Hillary, Obama e gli altri: chi è il preferito dai mercati

Meglio Hillary Clinton (stanotte vittoriosa in New Hampshire), Barack Obama o un candidato repubblicano per il futuro delle Borse? I primi sono senza dubbio i simboli delle primarie che porteranno alla scelta dei candidati per le prossime elezioni presidenziali Usa di novembre. Entrambi appartengono al partito democratico, considerato leggermente in vantaggio non fosse altro che per la vittoria nelle elezioni di medio termine del 2006. In realtà repubblicani e democratici hanno entrambi buone chance di imporsi. Per la prima volta dal 1952 infatti alle primarie non partecipano né il presidente uscente né il vice presidente.
Ma cosa significherebbe una vittoria democratica per le Borse? I repubblicani, usualmente considerati più propensi a ridurre le tasse, sono considerati più vicini ai mercati finanziari. Tuttavia i dati statistici mostrano qualcosa di diverso: a partire dal 1928 il maggiore entusiasmo dei mercati all’elezione di un candidato repubblicano si è fermato al primo mese, mentre su base statistica sono i democratici a vantare le migliori performance realizzata nell’arco di tutta la presidenza.
Ci sono poi le prime valutazioni provenienti degli analisti. Per Ubs ad esempio l’agenda dei democratici porrebbe rischi al ribasso per l’azionario a causa di un mix di più alte tasse sugli investimenti azionari (su capital gain e dividendi) e più alti costi per le aziende, di riforma sanitaria, e nuova legislazione sul controllo delle emissioni di Co2, di tasse più alte sulle compagnie energetiche e in generale di un più alto tasso d’inflazione (anche in conseguenza della palesata volontà democratica di aumentare i salari minimi). Per gli stessi analisti una vittoria democratica produrrebbe anche una crescita del deficit di budget a causa della crescita della spesa pubblica e della preventivata riforma sanitaria. Ecco dunque gli scenari a livello settoriale: tra i comparti che più dovrebbero essere penalizzati c’è quello farmaceutico (i democratici sono inclini a varare un sistema di controllo dei prezzi dei medicinali) e quello dei beni di consumo, per maggiori tasse e più alti costi dell’energia a causa dei costi legati alle modifiche della legislazione sulle emissioni. Ma ad essere penalizzate sarebbero soprattutto le azioni caratterizzate da un alto dividend yield, che potrebbero essere colpite da un incremento delle tasse sui dividendi.
La strada verso le elezioni è però ancora lunga e le primarie culmineranno solo il 5 febbraio con il cosiddetto Super Tuesday quando 23 Stati saranno chiamati ad esprimersi sui candidati. Nel frattempo, nonostante quest’anno occorrerà considerare le crescenti possibilità di recessione, la statistica dice che gli investitori potrebbero trarne vantaggio. Il fattore elezioni porta infatti il governo in carica a gonfiare la crescita economica, e questo storicamente determina per i mercati azionari a stelle e strisce una performance superiore alla media nel terzo e quarto anno del mandato presidenziale in scadenza, con sovraperformance soprattutto per i settori industriali e per i petroliferi.