Notizie Notizie Italia Moby: il fallimento può attendere, ma crollo bond Onorato Armatori dice che rischio insolvenza è alto

Moby: il fallimento può attendere, ma crollo bond Onorato Armatori dice che rischio insolvenza è alto

10 Ottobre 2019 17:45

Moby è solvente, ma con riserva. A sentenziarlo è stato il tribunale di Milano. L’istanza di fallimento presentata da alcuni fondi d’investimento speculativi nei confronti di Moby, il gruppo di navigazione che controlla anche i traghetti Tirrenia, di proprietà dell’armatore Vincenzo Onorato, è stata respinta di giudici. Il riscorso d’urgenza per “insolvenza prospettica e futura” era stato presentato in base all’art. 5 Legge Fallimentare lo scorso mese di settembre da alcuni fondi hedge detentori di obbligazioni Onorato Armatori 7,75% 2023 quotate alla borsa del Lussemburgo (taglio minimo negoziabile 100.000 euro) che si vedevano minacciati nei loro interessi quali creditori senior.

Obbligazioni Onorato Armatori hanno perso il 70% dal collocamento

Come noto, le obbligazioni Onorato Armatori 7,75% 2023 (codice Isin XS1361301457), più note come bond Moby, erano state emesse a favore di investitori istituzionali per 300 milioni di euro nel lontano 2016, in parte per finanziare l’acquisizione del gruppo Tirrenia-CIN da Moby e in parte come rimborso soci. Complice l’intervenuta crisi dei trasporti, la concorrenza che preme sulle tariffe, l’incremento dei costi del bunker, ecc. il bond, garantito dalle navi della flotta Moby, ha cominciato a perdere vistosamente terreno fino a scivolare sotto quota 30% del valore nominale.

 

A far scattare su tutte le furie gli obbligazionisti che avevano sottoscritto i titoli a 100, però, è stata la recente notizia della vendita dei due più moderni traghetti “Moby Aki” e “Moby Wonder” alla compagnia di navigazione danese DFDS in cambio di due navi più vecchie di 20 anni e circa 70 milioni di euro. Soldi che con ogni probabilità serviranno per estinguere nel 2020 debiti bancari in scadenza e pagare gli interessi sui bond 2023 a febbraio.

Moby vende due navi per estinguere i debiti nel 2020

L’operazione in sé migliorerà i conti di Moby sotto il profilo della liquidità permettendo al contempo al gruppo di contabilizzare una sensibile plusvalenza sull’esercizio 2019. Ma è del tutto evidente che la vendita delle navi migliori suona come un campanello d’allarme per l’equilibrio di bilancio futuro della società e sottrae al contempo parte degli assets a garanzia del debito. Il timore degli obbligazionisti è infatti quello che la società possa essere gradualmente svuotata dei sui beni più importanti lasciando i creditori senza garanzie in caso di insolvenza. La vendita di due navi di punta, quale la Aki e la Wonder, sono infatti parte della garanzia prestata al debito obbligazionario e bancario col sospetto che le banche abbiano caldeggiato l’operazione per rientrare dai prestiti (che scadono prima del bond). Da qui il ricorso per “insolvenza prospettica” presentato dai fondi.

Per Moody’s  bond 2023 è ‘spazzatura’

Timori evidenziati anche dalle agenzie di rating che giudicano Moby ad alto rischio insolvenza a causa del debito elevato, nonostante il miglioramento dei conti semestrali con ricavi ed ebitda in aumento. In un recente report gli analisti di Moody’s hanno abbassato nuovamente il family rating a Caa3 confermando le obbligazioni 2023 spazzatura (junk). Il giudizio riflette principalmente i problemi di liquidità a cui potrebbe andare incontro Moby nei prossimi 12 mesi – riporta una nota – in considerazione dei debiti in scadenza e il potenziale outflow della gestione ordinaria della flotta. Al 30 giugno scorso il gruppo aveva bruciato 83,1 milioni di euro di cassa contro il 28,7 milioni bruciati nel primo semestre 2018. Moody’s pone l’accento anche sull’incremento dei costi di carburante dal 2020 che dovranno contenere minori quantità di zolfo, come previsto danna normativa europea, e quindi la capacità di Moby di reggere l’impatto dei costi del bunker. Il basso livello di rating attribuito alla società riflette in definitiva una elevata probabilità che il debito prima o poi debba essere ristrutturato perché insostenibile. E i prezzi del bond alla borsa del Lussemburgo lo dimostrano.

La sentenza del tribunale di Milano

Giudizio a cui fa eco la sentenza di rigetto della richiesta di fallimento del tribunale fallimentare di Milano che nelle motivazioni, benché riconosca al momento Moby solvente, consiglia il ricorso a una “procedura fallimentare minore” (concordato preventivo in continuità). È evidente – si legge nella sentenza – che “il gruppo, e non solo la Moby, avrebbe necessità di monitoraggio e di ricorrere a strumenti di superamento di una crisi che in prospettiva ha caratteristiche importanti e che potrebbero divenire molto gravi. I margini operativi nascenti dal core business della società tendono a ridursi costantemente e non potendo alzare di più le tariffe, la società sino ad ora ha provveduto a vendere alcuni tra i migliori natanti, per contrastare la carenza di liquidità conseguente e far fronte alle rate del prestito bancario del 2016”. Le banche – ciò nonostante – hanno ancora fiducia nella capacità della società di ripianare i debiti e hanno consentito di essere soddisfatte anche col ricavato delle liquidazione di due navi di pregio della flotta Moby a patto di assorbire l’80% del ricavato”. Per il futuro, è prematuro sapere come si evolveranno le cose, tuttavia per gli obbligazionisti che si ritrovano in tasca il bond deprezzato del 70% è lecito preoccuparsi onde evitare che nel 2023, quando il bond andrà a scadenza non abbiano più garanzie su cui rivalersi.

Intanto i numeri della semestrale hanno mostrato un miglioramento in termini di ricavi ed ebitda, ma un netto peggioramento in termini di debito finanziario netto e di flussi di cassa. In particolare, in sei mesi il gruppo ha bruciato 83,1 milioni di euro di cassa contro il 28,7 milioni bruciati nel primo semestre 2018