Italia verso modello Corea per sconfiggere Covid-19: dai tamponi drive-thru alle App. Ecco come funziona
La Corea del Sud è stata fino a qualche qualche settimana fa il maggior focolaio di coronavirus dopo la Cina. Dopo la curva dei contagi si è fermata repentinamente dando ragione al modello fatto di controlli a tappeto e Big Data messo in atto da Seoul. Adesso i contagi nel paese asiatico crescono a ritmo decisamente modico: secondo i dati forniti dal Korea Centers for Disease Control and Prevention (Kcdc), i nuovo contagi sono stati 147 venerdì, per un totale di 8.799, i nuovi morti solo 8 per un totale dall’inizio della crisi Covid-19 di ‘soli’ 102 decessi.
Nulla a confronto dei dati italiani degli ultimi giorni: ieri la Protezione Civile ha indicato un totale di 37.860 malati di coronavirus. Spicca l’impennata di 5.986 nuovi casi in un solo giorno, nuovo record rispetto ai +5.322 di giovedì. Nuovi massimi anche a livello di decessi: 627 in più per un totale di 4.032.
L’Italia inizia a prendere in considerazione l’adozione del modello Corea del Sud e Walter Ricciardi, consulente scientifico del ministro della Salute Roberto Speranza, non nega di seguire attentamente le mosse messe in atto da Seoul: “Dobbiamo seguire la strategia adottata da Seul. D’accordo con il ministro, sto proponendo che la si adotti anche in Italia, abbiamo già attivato un gruppo di studio per definire i dettagli”.
Tamponi a go-go e il sistema drive-thru
Il primo tassello della strada coreana alla lotta a Covid-19 è quella dell’elevatissima mole di tamponi. Sono arrivati a un totale di circa 300 mila grazie anche all’utilizzo della tecnica del cosiddetto ‘drive-thru’, ossia cliniche e strutture in grado di effettuare i test direttamente nella macchina delle persone, allestiti per esempio nei parcheggi degli ospedali.
Tecnica usata anche in Australia, in alcune città Usa (vedi sotto il video della città di Cleveland) e che ha iniziato a sperimentarla anche l’Usl di Bologna a San Lazzaro, comune nei pressi del capoluogo emiliano. Il drive-thru ha il vantaggio di effettuare il test in maniera sicura e veloce: un tampone ogni 5 minuti, 12 l’ora, su un totale di 50 persone per ora, identificate per mezzo della targa. IL responso arriverà online entro due giorni.
La stessa Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha sollecitato nei giorni scorsi di fare più test.
In coda per il drive-thru a Cleveland (Ohio)
Tecnologia ‘senza limiti’ per isolare il virus
Il secondo punto di forza del modello coreano è poi quello del’utilizzo dei Big Data per ‘accerchiare’ e ‘isolare’ il virus. La strategia è quella di tracciare i contagiati con sintomi anche lievi e tutte le persone entrate in contatto con loro. Come? Un comma della legge sulla prevenzione e il controllo delle malattie infettive della Corea del Sud (IDCPA), che era stato modificato dopo l’emergenza dell’epidemia MERS, consente al ministero della Salute di tracciare gli spostamenti dei contagiati e dei cittadini potenzialmente a rischio utilizzando tutte le informazioni ricavabili attraverso la tecnologia (transazioni con carte di credito, telecamere di sorveglianza, gps dello smartphone e spostamenti registrati con abbonamenti al trasporto pubblico). Il Wall Street Journal rimarca come in Corea agli inizi dell’epidemia, chi arrivava dalla Cina doveva fornire il proprio numero di cellulare e compilare giornalmente una App riferendo il proprio stato di salute.
Per aiutare i cittadini ci sono poi le numerose App anti-virus d’ausilio a tutta la cittadinanza per stare alla larga dalle zone potenzialmente contaminate dai contagiati, in pratica delle versioni anti-virus di Google Maps che indicano dove è più rischioso andare entrando nei minimi dettagli.
Pro e contro guardando i numeri
Un’intrusione a gamba tesa sulla privacy di molti cittadini, che però ha contribuito fortemente a ridurre la velocità del contagio di Covid-19 nel paese asiatico.
Come scrive oggi il quotidiano Repubblica in un pezzo sul ‘modello Corea del Sud’: paradossalmente la sospensione del diritto alla riservatezza per alcuni potrebbe significare il ritorno alla “libertà” per la maggior parte della popolazione.
“Non è il momento di fisime sulla privacy – ha detto il 13 marzo Roberto Burioni, Professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – c’è la vita dei cittadini in gioco. Usiamo al meglio la tecnologia che abbiamo per tracciare gli infettati e impedire i contagi. Subito”.
E’ utile ricordare che il totale dei contagi accertati in italia, poco più di 47mila (compresi morti e guariti), è una percentuale infinitesimale della popolazione, esattamente lo 0,078% degli oltre 60 milioni di abitanti in Italia. Pertanto in gioco c’è l’invasione momentanea della privacy di una piccola percentuale di popolazione al fine di preservare la salute dell’intera collettività.
“Individuando precocemente tutti i contagiati e i loro contatti, potremmo garantire a quelli che non hanno problemi di circolare liberamente”, asserisce Ricciardi. Infatti il modello Corea del Sud ha la particolarità di non aver ‘chiuso’ le sue città per epidemia come invece prevedono i lockdown fatti in Italia e negli altri maggiori paesi sotto la morsa del Covid-19.