Notizie Notizie Mondo Jakobsen (SaxoBank): massima incertezza, il sistema economico globale è a un bivio

Jakobsen (SaxoBank): massima incertezza, il sistema economico globale è a un bivio

6 Luglio 2011 17:16

La crisi attuale è l’atto finale di un paradigma che volge al termine. I Maya e la profezia sul 21 dicembre 2012 non c’entrano nulla forse ma a leggere tra le parole di Steen Jakobsen, capo-economista di Saxo Bank, il tratto comune potrebbe essere quello della discontinuità tra quanto visto finora e quanto vedremo poi. Un momento di passaggio e di scelta, come un bivio su una strada, che è stato ribattezzato dagli analisti della banca danese “massima incertezza”.


“Non ho mai visto prima d’ora una situazione così complessa e incerta come quella attuale” dice Jakobsen presentando l’Outlook trimestrale di SaxoBank a Brown Editore. “L’unica certezza per i prossimi sei mesi – prosegue l’economista – sarà la volatilità. Incertezza e movimenti erratici saranno la norma piuttosto che l’eccezione”. Un ambiente poco ospitale ma che obbligherà a scegliere che strada prendere, cosa che finora non è stata fatta. “Quel che si è fatto finora per affrontare i problemi che sono emersi è stato di rimandarli. Sì è scelto di non scegliere, soprattutto in Europa dove la situazione è più complicata”.


Rimandare i problemi non è una soluzione


Una critica che mette nel mirino l’establishment politico del Vecchio continente e ripropone l’annoso problema di quanto veramente sia unita l’Europa. “Sono molto preoccupato per la situazione di Italia e Spagna. In entrambi i paesi tarda a manifestarsi una determinata volontà politica di affrontare la situazione. Ne è chiaro esempio la manovra presentata dal governo italiano che sposta la parte più corposa degli interventi di correzione dei conti al 2013-2014 quando non si sa chi ci sarà a governare il Paese. La preoccupazione è di essere rieletti e non di trovare una soluzione”. La situazione di stallo politico è la stessa che ha messo nei guai Grecia e Portogallo, il cui debito sovrano è stato tagliato al livello “junk” dagli analisti di Moody’s. “Una decisione che è una conseguenza naturale della situazione che ho descritto – commenta Jakobsen – e rappresenta una dura realtà per il resto d’Europa. L’attenzione negli ultimi mesi si è concentrata sulla Grecia, mentre nel frattempo lo scenario peggiorava in tutto il Vecchio continente e non migliorerà nei prossimi sei mesi. Ci attendiamo una crescita più debole nella seconda metà dell’anno e un aumento delle difficoltà di accesso ai mercati dei capitali per rifinanziarsi. I tassi di interesse cresceranno, gli spread si faranno più ampi e diventerà più costoso raccogliere capitali per Spagna, Irlanda e Italia”.


Il Belpaese non è quindi lontano quanto potrebbe sembrare dai gorghi della crisi del debito: “L’Italia ha finora avuto il beneficio del dubbio, ma non potrà averlo per sempre e nella seconda parte dell’anno probabilmente questo beneficio sparirà. I mercati vogliono qualche cosa di concreto, ma più di calciare i sassolini al lato della strada non si è visto”. Tuttavia il problema più grosso non è questo, il problema è che “non c’è una soluzione, non c’è per la Grecia, non c’è per il Portogallo, non c’è per l’Italia”. C’è solo un bivio, come recita l’Outlook trimestrale di Saxo Bank, tra una nuova tranche di interventi politici per salvare il mondo o intraprendere la strada della ristrutturazione delle economie troppo sbilanciate. Non solo quelle europee ma anche gli Stati Uniti e l’Asia. Sui primi grava il problema dell’elevato debito, come per l’Europa, sulla seconda la paura dell’inflazione. “Differenti punti di partenza per tutti questi paesi e un punto in comune, l’aumento delle tensioni sociali e la crescita del divario tra poveri e ricchi”.


La locomotiva Cina farà mancare il suo traino


La locomotiva mondiale degli ultimi anni, la Cina, ha deciso di intervenire con vigore sull’inflazione per disinnescare la bolla del mercato immobiliare e per cercare di abbassare la tensione. “La nostra previsione è che la frenata cinese si farà sentire. Si passerà da una crescita in doppia cifra a un Pil in un range tra il 6% e l’8%. Considerando che il gigante asiatico ha rappresentato il 50% della crescita globale negli ultimi anni, un rallentamento della crescita cinese significherà una domanda minore a livello mondiale”. E a risentirne saranno naturalmente quelle economie che hanno più beneficiato del passo sostenuto della Cina. In primis la Germania, che ha rappresentato fino ad oggi l’eccezione di un Europa dove la crescita debole è la regola, ma anche l’Australia o gli altri paesi emergenti dell’Estremo Oriente.


La Germania è stata brava a muoversi sui mercati, ha incrementato la sua competitività, ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nelle economie di nuova industrializzazione e tuttavia, puntualizza il capo-economista di SaxoBank “ha largamente beneficiato dell’introduzione della moneta unica mentre le altre economie europee hanno perso la leva della svalutazione monetaria”. E quindi un euro a due velocità potrebbe essere una soluzione per tenere in piedi e rilanciare l’Europa? “La risposta è sì. E nei fatti già oggi ci troviamo in una zona euro divisa in due. Da una parte le potenze settentrionali e dall’altra le fragili economie periferiche. Un euro a due velocità, da una parte i paesi core e dall’altra quelli che si impegnano per essere promossi nella massima serie. Ma chi accetterebbe di essere relegato in serie B? Non è una soluzione percorribile in termini politici”. Come non lo è, per ora, quella di immaginare un’Europa unita non solo monetariamente ma anche sotto l’aspetto delle politiche fiscali ed economiche. “Solo una crisi molto profonda potrebbe forzare i governanti a sedersi attorno a un tavolo e rinunciare a parte della sovranità nazionale per costruire un’Europa unita che non sia, come è ora, solo un’Europa dei diritti acquisiti”. 


Tre scenari e il solito rifugio, l’oro


La “crisi 2.0” ovvero il secondo atto dell’opera drammatica che l’economia mondiale sta attraversando da tre anni, è uno dei tre scenari proposti dall’Outlook di SaxoBank, con una probabilità di verificarsi del 30%, in aumento rispetto alla precedente edizione. “Le determinanti di tale situazione – recita il documento – sarebbero la prosecuzione della situazione di stallo che sta vivendo l’Europa e la crescita dell’inflazione in Asia. Una condizione nella quale potrebbe determinarsi una veloce e profonda discesa nei mercati azionari, un picco della disoccupazione e dei tassi di interesse in grado di creare quel senso di urgenza che potrebbe facilitare i necessari cambiamenti politici e strutturali. Solo in tempi di profonda difficoltà l’umanità diventa estremamente razionale e costruttiva”. Scende al 45%, ma resta il più probabile, il primo degli scenari proposti da SaxoBank: “E’ lo scenario che abbiamo vissuto finora, quello di rimandare i problemi continuando con la politica dei QE”. Infine il terzo scenario, con una probabilità del 15%: “Stagflazione, elevati prezzi dell’energia e tassi di interesse in crescita. E’ uno scenario da anni ’70, con il