Notizie Notizie Italia Mps, dopo addio UniCredit il piano Mef: aumento capitale, no burden sharing, tagli e ancora M&A. Mentre è rischio stangata da 11 miliardi

Mps, dopo addio UniCredit il piano Mef: aumento capitale, no burden sharing, tagli e ancora M&A. Mentre è rischio stangata da 11 miliardi

26 Ottobre 2021 11:20

Mps, ora che la speranza che venisse salvata dal cavaliere bianco UniCredit si è frantumata in mille pezzi, quale sarà il suo destino?

Diverse le indiscrezioni che spuntano dalla rassegna stampa dedicata al futuro della banca senese. Una cosa è chiara: il Tesoro capitanato dal ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco dovrà pensare – e già lo sta facendo in realtà – a un nuovo piano.

Mps, urge nuova soluzione del Mef di Daniele Franco per salvare la banca senese. Con UniCredit fuori, nuovo pianoIl Sole 24 Ore scrive: “Mps, un piano per comprare tempo”, presentando una road map che si incentra su alcuni pilastri: aumento di capitale, bond salvi, poi nozze.

Il Messaggero illustra “il nuovo piano del Tesoro: più capitale e tagli al personale”.

Il quotidiano romano rende noto che il Mef, dopo la rottura delle trattative con UniCredit annunciata formalmente dalle controparti nella giornata di domenica, 24 ottobre, si è messo subito all’opera, avviando ieri, lunedì 25 ottobre, un nuovo round di negoziati con la Ue, per la precisione con la Dg Comp Ue (Antitrust Ue).

Intanto sempre ieri è uscito allo scoperto il numero uno di UCG Andrea Orcel, con una lettera in cui ha scritto che l’operazione, ormai naufragata, era un’opportunità per noi e per il futuro di Siena e “che avrebbe creato valore”.

Già ieri alcuni analisti descrivevano il Monte come una occasione persa per UniCredit. In particolare da Kepler sottolineavano che UCG “avrebbe potuto rafforzare la sua posizione competitiva in Italia, aggiungendo una quota di mercato del 3-4% al suo 11-12% e aumentando il valore dell’azione del 13%”.

Ma ora tempo per i rimpianti, soprattutto per Monte dei Paschi, non ce n’è: in base a quanto concordato con l’Ue nel 2017, ai tempi della ricapitalizzazione precauzionale che aveva siglato l’ingresso dello Stato nella banca senese, il Mef deve privatizzare l’istituto entro la fine di quest’anno.

Mps: nuovo piano senza burden sharing. Ma Stato rischia stangata di oltre 11 miliardi

Come farà, visto che il tempo stringe? Si parla di un nuovo piano del Tesoro che il Messaggero sostiene sulla base di fonti autorevoli, che “sarà diverso da quello del luglio 2017 perchè non darà luogo a una ricapitalizzazione precauzionale con burden sharing (fu di 5,4 miliardi)”.

Un grande sospiro di sollievo per chi detiene i bond subordinati di Siena, che ieri sono crollati fin oltre il 19%:

Questa volta non ci sarà condivisione dei rischi con i bondholders, ma un aumento di capitale sul mercato dove il Tesoro farà la sua parte”, lanciando anche una serie di misure volte a rafforzare l’istituto – scrive il quotidiano romano – quindi vendita di sofferenze, riduzione dei contenzioni (6,2 miliardi lordi), contenimento dei costi, a partire da quello del personale (7-8 mila esuberi), cessione degli attivi, come la vendita di almeno 300 filiali”. “La ricapitalizzazione si dovrebbe attestare su 2,5-3 miliardi”, viene precisato.

A proposito di ricapitalizzazione, il Sole 24 Ore conferma che “l’obiettivo del governo realizzare un aumento interamente giocato sul mercato, senza mettere in campo ipotesi di aiuti di Stato ulteriori che farebbero scattare la tagliola del burden sharing sulle obbligazioni subordinate”.

Resta il target ultimo dell’M&A, ovvero l’obiettivo di riprovare a dare in sposa Mps a un’altra banca.

Il quotidiano di Confindustria scrive  che “le nozze con un altro istituto, italiano o straniero, restano insomma l’opzione unica sulla strada del Monte dei Paschi”.

Se il risiko è l’obiettivo ultimo, la priorità ora rimane quella di avere più tempo per sistemare il dossier Mps: fino a un anno più di tempo, si vocifera in ambienti finanziari.

E qui Il Quotidiano ricorda che la proroga “servirebbe per lanciare un aumento di capitale e permettere a Mps di andare avanti da solo ancora un po’” .

Detto questo, “fonti vicine al dossier spiegano che il costo per lo Stato sarebbe piuttosto oneroso. Sommando il costo degli esuberi (1,5 miliardi), aumento di capitale (queste fonti parlano di 4-4,5 miliardi), cessione degli NPL ad Amco (due miliardi) e altri oneri come la garanzia sui rischi legali (tre miliardi) si arriverebbe a una stima superiore agli 11 miliardi. Una nuova stangata insomma per le casse dello Stato, ergo per i contribuenti, superiore tra l’altro anche agli 8,5 miliardi che sarebbero stati chiesti da UniCredit.

Un’altra ipotesi – scrive ancora Il Quotidiano – potrebbe essere quella, mai tramontata, dello spezzatino.

“Per esempio trecento sportelli meridionali potrebbero andare a Mcc ed essere inglobati in Banca Popolare di Puglia. Banco BPM potrebbe prendere quelli del nord e magari Intesa potrebbe aumentare la sua presenza in Toscana“.

Mps, Sapelli: farne una banca cooperativa, chiedere soldi solo a cittadini di Siena

In tutto questo, qualche economista consiglia altre strade, presentando eventuali possibili soluzioni per risolvere l’impasse. “Farne una banca cooperativa”, suggerisce di fare l’economista Giulio Sapelli, in una intervista rilasciata a La Notizia, in cui sottolinea che “Draghi e il Mef possono ancora cambiare modello”.

Ovvero? Nel riferire di non essere affatto sorpreso per l’epilogo delle trattative tra UniCredit e il Mef, Sapelli sottolinea che Mps “deve diventare una banca territoriale, meglio ancora cooperativa”. Praticamente, “bisogna chiamare i cittadini di Siena: se vogliono conservare la loro banca devono trasformarla. Questo significa ridimensionare le loro aspettative: non più una banca internazionale ma territoriale. Ma è l’unico modo per conservare prestigio e nome ed evitare la macelleria sociale“.

Sapelli si spiega e spiega cosa dovrebbe fare il governo Draghi:

“Al posto di versare altri miliardi per consegnare la banca a un sicuro fallimento bisogna utilizzare i soldi che lo Stato dà come fondo di dotazione per una banca cooperativa. Basta con la storia della banca pubblica che è una cosa ridicola. Facciano una banca cooperativa dimenticando la vergogna che hanno fatto con la riforma Renzi contro le banche popolari e contro le banche di credito cooperativo”.

Ma che direbbe l’Europa?

“Anche lì bisogna negoziare- dice Sapelli – Le uniche banche cooperative di territorio mai toccate sono quelle tedesche mentre l’Europa ha massacrato tutte le altre banche che non hanno assetto di proprietà capitalistico. Dobbiamo invocare parità di condizioni con le banche cooperative tedesche. Si può fare una banca cooperativa senza chiedere soldi all’Europa o ai risparmiatori italiani ma solo ai cittadini di Siena e a quelli che vogliono credere in una nuova avventura cooperativa. Bassta con lo stato assistenziale. Draghi e Franco devono cambiare impostazione”.