Notizie Notizie Italia Italia: reazione eccessiva mercati? Hedge fund scommettono su banche, BTP attraenti per gestori

Italia: reazione eccessiva mercati? Hedge fund scommettono su banche, BTP attraenti per gestori

17 Maggio 2018 11:42

Banche e BTP martoriati dai sell, fuga dall’Italia. Ma si sta scappando davvero dagli asset italiani? L’incubo della vigilia, che ha visto lo spread balzare di 20 punti base e Piazza Affari capitolare sotto il peso degli smobilizzi, oggi non si ripete. La tensione è certo palpabile, in attesa delle novità su un esecutivo M5S-Lega. Oggi arriva una nuova bozza sul contratto di governo,  da cui è sparita la frase secondo cui dall’euro si dovrebbe poter uscire. Lo spread BTP-Bund è ancora in tensione, dopo un timido ritracciamento, ma il panico non c’è.

D’altronde, molti fondi rimangono posizionati sull’Italia, e non solo sui BTP. La comunità degli hedge fund, per esempio, sta guardando con crescente interesse a diversi titoli di banche di media dimensione.  Reuters riporta l’esempio di Credito Valtellinese, che è stata capace di attirare diversi fondi americani e britannici attraverso un aumento di capitale pari a otto volte il suo valore di mercato. Tanto che oggi la banca conta tra i suoi principali azionisti il fondo Algebris di Davide Setta, un hedge fund gestito da Eurizon Capital e, anche, Toscafund Asset Management.

Creval non è certo una eccezione. Anche la possibilità di un governo M5S-Lega non ha frenato la voglia di shopping dei fondi speculativi a Piazza Affari: anche perchè la scommessa è doppia. Da un lato si continua a ritenere che le banche italiane continueranno a scaricare la mole – ancora importante, pari a 285 miliardi di euro – dei crediti deteriorati. Dall’altro lato la scommessa è determinata puramente da ragioni di convenienza: diversi titoli di banche italiane sono ancora a sconto.

Lo conferma Giuseppe Di Mino, di Amber Capital, citando proprio il caso di Credito Valtellinese. “E’ l’ultimo settore finanziario europeo molto conveniente”, dice Di Mino, “e in più c’è una roadmap per una ripresa nei prossimi due anni”. Intervistato anche lui da Reuters, Nigel Gliksten, socio di Toscafund, fa notare inoltre che l’Italia è più attraente della Grecia, per esempio – sulle cui banche comunque diversi hedge fund stanno puntando – in quanto destinata a trarre maggiore beneficio sia dal miglioramento dei fondamentali che dalla prospettiva di un rialzo dei tassi, da parte della Bce, nel 2019.

La fiducia viene confermata dall’altro fondo che ha deciso di puntare su Credito Valtellinese, ovvero da Eurizon Capital:

“Questo settore ci piace per la sua esposizione alla ripresa economica e per l’esposizione ai tassi di interesse”, ha spiegato Francesco De Astis, responsabile della divisione sull’azionario di Eurizon. Ma ai fondi non piacciono solo le azioni. Anche le obbligazioni emesse dalle banche italiane non dispiacciono, anzi.

Louis Gargour, responsabile della divisione degli investimenti di LNG Capital consiglia sì di prendere le distanze dai bond subordinati o “junior”, che sono i primi a essere svalutati in caso di default, ristrutturazione dei debiti, o bail-in. Ma i bond senior delle banche, a suo avviso, sono attraenti.

E a qualcuno piacciono anche i bond junior italiani se si considera che, quando Mps ha piazzato lo scorso gennaio bond junior a cinque anni per un valore di 750 milioni di euro, quasi un terzo degli acquisti è arrivato dagli hedge fund. Altri fondi hanno preso il 52%, mentre la parte rimanente dell’emissione è stata divisa tra banche, compagnie di assicurazione e altri investitori.

Un altro articolo di Reuters conferma poi come – al di là dei crolli della vigilia – i BTP rimangano ben comprati, a dispetto di chi paventa un loro imminente collasso. I gestori intervistati danno una spiegazione a quello che è diventato un caso, soprattutto per le divisioni di ricerca di banche come Goldman Sachs, che fino all’altro giorno ammettevano di non capacitarsi degli acquisti sui bond italiani. Per l’esattezza, i motivi della resistenza dei BTP sono per i gestori cinque.

  1.  Lo scudo BTP, ovvero gli acquisti di bond italiani da parte della Bce che vanno tuttora avanti. A tal proposito, viene messo in evidenza come l’ammontare di debito italiano detenuto dalla banca centrale in base alla regola del capital key – secondo cui la Bce acquista titoli di stati in base alla dimensione dell’economia – è tra i più alti dell’Eurozona.
  2. Tassi appetibili. I BTP presentano rendimenti tra i più alti tra i bond europei che hanno un rating investment-grade, pari al 2% nella scadenza a 10 anni. I bond portoghesi e spagnoli, invece, rendono rispettivamente l’1,73% e l’1,35%. Il fatto che i tassi italiani siano relativamente alti in un contesto generale di bassa volatilità sui mercati finanziari rende i bond più attraenti, agli occhi di di diversi investitori.  A tal proposito UBS ha reso noto che l’indice VIX è sceso negli ultimi giorni al di sotto della media mobile in quattro mesi per la prima volta dallo scorso gennaio, e che i parametri che misurano la volatilità dei bond e del forex rimangono vicini ai minimi storici che sono stati testati alla fine del 2017.
  3.  I BTP sono presenti non solo – ampiamente- nel portafoglio della Bce, ma anche in quello dei risparmiatori domestici, che detengono il 69% circa del debito italiano in circolazione. Si tratta di una percentuale che, fa notare Nomura, è ben più alta di quella che caratterizza altri paesi come Spagna e Germania, in cui gli investitori domestici detengono quote rispettivamente del 59% e del 47%.
  4. In Media, la maturity del debito italiano è superiore a sette anni, rispetto alla maturity residua attorno ai sei anni del debito tedesco e attorno a 5 anni e mezzo dei Treasuries Usa. Ciò significa, in un contesto in cui i tassi dei bond stanno salendo, che è necessario molto più tempo affinché i movimenti dei mercati condizionino il costo complessivo che l’Italia deve sostenere per rifinanziare il suo debito. A tal proposito, qualche mese fa Bloomberg ha riportato le parole di Peter Praet, membro del Consiglio direttivo della Bce, che aveva dato rassicurazioni proprio sui bond italiani, a dispetto del rischio politico. In un discorso proferito lo scorso 9 febbraio a Francoforte, dunque prima delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo, Praet aveva parlato di una “analisi stilata sulla sostenibilità del debito, che aveva incluso lo scenario di uno shock in Italia.  Da tale studio erano emerse cifre che dimostravano che il debito italiano era relativamente sostenibile, relativamente resiliente, in quanto la duration è piuttosto lunga“. Praet aveva di conseguenza concluso che la sensibilità a uno shock dei tassi di interesse, in realtà, non fosse poi così alta in Italia”.   I dati parlano chiaro: la maturity media del debito italiano in circolazione è salita da un arco temporale inferiore a 4 anni nel periodo compreso tra il 1990 e il 1998, appena poco prima dell’introduzione dell’euro, a 6,9 anni nel 2017.
  5. Calo del rischio di break-up. Reuters fa notare che il rischio di una rottura dell’euro, che raggiunse il picco durante la crisi dei debiti sovrani del 2011-2012, è scesa in modo notevole, e che i cds sul debito italiano, anche se in rialzo ai livelli di fine marzo, rimangono ben contenuti rispetto a quegli anni in cui in discussione era la stessa sopravvivenza dell’euro.

Di conseguenza, la prospettiva di un esecutivo M5S-Lega, che ha provocato un forte scossone nella giornata di ieri a causa delle rivelazioni sul contenuto del contratto di governo M5S-Lega, non necessariamente implica una fuga dagli asset italiani.

A fugare il dubbio è, tra gli analisti intervistati da Reuters, anche Paul O’Connor, responsabile della divisione multi-asset investing di Janus Henderson, i cui fondi gestiscono 5 miliardi di sterline.

“Se siamo preoccupati che i mercati finanziari si disperino per una Italia che passa da un governo non convincente a un altro? La risposta è breve: no”.