Investire nella transizione energetica: il vademecum
Non solo inflazione. Il 2022 che sta per concludersi ha visto anche, tra in temi in pole position, quello della transizione energetica, in un momento in cui l’Europa è riuscita a ridurre di molto la propria dipendenza dalla Russia.
L’approviggionamento di fonti di energia non russe, nel bel mezzo della guerra in Ucraina, è diventato per il continente una priorità economica e di sicurezza.
Da segnalare il recente accordo raggiunto tra i paesi dell’Unione europea sul price cap del gas.
Questa esigenza è andata a braccetto con quella di puntare sempre più su forme di energia pulita, per fronteggiare anche le preoccupazioni sul cambiamento climatico in atto .
Morgane Delledonne, Head of Investment Strategy Europa di Global X commenta quanto sta avvenendo, prevedendo in una nota che “i temi della transizione energetica continueranno probabilmente a suscitare l’interesse degli investitori, con l’Europa che cerca di raggiungere l’indipendenza energetica”.
Tre aspetti da considerare per chi investe
Tre gli aspetti importanti da considerare per chi voglia investire nella transizione energetica.
“In primo luogo, è fondamentale valutare di esporsi lungo tutta la catena del valore. Questa comprende quelli che noi chiamiamo ‘disruptive materials’ (come rame, litio, zinco) e determinate materie prime come uranio e argento. Include inoltre tecnologie come pannelli solari, smart grid e batterie al litio, oltre ovviamente ai produttori di energia rinnovabile, ossia tutti quegli elementi necessari per produrre, distribuire e stoccare energia green”.
“In secondo luogo – fa notare ancora Morgane Delledonne, Head of Investment Strategy Europa di Global X – gli orizzonti di investimento per le tecnologie della decarbonizzazione sono molto diversi. Il solare e l’eolico sono attualmente i mercati cleantech più maturi, con costi di produzione minimi, rapida diffusione e flessibilità nelle installazioni. L’energia nucleare ha il potenziale per crescere rapidamente nel medio termine, grazie allo sviluppo dei reattori modulari, più flessibili e veloci da installare rispetto a quelli tradizionali. L’idrogeno invece è ancora in una fase embrionale e ha un profilo di investimento più lungo”.
“Infine, è importante sottolineare come gli investimenti in queste fonti energetiche alternative possono essere complementari. Il solare e l’eolico sono fonti intermittenti, difficili da stoccare e che operano soprattutto a livello locale”
“Il nucleare e l’idrogeno invece possono sostituire il petrolio nel lungo periodo, data l’immensa capacità di generare energia del nucleare e l’adattabilità delle celle a combustibile dell’idrogeno, che potrebbe aiutare a decarbonizzare settori come i trasporti, l’edilizia e la produzione”.