Investimenti green: boom prezzi materie prime e tensioni geopolitiche rendono transizione energetica ancora più urgente
L’inizio dell’anno si conferma complicato per i mercati finanziari: l’indice azionario globale ha perso circa il 9% da inizio 2022. Oltre ai timori relativi a rialzi eccessivi dei costi dell’energia, dell’inflazione e dei tassi, pesano le forti tensioni geopolitiche, che contribuiscono a creare un clima di forte incertezza potenzialmente in grado di frenare la ripresa economica. Ad analizzare il momento è un report di UBS.
L’escalation militare in Ucraina riduce la visibilità sull’andamento economico globale dei prossimi mesi, anche se i precedenti suggeriscono che normalmente gli eventi geopolitici hanno un impatto limitato nel tempo. Fino ad ora, per quanto possibile, i governi hanno cercato di contenere l’impatto dei maggiori costi energetici per famiglie e imprese. Anche alcune iniziative per aumentare e diversificare l’accesso agli idrocarburi vanno proprio in questa direzione, ma a lungo termine le energie rinnovabili e l’efficienza energetica rappresentano l’unica risposta di tipo strutturale – anche per diminuire la dipendenza dall’estero e la vulnerabilità nei confronti di eventi geopolitici.
La forte correzione dei titoli azionari collegati a tecnologie verdi, energie rinnovabili ed efficienza energetica potrebbe offrire nuove opportunità d’ingresso in un trend che, con tutta la probabilità, caratterizzerà questo decennio. Infatti, il mercato energetico globale è in forte tensione per via del notevole aumento della domanda che non trova corrispondenza in un incremento dell’offerta; quest’ultima risente di diversi anni di investimenti insufficienti, in particolare durante la prima parte della pandemia. D’altra parte, molte società petrolifere sono restie a lanciarsi in grandi progetti per l’estrazione di idrocarburi per via dello stigma che potrebbe scaturirne, anche sui mercati finanziari.
Gli sforzi a livello globale per contenere i cambiamenti climatici sono notevoli, con Paesi che rappresentano oltre il 70% del PIL globale che si sono dati un obiettivo di lungo termine di azzerare le emissioni nette di CO2, facendo ampio ricorso a investimenti pubblici e incentivi fiscali.
Va in questa direzione anche la quotazione dei diritti di emissione di CO2, i cosiddetti carbon credits. Questi certificati vengono assegnati e possono essere scambiati, attribuendo un valore economico alle emissioni di CO2. Le centrali elettriche che usano fonti fossili, le produzioni che emettono maggiori quantità di CO2 e le compagnie aeree devono acquistarli per poter operare e si crea così un incentivo a ridurre le emissioni.
In questo contesto, è ancora più urgente ridurre il consumo di energia nelle abitazioni e negli altri edifici ed elettrificare i trasporti e l’industria. Gli avanzamenti tecnologici possono rendere questa transizione economicamente fattibile, i cambiamenti normativi spingono in quella direzione, mentre gli investimenti pubblici – come i fondi europei e il piano statunitense per le infrastrutture – la finanziano, almeno in parte.
Occorre ricordare che l’Agenzia internazionale per l’energia stima che saranno necessari investimenti annuali superiori a 4mila miliardi di dollari per arrivare all’obiettivo di zero emissioni nette di CO2 entro il 2050, di cui quasi un terzo in fonti rinnovabili e un quinto in efficienza energetica. Si tratta di risorse immense che genereranno molte opportunità per le imprese e gli investitori finanziari.
Anche se il settore delle rinnovabili è legato a contratti di lungo termine che potrebbero limitare nell’immediato i benefici derivanti dagli elevati prezzi dell’energia, sarà sempre più centrale e probabilmente più profittevole grazie agli avanzamenti tecnologici che continuano ad abbassare i costi di produzione.
Alcune di queste opportunità sono già visibili, come l’energia pulita, i biocombustibili o i veicoli elettrici; altre sono a medio termine, come l’idrogeno o lo smaltimento delle emissioni di CO2 (carbon capture). Si tratta di temi d’investimento che hanno guidato le performance dei rispettivi settori durante il 2021 ma, essendo caratterizzati da aspettative di crescita elevate e da un forte contenuto tecnologico, sono stati coinvolti nella correzione che ha colpito la tecnologia e gli altri comparti a maggiore crescita.
In media, questi temi d’investimento hanno corretto in borsa di quasi il 20% dallo scorso novembre, nonostante le prospettive di crescita che definiremmo strutturali. In un contesto di grande incertezza per via dell’inflazione e della geopolitica, si tratta di temi coerenti con i desiderata dei principali governi di abbattere le emissioni di CO2, rendersi meno dipendenti dall’estero e, in prospettiva, ridurre i costi energetici. La recente correzione potrebbe quindi rappresentare un’opportunità.