Mercati con i nervi scoperti. Timori per i mutui Usa
Seduta di mezza ottava da dimenticare per le piazze finanziarie europee che hanno concluso con pesanti cali. Tutte sotto i -2,5 punti percentuali Parigi, Francoforte, Londra e Zurigo mentre a Milano il Mibtel ha fermato la discesa a -2,23% e l’S&P/Mib è calato del 2,45%.
Che la giornata sarebbe stata di quelle da tregenda si era capito al mattino quando dai mercati asiatici sono giunte le chiusure di Tokyo (-2,92% il Nikkei), Shanghai con un arretramento di quasi due punti percentuali e Hong Kong, in calo del 2,6% dopo che martedì i listini statunitensi si erano fermati su ribassi altrettanto pesanti.
La nuova ondata di vendite sui mercati internazionali trova origine proprio sui floor a stelle e strisce e non più in Estremo oriente come era avvenuto a fine febbraio. Anche se lo yen ha avuto ancora un peso importante riportandosi su livelli elevati contro il dollaro e contro l’euro e rendendo la vita difficile ai carry trader, l’attenzione degli operatori si è ora spostata sull’economia americana e sul terremoto che sta coinvolgendo le società attive nel comparto dei mutui “subprime” ossia caratterizzati da alti interessi a fronte di un elevato rischio di insolvenza.
Ieri il Nyse Regulation, l’organismo di controllo di Wall Street, ha annunciato il delysting “con effetto immediato”, del titolo New Century Financial che dovrebbe passare in quotazione sul segmento “Pink Sheets” dei titoli ad alto rischio. La società finanziaria specializzata nell’erogazione dei prestiti subprime è, a detta degli operatori, a rischio Chapter 11. Il timore maggiore che circola in questo momento tra i mercati è che altre società attive in questo segmento possano ritrovarsi in condizioni difficili, ma soprattutto che le difficoltà possano lambire anche altri settori del credito, come istituti bancari e assicurazioni non direttamente coinvolte nel subprime ma che, attraverso le cartolarizzazioni hanno preso in carico parte di questi mutui.
L’allarme coinvolge tutto il settore del credito che risulta infatti tra i più colpiti dal ribasso mentre riecheggiano le parole pronunciate dall’ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan su una possibile recessione a fine anno negli Usa, scenario che non farebbe che aumentare il numero di debitori insolventi.
L’alta tensione è destinata dunque a proseguire sulle borse internazionali anche se Wall Street ha reagito ieri chiudendo in territorio positivo. L’S&P500 è avanzato dello 0,67%, il Nasdaq composite dello 0,90% e il Dow Jones dello 0,48% dopo essere sceso addirittura sotto quota 12.000 punti nel corso della seduta, ritornando ai livelli di cinque mesi orsono. Un rimbalzo a cui è stata attribuita una natura tecnica ma che ha forse impedito per il momento il diffondersi del panico sui mercati. Da segnalare comunque come elementi positivi il ritorno all’utile di General Motors, i profitti record di Lehman Brothers e il recupero del saldo delle partite correnti nell’ultimo trimestre del 2006. La macroeconomia avrà un ruolo di rilievo nelle ultime due sedute dell’ottava. Verranno infatti resi noti oggi i prezzi alla produzione Usa di febbraio nonché l’indice Empire manufacturing di New York di marzo, domani i prezzi al consumo, la produzione industriale di febbraio e l’indice di fiducia delle famiglie elaborato dall’Università del Michigan. Non dovrebbe passare poi inosservato quanto dirà Alan Greenspan in serata alla Futures industry association.