La Cina corre meno, ma agli investitori piace di più. Dentro il Dragone con gli ETF
La Cina apre sempre più le porte del proprio mercato dei capitali. Il progetto di fusione fra le Borse di Shanghai e Hong Kong, preannunciato la scorsa primavera dal premier cinese Li Keqiang e ufficialmente partito il 17 novembre sotto il nome di Shanghai-Hong Kong Stock Connect, potrebbe essere seguito quest’anno da un analogo provvedimento che estenderà l’accordo anche a Shenzhen, rendendo ancora più agevole l’accesso al mercato azionario cinese.
In attesa dello storico sorpasso ai danni degli Stati Uniti come prima economia mondiale, Pechino sta quindi aprendo sempre più le proprie porte agli investitori esteri. Il mercato dei capitali cinese evidenzia ancora con ampi margini di sviluppo risultando sotto-rappresentato a livello globale nonostante sia già nel podio dei mercati più liquidi al mondo.
Crescita Pil ai minimi dal 1990 spinge la Pboc ad agire
La Cina non si mostra più ossessionata dalla necessità di mantenere ritmi di crescita record e sta portando avanti la transazione verso un modello di sviluppo meno orientato sull’export e più basato sul sostegno dei consumi interni. Il 2014 si è chiuso con il tasso di crescita del 7,4%, il più basso dal 1990. L’economia dell’ex Celeste Impero mostra comunque segnali di salute con produzione industriale e vendite al dettaglio incoraggianti e la Borsa cinese che nell’ultimo semestre ha cavalcato le attese di un’impostazione sempre più espansiva della People’s Bank of China (Pboc), oltre all’effetto dell’annuncio dell’avvio dell’iter di integrazione tra le Borse di Shanghai e Hong Kong. Ultima mossa in ordine di tempo è stato il taglio del coefficiente di riserva obbligatoria (RRR) per le banche commerciali dal 20% al 19,5%. Una mossa attesa dai mercati poiché nell’ultimo decennio la politica dei tassi e il coefficiente di riserva obbligatoria si sono mossi quasi sempre parallelamente. “Il taglio dell’RRR fa sì che le banche commerciali abbiano ora più possibilità di concedere prestiti a imprese e famiglie”, rimarca Hans Bevers, Senior Economist di Petercam, che vede comunque un impatto sui prestiti da tale misura decisa da Pechino. “Questo non vuol dire che sia irrilevante – aggiunge Bevers – Anzi, è sicuramente importante, nel senso che suggerisce che la politica monetaria rimarrà in modalità di allentamento per tutto il 2015 e forse oltre”.
Anche quest’anno il Pil cinese potrebbe segnare un nuovo rallentamento con il target ufficiale sceso al 7% dal 7,5% degli anni scorsi. E pertanto le attese sono di ulteriori tagli dei tassi e del coefficiente di riserva obbligatoria.
Marcia in più delle A Shares
Dopo il forte rally della seconda metà del 2014, lo Shanghai composite ha iniziato l’anno prendendosi una pausa di riflessione con un saldo 2015 attualmente lievemente negativo dell’1,5% circa. A un anno il bilancio è decisamente positivo con un balzo del 55% (+30% nei soli ultimi due mesi del 2014). Rally che nel 2014 è stato accompagnato da un balzo del volumi scambiati (+59%) e le azioni A Shares che hanno decisamente sovraperformato rispetto alle H Shares. Le azioni di classe “A” cinesi sono quotate sulle Borse di Shanghai e Shenzhen in Renminbi e rappresentano il segmento di azioni cinesi più ampio. Attualmente sono circa 2.500 le azioni di tipo “A” e soltanto un centinaio quelle di tipo “B” quotate in dollari Usa (Shanghai) o dollari di Hong Kong (Shenzhen) e 178 azioni di tipo “H”, quotate sulla Borsa di Hong Kong. Solo gli investitori stranieri designati dall’Authority Cinese come Qualified Foreign Institutional Investors (QFII) o Renminbi Qualified Foreign Institutional Investors (RQFII) possono investire in azioni “A”.
Cosa aspettarsi per il resto dell’anno? Secondo David Zhang Qiang, Cio & Deputy Ceo di E Fund Management HK, l’azionario cinese offrirà anche quest’anno ritorni a doppia cifra anche se la volatilità potrebbe aumentare. “Il calo dei prezzi delle commodity genera grandi benefici per l’economia cinese – ha rimarcato Zhang Qiang nel corso di un convegno organizzata da ETF Securities a Milano – e l’integrazione tra le varie Borse cinesi dovrebbe portare ulteriori flussi verso le azioni classe A”.
Tra i possibili catalyst che anche la probabile inclusione delle A Shares nell’MSCI Emerging markets Index. Completa inclusione che porterebbe le azioni classe A a contare per ben il 13% dell’indice guida dei mercati emergenti (la Cina vale già il 20,17% dell’indice Msci EM, ndr) che equivarrebbe a circa 182 mld di dollari di nuovi flussi per prendere esposizione verso le A Shares, pari a circa il 5% della capitalizzazione totale delle azioni A. L’annuncio sulla variazione della composizione degli indici è effettuato da Msci una volta l’anno a giugno, con effettivo ingresso il maggio dell’anno dopo. Effetto inclusione che in passato ha portato a forti rally, in ultimo quello che ha riguardato nel 2013 Qatar ed Emirati Arabi Uniti, che nell’anno tra annuncio ed effettiva inclusione nell’MSCi EM sono saliti rispettivamente del 54% e 99%. “Se sia Shanghai e Shenzhen saranno collegate con la Borsa di Hong Kong – sottolinea Mandy Chiu, direttore product strategy di Etf Securities – aumenta anche la probabilità che MSCI decida di includere le A Shares nei suoi benchmark azionari”.
Nel cuore della Cina con gli ETF
Gli ETF nell’ultimo anno sono stati un ottimo strumento per prendere posizione sulle azioni classe A attraverso la replica fisica di indici composti da A-Shares cinesi. I primi sono stati circa un anno fa il Csop Source Ftse China A50 Ucits ETF e il db x-trackers Harvest CSI300 Index UCITS ETF (DR), seguiti poi dall’ETFS-E Fund MSCI China A GO UCITS ETF che replica l’indice Msci China A composto da quasi 500 titoli rispetto ai 300 del CSI 300 e i soli 50 del Ftse China A50. A livello settoriale il comparto finanziario pesa meno del 40% nell’MSCI China A Shares, decisamente meno rispetto al peso che ha negli altri indici; aumenta così il peso di altri settori, in particolare industriali, tecnologici e beni di consumo discrezionali. Da ricordare che gli ETF sulle azioni A sono esposte al rischio cambio con l’ETF quotato in euro, l’indice sottostante in dollari Usa e le azioni dell’indice in Renminbi. Gli investitori beneficiano quindi di un eventuale apprezzamento del renminbi nei confronti dell’euro.