo polo è arrivata poche settimane dopo l’Ops di Unicredit su Bpm.

A tutto ciò si aggiunge l’intesa siglata da Generali, che ha Mediobanca come primo socio, con Natixis volta a creare una joint venture attiva nel risparmio gestito e che ha sollevato non pochi dubbi e preoccupazioni tra alcuni soci del Leone – ossia Caltagirone e Delfin – e anche sul fronte politico circa l’opportunità di un’operazione che porta il passaggio del controllo dei risparmi italiani a un’entità con forti radici francesi.

Delfin e Caltagirone alla battaglia finale

L’Ops annunciata stamattina da Mps, che mette sul piatto 13,3 miliardi per Mediobanca, ha degli attori protagonisti ben visibili. Tra i principali azionisti di Siena, come detto, ad oggi ci sono il Tesoro (11,7%), Delfin che recentemente ha alzato la sua partecipazione al 9,9% e Caltagirone con il 5% e che secondo alcuni rumor potrebbe aver arrotondato la propria quota nelle prime settimane di gennaio.

Sempre Delfin e Caltagirone risultano soci di spicco della stessa Mediobanca, che a sua volta è il principale azionista del Leone di Trieste, con il 13% del capitale.

Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, spicca con il 19,8% del capitale di Mediobanca, seguita dall’imprenditore romano che detiene il 7,76% del capitale. Delfin e Caltagirone figurano direttamente anche in Generali rispettivamente con il 9,9% e il 6,9%.

Se l’Ops di Siena andasse in porto, dando così vita al tanto chiacchierato terzo polo bancario in Italia, il trio Mef, Delfin e Caltagirone avrebbe in mano il 29% della nuova entità.

Lovaglio (Mps) prova il depistaggio: pensiamo a piazzetta Cuccia dal 2022

L’ad di Mps Luigi Lovaglio durante la conference call odierna con gli analisti ha cercato di dare respiro più ampio all’operazione, facendo risalire i primi ragionamenti su Mediobanca a oltre due anni fa (dicembre 2022), quando a valle dell’ultimo aumento di capitale di Siena avrebbe dettagliato al ministro dell’Economia Giorgetti le tre opzioni strategiche future (Mps standalone, una fusione tra pari con un’altra banca commerciale, oppure un’operazione trasformativa con Mediobanca). Perché adesso, perché siamo forti, solidi e in grado di utilizzare il nostro capitale”.

Parole di Lovaglio volte a depistare quella che a tutti gli effetti appare come una proposta di aggregazione che va contro l’attuale gestione di Mediobanca a guida Alberto Nagel e di rimbalzo anche su quella di Generali a guida Philippe Donnet. Non è da escludere che l’obiettivo finale sia quello di far tramontare l’accordo di Generali con Natixis.

Mediobanca prepara le barricate

Adesso si attende la reazione di Mediobanca, il cui cda si riunirà nei prossimi giorni. Dal quartier generale di piazzetta Cuccia fanno già capire che l’Ops di Mps viene considerata una mossa ostile e stando a quanto trapela in queste prime ore la merchant bank probabilmente finirà per respingerla.

L’amministratore delegato Alberto Nagel potrebbe prendere in considerazione varie contromosse e già in passato era riuscito a “sopravvivere” a tentativi di estrometterlo da parte di Delfin e Caltagirone.

Nagel, in Mediobanca dal lontano 1991 e ne è amministratore delegato da oltre 15 anni, ha dalla sua gli ottimi risultati raggiunti alla guida di piazzetta Cuccia.

Mediobanca ha un nocciolo di azionisti (11,4% del capitale) che ha formato un patto di consultazione che vale l’11,4% dell’azionariato. Spicca Banca Mediolanum con il 3,49%, seguita da Fin.Priv (Generali, Italmobiliare, Pirelli, Stellantis, Tim e Unipol), Monge, il gruppo Gavio, famiglia Doris, il gruppo Ferrero, il Gruppo Luchini, il gruppo Pecci, e con quote minori ancora Tosco-Fin, Smil, Plt Holding (famiglia Tortora), Fin.Fer (Gruppo Pittini), Vittoria Assicurazioni, Mais, Valsabbia Investimenti, Romano Minozzi.