Notizie Notizie Mondo Dazi, Medio Oriente e prospettive future. Il punto sui mercati di Filippo Casagrande (Generali Investments)

Dazi, Medio Oriente e prospettive future. Il punto sui mercati di Filippo Casagrande (Generali Investments)

30 Giugno 2025 15:02

L’incognita dei dazi americani e le tensioni in Medio Oriente spingono i mercati alla cautela. Quello azionario segna nel complesso un lieve calo, così come i tassi di interesse, leggermente più marcato in Europa. Tuttavia, proprio nell’Eurozona la crescita del Pil del primo è stata rivista al rialzo, contrariamente a quanto accade negli Stati Uniti. Filippo Casagrande, responsabile investimenti di Generali Investments, fa il punto sui mercati e sullo scenario economico attuale, ancora tormentato da incertezze e dubbi. 

Cautela e attesa fra gli investitori

I mercati sono in fase attendista a causa delle tensioni in Medio Oriente, che hanno spinto il prezzo del petrolio e influenzato negativamente le borse (-1/2% in Usa ed Europa). Per contro, il settore Energia che ha fatto segnare un progresso di oltre il 5% nei giorni scorsi, mentre l’oro è tornato temporaneamente sopra quota 3400 dollari all’oncia, vicino ai massimi storici visti negli ultimi mesi. Sul fronte mediorientale, a preoccupare gli investitori è anche il rischio di un attacco o un sabotaggio da parte di Teheran alle infrastrutture petrolifere e ai canali marittimi commerciali (vale da dire lo Stretto di Hormuz, snodo fondamentale per il mercato petrolifero globale e quello del gas). “Una escalation in tal senso potrebbe portare il petrolio a livelli molto più elevati di quelli attuali -sottolinea Casagrande – con conseguenze negative per gli attivi rischiosi, azioni in primis”.

L’incertezza legata alla poca prevedibilità delle politiche trumpiane, e delle varie preoccupazioni sulla finanza pubblica statunitense, fanno faticare il dollaro, ora a quota 1,15 contro l’euro. A distanza di qualche mese dal “Liberation day”, il peso del nodo dazi non smette di farsi sentire. L’accordo commerciale con la Cina, sebbene annunciato da Trump, non è ancora stato concluso, in attesa di una posizione ufficiale del presidente Xi Jinping. Le trattative con l’Unione europea restano complesse, e la deadline del 9 luglio (data in cui Washington dovrebbe imporre dazi del 50% su quasi tutti i prodotti dell’Ue) è dietro l’angolo. Anche con altri partner principali, come il Giappone, i negoziati procedono a rilento, mentre le voci di un possibile accordo sui dazi al G7 in Canada si sono rivelate prive di svolte concrete.

Pil in Europa in rialzo, contrazione negli Stati Uniti

La crescita del Pil del primo trimestre nell’Eurozona è stata rivista al rialzo al +0,6% (su base trimestrale) rispetto al precedente +0,3%, trainata principalmente dal miglioramento dell’economia tedesca (+0,4%). Negli Stati Uniti, invece, è stata confermata una lieve contrazione. 

Sulla base di questi dati, osserva Casagrande, le previsioni degli analisti indicano un leggero miglioramento per l’Eurozona, con una crescita attesa per il 2025 salita da +0,8% a +0,9% e stabile a +1,1% per il 2026. Per gli Usa, dopo le revisioni al ribasso nei mesi passati, la crescita 2025 rimane stabile a +1,4%, mentre per il 2026 si prevede un miglioramento da +1,4% a +1,6%, probabilmente grazie a un outlook meno pessimistico sui dazi e a possibili nuovi stimoli fiscali.

Inflazione e incertezza: l’impatto su servizi, petrolio…

Nell’Eurozona, l’inflazione dei servizi è scesa al 3,2%, il minimo da marzo 2022, segnando un calo significativo dopo oltre un anno di stabilità intorno al 4%. Negli Stati Uniti, invece, il rallentamento è più graduale con l’inflazione dei servizi +3,8% su base annua, ma il mercato del lavoro in decelerazione sta riducendo le pressioni salariali, contribuendo a contenere l’inflazione in questo settore.

Per quanto riguarda i dazi, al momento non si registrano impatti significativi sui dati Usa, con un lieve aumento dell’inflazione dei beni core non volatili (dunque più esposti ai dazi) da -0,3% a -0,1% annuo, ma ulteriori incrementi sono probabili nei prossimi mesi. Sul fronte energetico, l’aumento recente del prezzo del petrolio non è ancora riflesso nei dati ufficiali di maggio, ma ci si aspetta un’accelerazione moderata nei prossimi rapporti. Questa incertezza, particolarmente rilevante per la Fed, potrebbe prolungare la fase di attesa sulle decisioni di politica monetaria.

…e sui tassi

La banca centrale americana, contrariamente ai desiderata di Trump, si è mossa diversamente da quella europea. Nella riunione del 5 giugno, Francoforte ha tagliato i tassi di interesse portando quello sui depositi al 2% dal precedente 2,25%: si tratta dell’ottavo taglio negli ultimi 12 mesi, per un totale di 200 punti base di riduzione cumulata. Il board guidato da Jerome Powell invece ha ribadito più volte lo status di incertezza sul quadro dei prezzi e la necessità di attendere elementi più chiari prima di prendere scelte di politica monetaria più espansive.

Sul da farsi, sottolinea Casagrande, il comitato decisionale della Fed è diviso: una lieve maggioranza ipotizza due tagli nel 2025, mentre un gruppo significativo esclude interventi simili quest’anno. Per il 2026, la Fed stima tassi tra il 3,50% e il 3,75%, equivalenti a tre tagli rispetto ai livelli attuali, sebbene la dispersione delle previsioni sia molto alta.