Meloni “incassa i dividendi” dei conti in ordine. Buy su Btp e Piazza Affari anche nel 2025
L’Italia ha passato ieri l’esame della Commissione UE con doppio semaforo verde per la Manovra 2025 e per il piano strutturale di bilancio (Psb). L’operato dell’esecutivo di Giorgia Meloni sta convincendo Bruxelles così come i mercati, con lo spread Btp/Bund che si mantiene sui minimi pluriennali.
L’Italia passa l’esame di Bruxelles
Il giudizio della Commissione Ue sulla nuova legge finanziaria assume ancora più valore se si considera che solo 8 dei 20 paesi hanno superato l’esame senza intoppi. A risultare «non completamente in linea» sono state le leggi di bilancio 2025 di storici esponenti dei paesi frugali, ossia Germania e Finlandia, mentre l’Olanda è l’unico paese non in linea (Ungheria ancora in fase di valutazione).
Allo stesso tempo il debito monstre dell’Italia oggi fa un po’ meno paura. Il Psb settennale predisposto da Giorgetti ha convinto la Commissione con il rientro del debito che appare “credibile” e “sostenibile”, in linea con i paletti del nuovo piano di stabilità e soddisfa i requisiti per giustificare un’estensione a sette anni. “Un giudizio atteso, frutto di una politica economica e di scelte improntate sulla serietà. Procederemo, come fatto finora, silenziosamente e sobriamente”, il commento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Spread giù, parola di Jefferies
A constatare il miglioramento dei fondamentali economici e fiscali del Belpaese in questi mesi sono stati in tanti. Le agenzie di rating, in passato sempre molto dure con Roma, hanno corretto il tiro. Fitch ha rivisto a positive le prospettive dell’Italia e ha confermato il suo rating a BBB; anche DBRS ha rivisto le prospettive dell’Italia da stabili a positive.
Lo spread tra Btp e Bund nelle ultime settimane si è spinto a minimi in area 120 punti base, livelli più che dimezzati rispetto a quelli di 2 anni fa quanto il governo Meloni si insediò (il differenziale era salito dopo la caduta del governo Draghi sui timori di politiche fiscali meno rigorose da parte del nuovo governo di centro-destra).
Gli analisti di Jefferies ieri hanno posto l’accento proprio si passi in avanti fatti dall’Italia e vedono il livello dello spread continuare a ridursi sotto la soglia dei 120 pb. “Siamo stati positivi sui titoli obbligazionari e azionari italiani per gran parte di quest’anno e prevediamo una continuazione della visione positiva fino al 2025”, afferma la casa d’affari statunitense che vede inoltre un impatto limitato dei dazi di Trump sull’Italia, poiché l’economia è più guidata dai servizi e dal turismo.
“Con un governo stabile che spunta tutte le caselle giuste sui deficit, una prospettiva di crescita positiva e la nostra visione più ampia e ottimistica sugli asset rischiosi, vediamo i titoli obbligazionari italiani continuare a performare”, aggiunge Jefferies che quindi si aspetta che i Btp possano sovraperformare altri paesi europei come la Francia, dove gli inventori si preoccuperebbero dei deficit fiscali e dei rischi politici.
Economia e debito non fanno più paura
L’Italia è una delle economie dell’Eurozona con i migliori risultati negli ultimi anni. Il Pil reale è superiore del 5,5% ai livelli precedenti la pandemia, rispetto al 4,6% dell’aggregato dell’Eurozona. L’inflazione italiana è all’1,2%, con l’inflazione di base al 2,2% molto più bassa rispetto ai prezzi in altri paesi europei.
Sul fronte debito pubblico, risulta sceso al 134,8% a fine 2023, ossia quasi 20 punti in meno rispetto al picco toccato nel 2020. Jefferies si mostra ottimista anche in prospettiva futura, con la crescita prevista in tenuta anche quest’anno citando come punti di forza “la stabilità politica” rispetto alla frammentazione crescente in molti paesi europei, tra cui Francia e Germania. “La stabilità politica in Italia è migliorata da quando il governo del Primo Ministro Georgia Meloni è salito al potere nel 2022, rendendo il paese sempre più attraente per gli investitori stranieri”, spiegano gli esperti. Altri punti di forza sono i fondi Ue ancora da utilizzare e gli effetti ritardati degli investimenti fissi.