Notizie Notizie Italia Mercati: bond, azioni, metalli & Co. L’outlook per il 2023

Mercati: bond, azioni, metalli & Co. L’outlook per il 2023

1 Dicembre 2022 14:22

Per navigare i mercati nel 2022 è stata richiesta agilità: anche nel 2023 la storia non cambia.

Nel complesso i cambiamenti di paradigma in corso richiederanno agli investitori la ricerca di un equilibrio tra nuove opportunità e rischi correlati al processo di transizione dell’economia globale. E’ quanto sostengono gli esperti di Union Bancaire Privèe, che indicano le loro previsioni per l’anno che verrà.

Prospettive economiche e di mercato per il 2023

In sintesi, nel 2023 prevediamo di continuare a fondarci su una gestione del rischio attiva e dinamica che ci aiuterà a tenere fede al nostro impegno di preservare e accrescere i patrimoni dei nostri clienti”, si legge nell’analisi.

La fase di crescita del ciclo si è interrotta bruscamente a causa delle politiche monetarie restrittive adottate per combattere la persistente inflazione e della crisi energetica che attanaglia le economie insieme all’acuirsi dei rischi geopolitici indotti dalla guerra tra Russia e Ucraina.

Nel 2023 si attende una debole crescita dell’economia globale compresa tra il 2 e il 2,5% dopo il 3% del 2022 con le economie sviluppate sull’orlo della recessione, mentre si dovrebbe confermare la ripresa in Asia ed è probabile che la Cina superi gli ostacoli emersi nel 2022.

In Europa gli aumenti dei prezzi e il possibile razionamento del gas peseranno sui consumi e le misure di risparmio dell’energia avranno un impatto negativo sulla produzione manifatturiera.

Negli Stati Uniti si attende una forte contrazione dei consumi e del settore immobiliare indotta dal rialzo dei tassi d’interesse, mentre l’industria manifatturiera dovrà affrontare il continuo aumento dei costi e potrebbe risentire della modesta crescita del commercio globale.

Andando nel dettaglio, gli esperti di UBP, guardando al forex, segnalano che, “dopo l’exploit del 2022, diversi fattori sembrano poter convergere nel primo trimestre del 2023 per innescare un deprezzamento del dollaro statunitense rispetto alla maggior parte delle valute”.

“L’indebolimento avverrà per gradi, cominciando da una flessione rispetto alle valute rifugio, il che sta generalmente a indicare una frenata della crescita globale. Riteniamo che entro il primo trimestre del 2023 il trend al rialzo del dollaro si concluda e che gli scambi tengano sempre più conto dei rischi in due direzioni: sul dollaro cominceranno infatti a pesare il raggiungimento del picco dei tassi della Fed, il calo dell’inflazione, le valutazioni eccessive e l’aumento del disavanzo delle partite correnti”.

Per quanto riguarda i metalli preziosi, gli esperti prevedono “che l’oro e l’argento macineranno progressi nel 2023 sostenuti da una moderata debolezza del dollaro, dal possibile raggiungimento del picco dei tassi d’interesse e dall’aumento dei consumi”.

Il potenziale di rialzo di entrambi i metalli dovrebbe essere comunque limitato dato che i tassi nominali nella parte iniziale della curva rimangono elevati. Le prospettive per il platino sono contrastanti, in quanto i supporti strutturali a lungo termine lasciano spazio a sfide cicliche sul breve termine”.

“Il palladiosi legge ancora – vivrà presumibilmente un progressivo declino strutturale, in considerazione della transizione verso veicoli elettrici a batteria e dei significativi effetti di sostituzione”.

Per quanto invece concerne i mercati obbligazionari, “questi chiuderanno il 2022 con le perdite più pesanti degli ultimi 50 anni, le obbligazioni statunitensi hanno annullato il rendimento totale accumulato dal 2017 e hanno invertito il trend discendente dei rendimenti cominciato con lo scoppio della crisi finanziaria globale del 2008″.

Riguardo alle azioni, UBP ricorda che “sin dal 1900 gli episodi di inflazione elevata hanno messo alla prova gli investitori. Le lezioni tratte dagli eventi passati hanno mostrato che le strategie d’investimento volte a sfruttare i picchi ciclici dell’inflazione, mirate alla riallocazione della spesa all’interno dell’economia e orientate al reddito, hanno sostenuto i rendimenti totali. Di fronte a un’inflazione che nelle economie occidentali ha raggiunto livelli mai più toccati da una generazione a questa parte, gli investitori possono guardare al passato per integrare diverse strategie d’investimento che consentano di fare fronte al nuovo regime di prezzi elevati. Queste strategie implicano la considerazione un’inflazione elevata, ma in calo, come opportunità tattica, focalizzandosi sugli utili risultanti dalla riallocazione forzata della spesa e orientandosi verso i dividendi e il reddito come fattori chiave dei rendimenti totali”.

Focus poi sulla transizione energetica e al fatto che carbone e petrolio oggi “stanno vivendo un revival, a favore dei Paesi e delle società che esportano e a scapito dei consumatori di energia”.

“In un’ottica strategica, continuano gli esperti, ciò sta portando a risposte politiche importanti per guidare la transizione energetica, persino negli Stati Uniti, che sono sempre stati il fanalino di coda sulle rinnovabili. Nel breve termine l’energia scarseggia nel mondo e l’esposizione alle forniture di energia risulta importante in termini strutturali”.

Ma la crisi energetica in atto è stata aggravata anche dai cambiamenti climatici dicono per cui “mentre l’energia e le infrastrutture possono essere i beneficiari più diretti e manifesti dello shock energetico derivante dalla deglobalizzazione, l’aumento della spesa a sostegno dei produttori di fertilizzanti e dei fornitori di tecnologie per le sementi sarà fondamentale per ripristinare un equilibrio alimentare globale sostenibile e dovrebbe offrire opportunità d’investimento nel prossimo futuro”.

Infine, concludono gli analisti, “i rischi di deglobalizzazione, siano essi economici o geopolitici, rappresentano una minaccia significativa nei confronti dei sistemi che hanno guidato l’economia mondiale e gli investitori globali sin dagli anni Novanta. Con il continuo delinearsi di questi rischi all’orizzonte, i clienti non potranno fare a meno di adottare approcci proattivi e dinamici di gestione del rischio nel 2023″.