Notizie Dati Macroeconomici Inflazione Usa accelera a dicembre, frenano futures Wall Street

Inflazione Usa accelera a dicembre, frenano futures Wall Street

Pubblicato 11 Gennaio 2024 Aggiornato 29 Gennaio 2024 15:57

L’inflazione Usa di dicembre è risultata superiore alle attese, sia per quanto riguarda l’indice complessivo sia nella componente core dei prezzi al consumo. Reazione negativa dei mercati, mentre non cambiano sensibilmente le aspettative sulle prossime mosse della Fed, in attesa della riunione di fine mese.

Inflazione Usa sopra le attese a dicembre

A dicembre l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un’accelerazione della crescita su base annua, passando dal 3,1% al 3,4%, rispetto al 3,2% atteso dagli analisti.

Il dato core, al netto di energetici e alimentari, è sceso dal 4,0% al 3,9% tendenziale, diminuendo però meno delle previsioni (3,8%).

Su base mensile, l’inflazione headline segna un aumento dello 0,3% (consensus 0,2%, dopo il +0,1% di novembre), mentre la componente core eguaglia le stime con un incremento congiunturale dello 0,3%, in linea con il mese precedente.

Le componenti chiave dell’inflazione Usa

I prezzi degli alloggi, che costituiscono circa un terzo dell’indice CPI complessivo e hanno contribuito a più della metà dell’incremento, sono aumentati dello 0,5% a dicembre, anche a causa di un aumento dei prezzi degli hotel dopo la discesa di novembre. Gli economisti ritengono che una moderazione prolungata in questa categoria sia la chiave per riportare l’inflazione core al livello target della Fed (2%).

Da rilevare anche aumenti nel costo dell’assicurazione auto e dell’assistenza medica, che si confermano componenti vischiose dell’inflazione. In crescita anche i prezzi delle auto di seconda mano, per il secondo mese consecutivo. I prezzi dell’energia sono aumentati, sia per quanto riguarda l’elettricità sia la benzina.

Le implicazioni dei dati per la Fed

Nel complesso il report non dovrebbe spostare eccessivamente l’ago della bilancia in merito alle aspettative sui tassi della Federal Reserve. I dati di oggi coronano un anno in cui l’inflazione si è sostanzialmente attenuata senza arrecare grossi danni al mercato del lavoro, ponendo le basi per la Fed per ridurre i costi di finanziamento quest’anno.

I futures sui Fed Funds continuano a scontare tra i 5 e i 6 tagli da 25 punti base ciascuno nel corso del 2024, con una probabilità di un ritocco già a marzo inferiore al 70%. Un altro eventuale ulteriore aumento mensile dello 0,3% a gennaio potrebbe rimuovere definitivamente dal tavolo questa possibilità, aumentando invece le chance di un taglio a maggio. Le ultime proiezioni economiche dei funzionari mostrano tre mosse attese nel 2024, per un totale di 75 bp, contro i 139 mediamente stimati dal mercato.

La reazione mercati al report sull’inflazione Usa

In seguito alla pubblicazione del report, i futures sugli indici azionari S&P 500 e Nasdaq hanno subito una frenata repentina, e al momento puntano verso un’apertura debole a Wall Street.

Volatilità anche per quanto riguarda i Treasury, con una risalita dei rendimenti dei titoli a 10 anni al 4,05%, oltre i livelli della seduta precedente, dopo il calo di 5 bp registrato in mattinata, mentre il biennale è balzato al 4,38%.

Il dollaro si è rafforzato, spingendo il cambio con l’euro in calo a 1,094. In ribasso anche le valute emergenti nei confronti del biglietto verde.

Nel frattempo, sono stati diffusi anche i dati sulle richieste settimanali di disoccupazione negli Stati Uniti, pari a 202.000 unità contro le 210.000 previste, in un ulteriore segnale di solidità del mercato del lavoro.

Il commento degli analisti sui dati

“Le cifre sull’andamento dei prezzi al consumo hanno evidenziato pressioni inflazionistiche ancora forti”, sottolinea Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.

Tenendo conto anche dei numeri robusti sul mondo del lavoro (NFP di dicembre e richieste settimanali di sussidi di disoccupazione) crediamo che le possibilità che il FOMC, la commissione operativa della Federal Reserve, possa decidere di tagliare i tassi di interesse nei prossimi mesi, siano molto basse. A nostro avviso rimane molto più probabile lo scenario che prevede un taglio del costo del denaro da parte della FED nelle riunioni di maggio/giugno. I mercati finanziari scontano ormai da parecchie settimane una diminuzione dei tassi di interesse già nel meeting del FOMC di marzo.

Per ING, “le prospettive per un ritorno dell’inflazione dei prezzi al consumo al 2% su base annua rimangono buone. Automobili ed edilizia abitativa hanno un peso del 50% all’interno del paniere CPI principale e abbiamo una visibilità abbastanza buona per entrambi i componenti. Gli affitti nel settore privato indicano un chiaro rallentamento della componente immobiliare, mentre la riduzione dei prezzi delle aste di auto a Manheim indica un calo dei prezzi delle auto usate nei prossimi due mesi. Inoltre, il sondaggio NFIB sulle piccole imprese ha mostrato che solo il 25% delle aziende sta aumentando i prezzi in questo momento rispetto al 50% nel quarto trimestre del 2022”.

In conclusione, per quanto “il rapporto di oggi non sia buono come avrebbe potuto essere, ci sono ancora motivi di ottimismo su tassi di inflazione più bassi e prolungati nel 2024. Vediamo ancora buone probabilità che il CPI primario e core si collochino nell’intervallo del 2-2,5% su base annua entro la fine del secondo trimestre.”​